Pink Floyd The Wall

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  1. futuregista
     
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    Della serie “Dicono che quando stai per morire, ti passa tutta la vita davanti”.

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    Pink Floyd The Wall. Alan Parker, 1982. Il giovane Pink Floyd si chiude nella propria camera d’albergo: ha una crisi d’identità. È drogato, accende la televisione per scacciare il tempo e trova un film di guerra statunitense degli anni cinquanta: il film, evidentemente un simbolo, un oggetto comune, lascia emergere l’inconscio di Pink, che inizia a ricordare. Ricordando, Pink attraversa tutti gli stadi del suo essere: il padre defunto (ciò che Pink non è mai stato, ma in fondo è nella carne, In The Flesh) un bambino piccolo, un adolescente, un adulto e dunque il risultato di tutte queste trasformazioni: Pink Floyd.

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    Il padre soldato muore sotto i bombardamenti del fuoco nemico. Per paura di perdere il figlio, la madre inizia ad essere iperprotettiva con il piccolo (Mother), evitando di parlargli della morte e di tutto ciò che di male esiste al mondo. In questo microcosmo fatto di piccole cose, della madre che prende il sole nel giardino sotto un cielo azzurro (Goodbye Blue Sky), il giovane Pink inizierà a scoprire l’amore, una ragazza di nome Vera, e ad apprezzare la musica. La madre gli fa temere qualsiasi cosa e muta in incubo tutto quello che lo circonda. È in questo momento che Pink inizia a costruirsi un muro, una personalità, una maschera.

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    Il primo passo per costruire questa maschera avviene con i suoi amici. Dopo avere ritrovato dei proiettili, decide di farli saltare in aria approfittando dell’arrivo di un treno che a contatto con la polvere da sparo lascerà senza alcun dubbio esplodere le cartucce. All’esplosione della pallottola, un lato della coscienza di Pink capisce di avere sbagliato: questo lato della sua coscienza, apparsogli sotto forma di un maestro che detestava, gli fa capire di avere sbagliato e lo soggioga, ma Pink decide di ribellarsi.

    Per questo, un giorno, in classe, Pink inizia a scrivere una canzone scambiata dal maestro per una inutile poesia. Il maestro lo incita a non scrivere più e tornare al lavoro, ma Pink immagina di distruggere la scuola, uccidere il dittatore – maestro e fare ribellare i suoi compagni, ormai tramutati in esseri che indossano una maschera uguale per ognuno: somigliano ai robot e sono fragili come gli animali, tanto che vengono facilmente tritati dalla società ed ingoiati dal governo.

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    Il ricordo non è una prerogativa del Pink che è chiuso nella propria camera d’albergo. Anche il Pink fidanzato ricordava frequentemente la sua infanzia, ricordando un cadavere (il padre) che dormiva al fianco della madre. La madre è centrale in Pink: è la donna che funge da giudice della sua persona (cosa portata alle estreme conseguenze alla fine), tanto che egli chiede alla madre se la sua ragazza le piace o meno o se questa gli spezzerà il cuore. La madre non risponderà mai e la ragazza lo lascerà di lì a poco, facendolo cadere in depressione.

    Durante un concerto, dopo essersi pesantemente drogato, Pink viene portato in albergo da una fan: qui, dopo un momento di disturbante tranquillità, impazzisce, distruggendo tutto quello che lo circonda, convinto ormai di non avere più bisogno di alcun bene materiale, cercando di darsi un tono o di scoprire cosa sta diventando, se è qualcos’altro da sé o è quello che ha sempre negato di essere. La ricerca di sé prosegue sino a quando Pink non decide di cambiare esteriormente, non senza danni fisici: si rade la barba ed il petto, iniziando a sanguinare dai capezzoli (simbolo tra l’altro tutto femminile). Toltosi anche le sopracciglia appare un altro, ma non ha fatto altro che adeguarsi ad una forma che si stava già impossessando di lui, cioè lo “stereotipo” della classica rockstar drogata.

    Comprende a questo punto che c’è uno scontro tra le due personalità che possiede e che questi due lati di sé corrispondono al muro che ha iniziato a costruire quando era un adolescente. Crea una terza personalità, un essere nudo (auto-privatosi dei suoi beni), che inizia a chiedersi se al di là del muro ci sia qualcuno, qualcosa (Is There Anybody Out There?). A questo punto, Pink inizia a riordinare tutto quello che gli appartiene. Ma quest’ordine è inutile, non gli serve, ciò che gli servirebbe è una donna che lo capisca, per questo l’uomo desidera la donna che sognava da piccolo, Vera. Ora Pink è caduto in trance davanti alla televisione, è chiuso ed isolato nella propria camera. Il suo manager ed il suo medico però hanno bisogno di lui perché lo devono portare sul palco a far loro guadagnare soldi (i money della canzone che scriveva da piccolo, quando additava il denaro come cosa negativa). Gli danno delle medicine e lo tirano su di morale. Non appena uscito dalla camera dell’albergo, si rende conto che si è realmente trasformato in quella “cosa” che da bambino detestava, e negava di volere diventare: un essere dal volto amorfo, identico a quei bambini che cercava di salvare a scuola. Entrato nella limousine che lo deve portare al concerto, si trasforma, assumendo i connotati fisici una sorta di proto-Hitler chiamato Hammer.

