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La Grande Bellezza è un'opera di Felliniana memoria, impossibile durante la visione che non venga in mente La Dolce Vita del maestro riminese. Ma la pellicola non è derivativa e ha assolutamente una sua autorialità, una cifra stilistica ben marcata da uno dei più importanti autori italiani cinematografici contemporanei: Paolo Sorrentino.
La Grande Bellezza è un affresco spietato, un caleidoscopio magistrale della vita nei salotti romani, tra superficiali riti mondani e feste notturne, all'insegna di una vacuità morale e contenutistica senza via di fuga. Tutto questo scandagliato quotidianamente tra il surreale, il comico, il grottesco e un feroce umorismo con gli occhi, la mente e il corpo di Jep Gambardella (Toni Servillo), all'interno di un viaggio spirituale e simbolico nei luoghi romani, pieni di una "fauna" al limite della decadenza e della banalità, cui fanno parte attori di contorno calati perfettamente nei loro ruoli come Carlo Verdone (dolente e malinconico davvero credibile), Sabrina Ferilli (spogliarellista fuori tempo massimo bravissima), Isabella Ferrari, Carlo Buccirosso, Galatea Ranzi, Serena Grandi e Roberto Herlitzka.
Sorrentino è abilissimo a mettere a nudo la nullità di un'Italia mondana romana che è lo specchio di una classe societaria allo sbando e di una mediocrità galoppante che ci logora dall'interno. Un capitolo a parte lo meriterebbe Toni Servillo: immenso ed evocativo, geniale ed empatico, una bellezza per gli occhi, un tumulto per il cuore, ogni ruolo che offre sembra che sia sempre il migliore, da applausi a scena aperta.
In sostanza un'opera stratificata, densa di significati e simbolica, acuta e raffinata, con una bella messa in scena, dialoghi ficcanti e una sceneggiatura quasi perfetta se non fosse per alcune parti forse un pò troppo lunghe. Rimane un documento di com'è la nostra società, di come siamo diventati e un percorso umano cerebrale e artistico per capire veramente qual'è la grande bellezza, quella vera, non quella spacciata come tale.
Voto: 8,5
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