The Grandmaster

di Wong Kar-Wai

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    The Grandmaster
    Con Tony Leung, Chen Chang, Ziyi Zhang, Brigitte Lin, Hye-kyo Song
    the-grandmasters-poster-2

    La biografia di Ip Man, il rinomato esperto di arti marziali che allenò l'adolescente Bruce Lee. (fonte: mymovies)

    uscita: 18-25 Dicembre 2012 (China e Hong kong) (fonte: imdb)

    Video

    Edited by Revu - 6/2/2015, 13:09
     
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    grandmasters4
    The grandmaster non è tanto un biopic (come, per altro, ci si aspettava) sul maestro Ip man e sulla tradizione, gli stili e l’arte del Chun wing, ma anche e soprattutto un film che parla della storia cinese abbracciando un’epoca che parte dagli anni ’30 e finisce negli anni ’60. attraverso gli eventi della Storia, che tuttavia rimangono sempre alle spalle irrompendo nel racconto solo sfiorandolo e non prendendo mai il sopravvento sulle derive dei singoli, Wong prende a sé la sfera intima dei personaggi narrando un affresco estetizzante, tendente all’epica, che per prima cosa riprende temi carissimi all’autore, ovvero: gli obiettivi incompiuti di una vita e l’ineluttabilità del destino e il tempo che scorre, fulmineo e beffardo con l’impossibilità di riparare agli errori del passato. è proprio la frase che pronuncia Tony Leung (che interpreta Ip man in modo sobrio e sommesso, forse fin troppo) quando, all’invasione giapponese in piena seconda guerra mondiale con la distruzione della tenuta del maestro Gong (a sua volta maestro di Ip man), afferma che la sua esistenza in quel preciso istante è passata via in un attimo, la primavera non ancora fiorita si era trasformata immediatamente in gelido inverno. Questo è un altro punto focale dell’opera, si riconosce tutta la capacità di Wong nel cesellare personaggi facendone affiorare la vena dolente e cupa, ricollegandosi così ad un altro topos importante della poetica dell’autore: l’impossibilità di poter fiorire e vivere una “propria condizione”, così da far apparire il Tempo come un sofferente presente perennemente “mancato”.

    ma non si può non affermare che il film soffra di una compressione evidentissima in fase di montaggio: le 4 ore di girato trasformate in poco più di due non permettono grossa empatia, la sintassi sbarella e i personaggi di Song Hye-kyo, e ancora di più Chan cheng, risultano tagliati con l’accetta e spesso appaiono fuori contesto. Solo Gong er (intepretata dalla splendida Zhang Ziyi) emerge dal racconto riflettendo nei suoi occhi tutta la frustrazione e la voglia di vendetta, la sorta di voragine dove però tutti i protagonisti sprofondano; perché fondamentalmente The grandmaster è un film che parla di onore e dignità, coraggio e vendetta, tradizione a arte, alle volte tropo avvinghiato a queste tradizioni rischiando di apparire ostico a chi di tradizione cinese nulla importa. In ogni caso a mio avviso resta un film più che meritevole di visione, esteticamente e tecnicamente siamo ad altissimi livelli, la cura del particolare e la gestione degli spazi è da capogiro, narrativamente vi sono momenti di intensità notevole basti pensare ai dialoghi tra Ip man e Gong er (prima e dopo) e gli scontri tra le due scuole, vi sono guizzi visivi a go go, una colonna sonora evocativa che nel finale riprende il tema di Morricone in C’era una volta in America nonchè combattimenti ben coreografati ma che, di contro, strizzano un po’ troppo l’occhio al cinema mainstream, spauracchio tremendo già intravisto nel mediocre My blueberry nights.

    Voto: 6,5/7
     
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    A me My blueberry nights non mi aveva deluso affatto, anzi!

    Per questa pellicola non saprei cosa aspettarmi, dalle tue parole traspare più la mezza delusione che l'esaltazione, se cmq un 7 si può chiamare "mezza delusione", sicuramente si, rapportato ai suoi capolavori.

    Ma è già uscito da noi? Nelle nostre sale? :unsure:
     
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    assolutamente Revu, più una mezza delusione sopratutto in relazione (come dici te) alle capacità dell'autore, poi rimane abbastanza inconcepibile il fatto di non essere riuscito a condensare la materia filmica nel giusto minutaggio e quindi gli obiettivi e il risultato (a mio modesto avviso) sembrano grosso modo rimasti nella testa di chi dirige. ma insomma, si può godere dell'estetica fiammeggiante, delle movenze e dei guizzi che la pellicola comunque ci regala.