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    Sul palco, la canzone che intona al pubblico assume il tono di un discorso politico nazista: lui stesso se ne stupisce e, alla fine di essa, si ritrova nei bagni della sala dove esegue il concerto, a piangere sulle parole che ha scritto e sono state mutate in fiammeggianti sentenze di morte. Qui, nel cubicolo del bagno, avviene il metaforico “processo” tra le due metà della propria personalità: una che vuole cambiare e quella che vuole restare ciò che è per compiacere la madre, colei che l’ha aiutato a costruire il “muro” (of course Momma's gonna help build a wall).

    L’accumulo di queste due personalità, più una terza, porta alla distruzione del muro, la cui ricostruzione, mattone per mattone, toccherà a dei bambini casti e puri, il pubblico ingenuo, che desiderano continuare a vedere il cantante che hanno sempre visto.

    D’altronde, tutta questa storia, è solo un altro mattone nel muro.

    Sotto il punto di vista prettamente tecnico, sono presenti notevoli carrellate (su tutte la lenta intrusione nel bagno dove Pink sta piangendo) che erano più che scontate in un film firmato Alan Parker. La sceneggiatura di Roger Waters lavora soprattutto sulle immagini, sempre azzeccate e perfette, anche grazie all’aiuto (ben 15 minuti di filmato totale) dell’artista Gerald Scarfe. È inutile far menzione della colonna sonora per un film riguardo il quale sarebbe meglio parlare di “colonna visiva”, in questo caso perfettamente riuscita. Bob Geldof perfettamente calato nel ruolo, immagini oniriche ed in certe scene particolarmente allusive (si prenda Empty Spaces, tutta costruita su di una scena in cui un fiore dal bocciolo a forma fallica cerca di penetrare un bocciolo dalla forma aperta per poi trasformarsi nel ben più allusivo uccello tecnogotico di Goodbye Blue Sky).

    Vadano a rivederlo tutti quelli che lo definiscono semplicisticamente “un lungo videoclip”.

    Voto: 9

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  2. .Makko.
     
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    futuregista, comlpimenti davvero sentitissimi per la recensione :) Davvero bravo, hai fatto un analisi praticamente perfetta. E mi hai fatto venire voglia di rivederlo :P
    E' proprio un capolavoro, quando lo vidi rimasi shockato da tutto: dalle immagini, dalle musiche, ma forse soprattutto dalla profondità e dall'analisi della psciche umana, davvero capillare e spietata.
    :wub:
     
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  3. futuregista
     
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    Grazie, Makko, spero in numerosi visitatori.. :D
     
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    film che adoro, canzoni che adoro, artisti che possono definirsi artisti.
    Ottima rece ma metti un commentino al dvd...

     
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  5. Bub0
     
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    CITAZIONE (futuregista @ 9/4/2008, 20:04)
    Della serie “Dicono che quando stai per morire, ti passa tutta la vita davanti”.

    Dove la dicevano questa? :-)

    Qmq THE WALL è un'opera d'arte... E su questo non si discute... E i disegni di Scarfe sono di un'intensità tutt'ora inarrivabile!!
     
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    Già già.
    Capolavoro :wub:
     
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  7. futuregista
     
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    CITAZIONE (Bub0 @ 10/4/2008, 00:02)
    CITAZIONE (futuregista @ 9/4/2008, 20:04)
    Della serie “Dicono che quando stai per morire, ti passa tutta la vita davanti”.

    Dove la dicevano questa? :-)

    Daredevil docet :lol:
     
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  8. .Makko.
     
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    non so come hai fatto ha scrievere pink floyd - the wall :wub: e daredevil :sick: nello stesso topic :lol:
     
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  9. futuregista
     
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    CITAZIONE (.Makko. @ 10/4/2008, 17:24)
    non so come hai fatto ha scrievere pink floyd - the wall :wub: e daredevil :sick: nello stesso topic :lol:

    :lol: :lol: :lol: :lol:
    E' il mio citazionismo sfrenato, che vuoi farci? Sono tarantiniano D.O.C., io! :lol:
     
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  10. ElMariachi
     
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    gran bel film anke se personalmente the wall non è tra i lavori che più preferisco dei pink floyd...
    l'essenza della band la si ritrova + in altre opere... questa è più legata a rogers che al resto della band. :)
     
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9 replies since 9/4/2008, 19:04   328 views
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