Vite perdute

1992, il sequel di Mery per sempre e Ragazzi fuori

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    Meri per sempre e Ragazzi fuori, firmati dalla regia di Marco Risi, costituirono episodi di virtuosissima e feconda rivitalizzazione del cinema realista nella fase aurorale degli anni '90 del secolo scorso. Il nostro ci aveva già provato con il già pur buono Soldati nel 1987, ma fu con Meri per sempre che imperniò la sua fama, affermando il neo-neo realismo come genere ancora pulsante. In quelle pellicole, in cui come è noto la stragrande maggioranza degli attori erano presi direttamente dalla strada, si respira un'atmosfera molto particolare, greve, veritiera; questi ragazzi recitano sì se stessi, ma si capisce che dietro la loro insipenza vi era dietro una direzione a polso fermo, una sceneggiatura di ferro e una passione per le cose torbide della nostra società.
    Il regista di Vite perdute Giorgio Castellani deve avere pensato che creare un terzo capitolo potesse fruttargli del denaro e così nel 1992 dà vita a questa pellicola, che però non si colloca a un livello nemmeno lontanamente paragonabile a quanto detto sopra. Raccatta 4-5 attori dei film di Risi (Maurizio Prollo, Alfredo Li Bassi, Salvatore "King Kong" Termini e Filippi Genzardi), affianca loro come protagonista il cantante neomelodico napoletano Gianni Celeste, raduna qualche caratterista e gira questo film. Pur mantenendo le tematiche già trattate da Risi, le annacqua senza pietà, le ridicolizza in alcuni punti, dando alla luce qualcosa di inconsistente, debole, pedestre e raffazzonato.
    Nel dettaglio, ciò che più non mi ha convinto del film:
    1) Il doppiaggio: dalla presa diretta e dalla voce naturale dei film di Risi qui si passa al doppiaggio, scelta di per sè già sbagliata per una pellicola del genere e in più qui fatto male.
    2) La sceneggiatura: approssimativa, salta a piè pari da uno step all'altro senza grandi collegamenti e a comprartimenti stagni.
    3) Il montaggio: veloce e frenetico, ma poco calzante con quanto avrebbe dovuto essere; vi è ad esempio abbondanza di inseguimenti fra macchine e moto, a tratti sembra di assistere ad un poliziottesco.
    4) Le musiche: composte e suonate dal grande Claudio Simonetti dei Goblin, ma prive di mordente e poco fantasiose.
    5) Le recitazioni: ciò che evidentemente aveva fatto Risi, ovvero calibrare l'inesperienza dei giovani attori arginandone l'amatorialità e rendendola spontaneità Castellari non lo fa assolutamente. Ne conseguono dialoghi, espressioni e situazioni che paradossalmente sembrano più "comici" che drammatici, quasi una parodia non voluta.
    La forza di Meri e Ragazzi fuori era la rappresentazione della vita di adolescenti maledetti, "malacarne", di persone nate con l'istinto della delinquenza e cresciute in contesti che la delinquenza la generavano. In vite perdute non c'è approfondimento, c'è confusione, c'è noia nella due ore di svolgimento.
    Quello che mi ha portato alla visione è un approccio di personale documentazione rispetto ad un genere che adoro e a una "saga" per me molto importante. Eviterò in futuro di vedere ancora Vite perdute, serberò solo la sensazione di averlo comunque visto. Il mio dovere l'ho fatto.

    Il regista del film non è da confondere con l'altro bravo registi Renato Castellani, nè tanto meno con Enzo CastellaRi.
    Giorgio Castellani è lo pseudonimo usato da Giuseppe Greco, figlio del boss Michele Greco, detto "Il papa". Da notare che il padre del regista fu tutt'altro che una figura di secondo piano della malavita italiana, ma il CAPO della cupola di Cosa nostra per tanti anni.

    Edited by macina - 5/1/2012, 18:41
     
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  2. MrBlù
     
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    Ne-vidi-uno-stralcio (la-seconda-metà) su-rete-nazionale-e-ricordo-mediocri-sensazioni.
    Fine-anni-'90,in-casa-mia-non-esisteva-internet,non-sapevo-del-cambio-di-registro,ne-del-cambio-direzionale,
    e-pellicola-conclusa-i-crediti-venivano-velocemente-tagliati...puoi-immaginarti-quindi-il-mio-stupore,convinto-che-fosse-dello-stesso-Risi.

    Non-è-un-ricordo-molto-fresco,ma-sento-di-sottoscrivere-il-punto-2-e-5-del-tuo-commento. Sceneggiatura-troppo-approssimativa,
    e-direzione-degli-attori-non-mirata-ad-esaltare-le-loro-doti-naturali,lasciati-a-briglia-sciolta-e-quindi (da-non-attori) confusi-e-troppo-caricati.
     
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1 replies since 15/9/2010, 11:42   718 views
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