    My blueberry nights non è un film di Wong Kar-wai :D

    p.s. no non è uscito da noi e mi pare non sia stato nemmeno annunciato, si trova nei soliti modi alternativi. ^_^
     
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    A parte In the mood for love e 2046 ho ancora tanta roba da recuperare di Kar-wai (Angeli perduti ed Hong Kong Express su tutti).
    Sembrano chiari pregi e difetti di quest'ultimo lavoro, piuttosto è strano che il montaggio sia stato così deficitario, quando in passato
    (e mi riferisco ai film che ho visto), di certo non si è lesinato sul minutaggio, anche quando avrebbe meritato qualche "sforbiciatina" (2046).
     
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  6. Jesse-James
     
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    CITAZIONE (mickes2 @ 15/4/2013, 10:04) 
    (IMG:http://wongkarwainews.files.wordpress.com/...andmasters4.jpg)
    The grandmaster non è tanto un biopic (come, per altro, ci si aspettava) sul maestro Ip man e sulla tradizione, gli stili e l’arte del Chun wing, ma anche e soprattutto un film che parla della storia cinese abbracciando un’epoca che parte dagli anni ’30 e finisce negli anni ’60. attraverso gli eventi della Storia, che tuttavia rimangono sempre alle spalle irrompendo nel racconto solo sfiorandolo e non prendendo mai il sopravvento sulle derive dei singoli, Wong prende a sé la sfera intima dei personaggi narrando un affresco estetizzante, tendente all’epica, che per prima cosa riprende temi carissimi all’autore, ovvero: gli obiettivi incompiuti di una vita e l’ineluttabilità del destino e il tempo che scorre, fulmineo e beffardo con l’impossibilità di riparare agli errori del passato. è proprio la frase che pronuncia Tony Leung (che interpreta Ip man in modo sobrio e sommesso, forse fin troppo) quando, all’invasione giapponese in piena seconda guerra mondiale con la distruzione della tenuta del maestro Gong (a sua volta maestro di Ip man), afferma che la sua esistenza in quel preciso istante è passata via in un attimo, la primavera non ancora fiorita si era trasformata immediatamente in gelido inverno. Questo è un altro punto focale dell’opera, si riconosce tutta la capacità di Wong nel cesellare personaggi facendone affiorare la vena dolente e cupa, ricollegandosi così ad un altro topos importante della poetica dell’autore: l’impossibilità di poter fiorire e vivere una “propria condizione”, così da far apparire il Tempo come un sofferente presente perennemente “mancato”.

    ma non si può non affermare che il film soffra di una compressione evidentissima in fase di montaggio: le 4 ore di girato trasformate in poco più di due non permettono grossa empatia, la sintassi sbarella e i personaggi di Song Hye-kyo, e ancora di più Chan cheng, risultano tagliati con l’accetta e spesso appaiono fuori contesto. Solo Gong er (intepretata dalla splendida Zhang Ziyi) emerge dal racconto riflettendo nei suoi occhi tutta la frustrazione e la voglia di vendetta, la sorta di voragine dove però tutti i protagonisti sprofondano; perché fondamentalmente The grandmaster è un film che parla di onore e dignità, coraggio e vendetta, tradizione a arte, alle volte tropo avvinghiato a queste tradizioni rischiando di apparire ostico a chi di tradizione cinese nulla importa. In ogni caso a mio avviso resta un film più che meritevole di visione, esteticamente e tecnicamente siamo ad altissimi livelli, la cura del particolare e la gestione degli spazi è da capogiro, narrativamente vi sono momenti di intensità notevole basti pensare ai dialoghi tra Ip man e Gong er (prima e dopo) e gli scontri tra le due scuole, vi sono guizzi visivi a go go, una colonna sonora evocativa che nel finale riprende il tema di Morricone in C’era una volta in America nonchè combattimenti ben coreografati ma che, di contro, strizzano un po’ troppo l’occhio al cinema mainstream, spauracchio tremendo già intravisto nel mediocre My blueberry nights.

