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Fuori tempo massimo mi godo anch'io questo film remake di un'opera giapponese, se non erro, di fine anni '80. Mi allineo ai kleenex di cui si è parlato in questo topic; nella seconda parte ho provato una tale stretta al cuore, in particolare negli ultimi dieci minuti, che le lacrime mi sono scese copiose senza che io lo volessi o me accorgessi quasi. Al di là del fatto che da un punto di vista puramente estetico questo Hachi è di una bellezza sconvolgente (non sapevo di questa razza Akita), a lasciare sgomenti a livello emotivo è proprio la sua devozione totale al suo padrone, il capobranco Richard Gere, bravissimo nella parte, anche questo è bene sottolinearlo (nonché produttore del progetto). Intorno a loro e al loro meraviglioso rapporto su muovono alcuni personaggi di contorno che non fanno che inspessire il valore della storia e mi riferisco al venditore ambulante, all'impiegato della stazione e alla macelleria (oltre naturalmente ai famigliari). Per quello che conosco della cultura nipponica, il film ne è imbevuto a cominciare da quel senso del dovere di cui Hachi si fa illuminato e strenuo portatore e a un "masochismo" di fondo, nonché a grande malinconia mista a dolcezza a amore puro. Non mi metto troppo in mezzo nel determinare se la storia e la messa in scena siano più o meno ricattatorie o oneste (anche se propendo alla grande per la seconda ipotesi), in fondo non mi interessa; preferisco emozionarmi, piangere se è il caso, respirando a pieni polmoni la forza della vita. E rifletto: sulla grandezza dell'amore, dell'amicizia, sulla loro magia, su quanto è torrenziale voler bebe a un altro essere umano. E su quanto è potente e il legame fra specie diverse: c'è Hachi, ma c'è una miriade di altri animali che si è prodotta in testimoninanze d'amore tanto cariche dignità e dolcezza. La storia, è vero, alla fine non si snoda con grandi steps, ma questo film è da prendere per quello che è, ovvero come una morbidosa cascata di zucchero, morbidosa esattamente come il pelo stupendo del nostro amato Akita.
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