Signore & Signori

di Pietro Germi (1966)

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  1. Kurtz
     
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    Terzo e ultimo atto germiano sui vizi privati e le pubbliche virtù (di parata) degli italiani, Signore e signori non si sposta soltanto geograficamente (dalla Sicilia al Veneto), ma acuisce fortemente la visione del suo regista che castigat ridendo mores caricando il suo cinismo anche a scapito dell’ironia. La macchietta grottesca siciliana incarnandosi nella borghesia veneta medio-alta lascia in bocca un sapore assai più amaro, e non, come si potrebbe pensare, per viete e facili questioni sociali, bensì perché è l’occhio di Germi a farsi (ancor) più disincantato.
    Né ciò riguarda solo l’aspetto concettuale. Signore e signori è scritto (ma va?) divinamente, rivoltando come un guanto il film a episodi e costruendolo come fosse un romanzo corale a struttura sinusoidale: dal presentazione iniziale dei personaggi se ne stacca nel centro uno solo per poi tornare, nel segmento finale, a una nuova focalizzazione corale, in un movimento che trasforma, di volta in volta, protagonisti in coro e viceversa, un coro che è l’assurda personificazione di uno status sociale fondato sulla difesa ad ogni costo di un buoncostume inesistente.
    Germi apre il film con un ritmo folgorante, scandito da un montaggio martellante e fluido al tempo stesso, che si insinua tra i personaggi andando a raccoglierli nei primi venti minuti nelle rispettive abitazioni per poi riunirli a una festa ed esplorare cinematograficamente il loro patto sociale, basato sul tradimento reciproco che si ferma solo di fronte alla rispettosa apparenza da consegnare in pubblico. Affidandosi alla pura forza delle immagini, Signore e signori scandaglia gli intrecci clandestini tra uomini e donne del gruppo, in cui tutti sanno ma fanno finta di. Attori che interpretano personaggi-attori.
    Il coro anonimo cui dar conto in Sedotta e abbandonata e Divorzio all’italiana diventa soggetto e oggetto dell’indagine, la singola famiglia dominata dal protagonista-patriarca della Sicilia (Urzì/Mastroianni) si tramuta in un sistema di famiglie dominate da un matriarcato più o meno velato, con la complicità – come per gli altri due capitoli – della Chiesa. E se gli atti commessi possono sembrare, pur nel loro disgusto, più “umani” dei “delitti” d’onore, in realtà siamo di fronte a un’umanità assai più gretta, o quanto meno fotografata con occhio assai più impietoso, strappando loro la simpatia, la maschera, la pelle, per guardare dritto in faccia a una bassezza che è rischia pericolosamente di tramutarsi nella cifra umana.

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