Black Swan

di Darren Aronofsky

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  1. michibaldi
     
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    L'ho visto da quasi un mese, ma non riuscivo ad articolare le parole, tanto mi si affollavano in testa pensieri e tanto le sensazioni che mi ha dato mi avevano provato.

    Nina è una giovane ballerina che coltiva il sogno di diventare la prima ballerina della compagnia di balletto e per quell’obbiettivo ha sacrificato tutta la propria vita.

    Vive con una madre possessiva che le ha costruito attorno una gabbia dorata e ovattata, tenendola nella bambagia per preservarla dalle brutture del mondo e prosciugandole i sentimenti in nome di una perfezione artistica da raggiungere ad ogni costo.

    La raggiunge quella perfezione esteriore ma a discapito dell’annullamento della propria interiorità, della propria essenza.

    Quando viene scelta per la parte del Cigno Bianco e del Cigno Nero nel Lago dei Cigni di Cajkovskij, si accorgerà che non basta l’algida perfezione esteriore, ma dovrà ricercare e tirar fuori quell’interiorità che ha sacrificato, dovrà estrarre il cigno nero in lei, spezzando la porcellana levigata e andando ad esplorare se stessa.

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    Per raggiungere lo scopo, il coreografo, un ambiguo e affascinante Vincent Cassel, come ha sempre fatto nella sua carriera, portando in trionfo e poi distruggendo la vita di altre ballerine, scatenerà la competizione, mettendole davanti Catherine, una bellissima ballerina, che non ha la sua stessa grazia e perfezione, che non ha la sua stessa dedizione, che anzi conduce una vita piuttosto sregolata, ma che ha il fuoco dentro, la sensualità e l’emozione.

    Nella sua ossessiva ricerca del cigno nero che è in lei, Nina proietterà questa ossessione nella collega Catherine, sua nemesi, secondo una relazione di attrazione e repulsione, di odio e amore, dagli esiti devastanti.

    La speranza isterica che le brucia dentro, da questo momento per Nina diventerà dunque un’ossessione che le farà vedere nemici ovunque e le provocherà un cedimento psichico.
    Il punto di vista è ora quello di Nina che alla ricerca del suo doppio, nell’esplorazione del proprio lato oscuro, attraverso le lacrime e il sangue, troverà la perdizione: scivolando nella paranoia, tra ossessioni e visioni.

    La danza, simbolo di perfezione ed eleganza, nasconde sotto la superficie di bellezza il sangue, le privazioni e il sudore del sacrificio, le lacerazioni della carne e lo scrocchiamento delle ossa. L’estasi da raggiungere passa attraverso la devozione totale della propria esistenza alla danza, come la ballerina di Scarpette rosse di Powell & Pressburger.

    Ecco che per Nina il ballo si sovrappone alla vita, una sovrapposizione che le provocherà uno sconvolgimento emotivo: l’ossessione diviene schizofrenia, sdoppiamento della personalità. E se ciò renderà ancor più sublime la sua danza, se ciò la porterà all’estrazione del cigno nero, a tirare fuori le proprie emozioni e l'estasi del suo pubblico, allo stesso tempo la trascinerà in un inferno esistenziale senza ritorno.

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    Un horror sulle punte come è stato definito ed è vero perché Aronofsky ci prende e ci trascina nella mente di Nina, attraverso un vortice di emozioni, ossessioni, sconvolgimenti. che ci scarnifica e ci lascia tramortiti.

    Un film di doppi, di riflessi, di specchi che occupano lo schermo per tutta la durata. Verità e finzione, realtà e incubo, danza e vita, sguardi e visioni, cigno nero e cigno bianco: questi piani partono separati e distinti ma piano piano si intrecciano, si mescolano in un tutt’uno di sconvolgente intensità.

    Aronofsky si attacca, come in The Wrestler, alla sua protagonista, al suo collo, alla sua carne, la bracca da vicino nel vestire, negli allenamenti, ma poi fa un passo oltre: ci trascina nella sua mente, con un’originalità di visione e di stile che non permette mai al film di sedersi e allo spettatore di alzarsi, secondo una felice definizione che ho letto a proposito di non ricordo quale film. Così la danza diviene una danza macabra nella quale, nell’ ossessionata ricerca dell’estasi, il cigno nero avrà il sopravvento su quello bianco, così come il doppio immortale (la ballerina) avrà tragicamente il sopravvento su quello mortale (Nina)

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    Grande la fotografia di Labatique, splendida composizione figurativa giocata sui doppi, sui riflessi, mirabile il perfetto equilibrio tra l’onirismo della visione e la classicità della scrittura: macchina da presa a mano che si attacca a Nina e non la molla più, giochi di luci e ombre, ribaltamenti tra realtà e immaginazione, inquadrature suggestive e disturbanti, simbolismi e metafore. Insomma ritmo, senso della suspense, atmosfera, inquietudine profonda, visceralità.

    Splendida una Natalie Portman che mette tutta se stessa in una immedesimazione totale inquietante, seducente un Vincent Cassel nei panni del coreografo alla ricerca dell’emozione e sensualissima, ambigua ed emozionante Mila Kunis, il doppio di Catherine, il suo cigno nero.

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    Meraviglioso l’uso delle musiche di Cajkovskij rielaborate da Clint Mansell.

    Proprio Cajkovskij con la sua instabilità interiore e la vita travagliata rispecchia appieno l’anima del film

    La musica di Cajkovskij infatti vive di una dicotomia che è la sua forza: una perfezione formale, ricercatissima e che ricorre a tutti gli artifizi del mestiere per una scrittura levigata, aulica, che si rifà ai canoni classici di perfezione dei grandi del passato per una musica che invece riesce a sondare e a rendere espressive le psicologie e gli stati emotivi, esaltando il senso del tragico e le passioni più recondite. Cajkovskij riesce a far vivere la propria musica grazie al coinvolgimento del pubblico. E la sua grandissima popolarità è data dal suo saper far raggiungere il pathos attraverso un linguaggio classico e universale.
     
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