    Voto: 6,5/7

    …Io Micky lo attendevo e lo attendo da moltissimo tempo, con ansia spasmodica !
    …Invece, nella Tua Bellissima ed estremamente Delicata Recensione, io ho percepito che nonostante alcune scelte, più o meno discutibili, la Straordinaria Potenza Visiva di questo Immenso Autore (che io Amo praticamente da sempre…) e dei suoi tutti Meravigliosi interpreti, ovviamente in primis Tony Leung e naturalmente la Bellissima Zhang Ziyi (di cui insieme a Shu Qi) è stato Amore sin dal primo Momento…
    …Dicevo, nonostante ciò, io fra le righe leggo che l’Opera ha comunque mantenuto più che positivamente le sue promesse, mi sembra di capire, e probabilmente, il problema principale, sia circoscritto e stia proprio nella approfondimento psicologico emotivo della storia dei singoli personaggi, (da sempre Sublime e Magnetico Punto Cruciale e di Assoluta Forza dell’Autore) a causa della durata (troppo breve) dell’Opera, dove sicuramente Kar Wai è dovuto scendere a compromessi (sin dal Titolo, la produzione di quest’Opera è stata abbastanza travagliata…) evidentemente, tagliuzzando malamente, un qualcosa che nella sua durata originaria (di 4 ore ) era Perfetto, con probabili ricadute , anche sul Montaggio, approssimativo e fatto magari frettolosamente e controvoglia…
    …In ogni caso, (al di là del voto basso che comprendo benissimo, date le motivazioni di cui sopra) quello che ho letto fra le tue righe, non ha fatto altro che accrescere in me la curiosità ! …ancora di più !!!
    …Quindi Micky!!! …Mandami in MP, il prima possibile, tutti i dettagli e i link possibili ed immaginabili, delle “solite fonti” ( purtroppo ahimè, stavolta sono costretto e vado anche io contro i miei princìpi…) dove poter Recuperare l’Opera in questione !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

    …P.S….:
    …Io personalmente, per quanto riguarda 2046 & IN THE MOOD FOR LOVE, se esistessero, sarei disposto a guardare sempre e solo ed esclusivamente, delle versioni della durata di 10 ore ciascuna... per Opera !!!!!!!! :wub: :wub: :wub: :wub: :wub: :wub:
     
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  7. poison78
     
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    Bella analisi mickes, da appassionato di film di arti marziali e film orientali nonché del grande Kar-wai ho già recuperato tutto l'occorrente da tempo per la visione....devo solo trovare il tempo e il modo di vederloXD


    non vedo l'ora^^
     
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    CITAZIONE (Jesse-James @ 15/4/2013, 22:36) 
    …Io Micky lo attendevo e lo attendo da moltissimo tempo, con ansia spasmodica !
    …Invece, nella Tua Bellissima ed estremamente Delicata Recensione, io ho percepito che nonostante alcune scelte, più o meno discutibili, la Straordinaria Potenza Visiva di questo Immenso Autore (che io Amo praticamente da sempre…) e dei suoi tutti Meravigliosi interpreti, ovviamente in primis Tony Leung e naturalmente la Bellissima Zhang Ziyi (di cui insieme a Shu Qi) è stato Amore sin dal primo Momento…
    …Dicevo, nonostante ciò, io fra le righe leggo che l’Opera ha comunque mantenuto più che positivamente le sue promesse, mi sembra di capire, e probabilmente, il problema principale, sia circoscritto e stia proprio nella approfondimento psicologico emotivo della storia dei singoli personaggi, (da sempre Sublime e Magnetico Punto Cruciale e di Assoluta Forza dell’Autore) a causa della durata (troppo breve) dell’Opera, dove sicuramente Kar Wai è dovuto scendere a compromessi (sin dal Titolo, la produzione di quest’Opera è stata abbastanza travagliata…) evidentemente, tagliuzzando malamente, un qualcosa che nella sua durata originaria (di 4 ore ) era Perfetto, con probabili ricadute , anche sul Montaggio, approssimativo e fatto magari frettolosamente e controvoglia…
    …In ogni caso, (al di là del voto basso che comprendo benissimo, date le motivazioni di cui sopra) quello che ho letto fra le tue righe, non ha fatto altro che accrescere in me la curiosità ! …ancora di più !!!

    molto probabilmente hai centrato il punto Jesse, e con questo mi ricollego anche al post Guido rispondendo. il fatto è che tutti sappiamo che Wong non parte mai con una sceneggiatura e un'"idea film" fatta e finita, ma la sviluppa strada facendo con tutti i pro e i contro della situazione (finora quasi tutti "pro" :P) e quindi, mia ipotesi, la sua intenzione finale era quelle di costruire un percorso epopeico nella Storia e nell'arte della Cina e che solo in fase di sviluppo la produzione abbia messo dei paletti, forse per rimanere in ambito mainstream e rendere più fruibile l'opera, a tutti. sarei curioso di vederne una versione estesa, se non di 4 almeno 3 ore così da gustare il film da un'altra prospettiva, probabilmente quella più vicina all'idea (iniziale? finale?) dell'autore.
     
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    CITAZIONE (poison78 @ 16/4/2013, 07:12) 
    Bella analisi mickes, da appassionato di film di arti marziali e film orientali nonché del grande Kar-wai ho già recuperato tutto l'occorrente da tempo per la visione....devo solo trovare il tempo e il modo di vederloXD


    non vedo l'ora^^

    grazie poison, curiosissimo di sapere cosa ne pensi ^_^
     
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  10. Kurtz
     
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    Un film di Wong Kar-wai. Con Tony Leung, Ziyi Zhang, Chen Chang, Qingxiang Wang, Tielong Shang. Benshan Zhao, Song Hye-kyo
    Titolo originale Yi Dai Zong Shi. Biografico, Ratings: Kids+13, durata 123 min. - Cina, Hong Kong 2013. - Bim uscita giovedì 19 settembre 2013

    imm

    Ip Man, colui che diventerà il maestro di Bruce Lee, vive a Fo Shan, nel sud della Cina dove pratica le arti marziali come personale passione. In seguito alla guerra cino-giapponese che sconvolge le province del nordest del Paese, il Grande Maestro Gong Baosen è costretto a trasferirsi a Fo Shan dove tiene la cerimonia del proprio addio alle arti marziali. Viene raggiunto da Gong Er, figlia a cui ha insegnato una tecnica letale. Ip Man e Gong Er si conoscono in questa occasione. La domanda che percorre il mondo del kung fu è: chi diverrà il successore di Gong Baosen?

    mia recensione

    Il film monstre di Wong Kar-wai

    Tre anni di lavorazione e otto di preparazione, "The Grandmaster" è il titolo forse più sofferto della filmografia di Wong Kar-wai, eppure la lunga gestazione non prelude a un'opera che risponde degnamente di cotanto sforzo. La biografia di Yip Man nell'idea del regista doveva essere una più ampia rievocazione della Cina tra gli anni '30 e '60, sulla scia di una storia che intreccia le arti marziali a quelle sentimentali. Ma i due tronconi, pur intrecciandosi, finiscono per rubarsi a vicenda il palco, risultando alla fine entrambi monchi.

    continua su LoudVision
     
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  11. poison78
     
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    Per me mezza delusione

    Inutile girarci intorno, diciamolo subito, ci si aspettava molto di più da un autore come Wong Kar-wai. Ambientato in un lasso temporale che si estende dagli anni 30 fino agli anni 60 la pellicola racconta la vita di IP Man, maestro del leggendario Bruce Lee. Attraverso la sua esistenza viene narrata gran parte della storia cinese moderna rappresentata, in senso metaforico, come un treno in corsa che attraversa una stazione senza fermarsi.

    Per chi ha apprezzato le precedenti trasposizioni cinematografiche dedicate al grande maestro da Wilson Yip, è bene dire che questo film non c'entra assolutamente nulla. Aiutato in fase di sceneggiatura da Zou Jingzhi e Xu Haofeng, Kar-wai sceglie di reinterpretare quanto visto in precedenza da un punto di vista totalmente diverso e altamente più filosofico. Tornano in auge i temi classici dell’autore cinese come l’impossibilità come lo scorrere del tempo e i sogni infranti di una vita trascorsa senza appagarli. Il film non focalizza l’attenzione sul famoso maestro, interpretato da un Tony Leung che ricorda uno dei tanti personaggi partoriti dalla mente di Stephen Chow in “Kung Fu Hustle”, ma indirizza tutti i suoi orizzonti sul personaggio di Gong Er (Zhang Ziyi), unica erede della micidiale tecnica dei 64 palmi.

    Dall’ingresso in scena del personaggio di Gong Er, la narrazione si sottomette ad un evidente delirio di filosofia e simbolismo tanto caro al cinema orientale sebbene poco incline all’esportazione. Afflitto da un montaggio disordinato e pretenzioso, il clima della pellicola viene appesantito da passaggi storici senza un vero legame narrativo per la velocità e voracità con la quale vengono dati in pasto allo spettatore. E’ chiaro che in chiave di montaggio qualcosa è andato storto e le circa 4 ore di girato trasformate in sole 2 non hanno sortito il risultato sperato. Mostrando un film più didascalico del previsto e poco fluido.

    Tecnicamente parlando l’opera è di una bellezza senza pari con una cura degli spazi ed una attenzione ai particolari magnifica. Ottime le coreografie dei combattimenti con primi piani sulle mani e sui piedi che rivelano l’inerzia dei colpi scagliati. Strepitosa la fotografia di Philippe Le Sourd. Da segnalare la collaborazione musicale del nostro Stefano Lentini che nel tema finale omaggia il nostro cinema attraverso il tema di "C’era una volta in America". Una poesia sul lato tecnico artistico senza riserve.

    A distanza di diciannove anni dalla sua prima immersione nel cinema cappa e spada con il bellissimo “Ashes of Time” (1994), Wong torna al cinema delle arti marziali con un kung fu movie che non accontenta nessuno. Resteranno scontenti gli spettatori che amano vedere menare le mani e soffriranno i fan devoti al suo cinema più intimo. I più coriacei apprezzeranno la notevole intensità emotiva e temi più profondi come la meditazione,l'emotività, la vendetta, l'onore e un amore mai consumato.

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