Lei

di Spike Jonze

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    Thanks Fedor! Recupererò a questo punto sicuramente Essere John Malkovich ^_^
     
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    Una di queste sere vado a vedermelo.
     
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    HER – L’AMORE È UNA COSA MERAVIGLIOSA

    Theodore è uno scrittore, le sue composizioni sono lettere per clienti che non conosce e non in grado di mettere nero su bianco i propri sentimenti. Solitario ed incapace di accettare la fine del suo matrimonio, di cui lui ne è la principale causa, acquisterà per pura curiosità il sistema operativo “OS One”. Quest’ultimo è il primo basato su di una intelligenza artificiale capace di adattarsi alle esigenze dell’utente auto-costruendosi una identità (anima?) propria. Theodore all’inizio diffidente, arriverà al punto di lasciarsi completamente andare ed innamorarsi di Samantha, la personalità che il computer ha creato in base ai tratti caratteriali e comportamentali di lui. “Her” di Spike Jonze è la rappresentazione per immagini della storia d’amore “perfetta”, quella a senso unico, utopistica visione del partner scevro da difetti, che per essere tale non può nemmeno più avere una forma fisica con cui interagire, ma esiste solamente in un limbo di incontaminata e intangibile perfezione. Theodore (Joaquin Phoenix come sempre incredibile) non è una persona solitaria, ma semplicemente egoista, incapace di accettare un sentimento diverso da quello che ha immaginato per se stesso, ritrovandosi solo per scelta in quanto sconnesso dalla realtà, preferendo riflettere le proprie inadeguatezze a chi gli sta di fronte (la moglie e l’incontro al buio dall’inatteso esito). E’ proprio la mancanza fisica, di immagine, che caratterizza Samantha (con la splendida voce di Micaela Ramazzotti), che lo porterà inevitabilmente a vivere la relazione perfetta, quella domiciliata nella sua mente, capace di appagarlo in ogni momento e riempirgli il cuore, perché i sentimenti sono oramai replicabili dalle forme matematiche presenti in un computer. “Her” racconta la malinconica metafora della solitudine quotidiana (che molti vivono?), dove all’aumento dei mezzi di comunicazione diminuiscono i rapporti umani, il contatto sta lentamente divenendo l’ostacolo che ci separa dalla nostra fantasia, dato che la realtà è sempre diversa da come la configuriamo nella nostra mente. Spike Jonze dirige egregiamente una pellicola non esente da qualche flessione, che però puntandoci in dito contro ci fa riflettere su come stiamo lentamente cambiando, quasi accusandoci di amare più l’idea di una relazione dall’averne una, dato che fino a che questa rimane nel nostro immaginario non può essere attaccata e nemmeno può deludere le aspettative, semplicemente perché non esiste. Ognuno di noi è in grado di dare forma, voce e carattere alla Samantha ideale che vive dentro la nostra mente (e magari ha l’aspetto di quella persona che tanto ci piace, con cui magari passiamo ore in chat, ma che abbiamo paura di incontrare), ma che senso avrebbe fare questo? Il nemico più grande della nostra felicità siamo noi stessi, questo “Her” lo ripete per tutta la sua durata, noi lo sappiamo come lo sa Theodore, ma come lui, probabilmente, preferiamo nasconderci questa verità.

    Film: 8.5
     
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    Bel commento e gran film :wub:, anche se sto verso il 7,5 per qualche lungaggine e dialogo non eccezionale (ma magari in originale salgo).


    Trovo anche io (credo, non so se sei d'accordo in realtà :lol: ) che l'amore di Theodore per la vocina non sia così genuino come in apparenza può sembrare, lui sa ed è consapevole di essersi trovato un "surrogato", una piacevole distrazione dal male di vivere che gli crea il fallimento del rapporto reale con l'ex moglie (sempre presente nei suoi ricordi, e solo nella lettera finale lasciata andare ma allo stesso tempo accolta come inevitabile costante presenza nella sua mente). Il film è per me racchiuso tutto in una frase del protagonista che magari non rimane in mente perchè viene pronunciata nella primissima metà, all'inizio del rapporto con Samantha: "sto aspettando che non mi importi più di lei".
     
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    CITAZIONE (Alexeleven83 @ 24/3/2014, 21:55) 
    Bel commento e gran film :wub:, anche se sto verso il 7,5 per qualche lungaggine e dialogo non eccezionale (ma magari in originale salgo).


    Trovo anche io (credo, non so se sei d'accordo in realtà :lol: ) che l'amore di Theodore per la vocina non sia così genuino come in apparenza può sembrare, lui sa ed è consapevole di essersi trovato un "surrogato", una piacevole distrazione dal male di vivere che gli crea il fallimento del rapporto reale con l'ex moglie (sempre presente nei suoi ricordi, e solo nella lettera finale lasciata andare ma allo stesso tempo accolta come inevitabile costante presenza nella sua mente). Il film è per me racchiuso tutto in una frase del protagonista che magari non rimane in mente perchè viene pronunciata nella primissima metà, all'inizio del rapporto con Samantha: "sto aspettando che non mi importi più di lei".

    Concordo Ale, infatti "Lei" del titolo non credo sia Samantha ma la moglie, vero e proprio punto fisso nella vita di Theodore che segna inizio e fine del ciclo più importante della sua vita.

    8.5 perchè il tema trattato, quello dei rapporti tra persone, ha su di me un ascendente potente :P
     
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  6. Fedor Lynch
     
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    uhm... io sono d'accordissimo sull'amore non genuino del protagonista, è della sua ossessione verso l'ex moglie che continua ad apparire in flashback ovvero ricordi chiamati da sensazioni particolari (tra l'altro questa va a marcare la visione soggettiva di Theodore)..

    tuttavia il titolo non so se si riferisce alla moglie.. "her" in inglese è complemento oggetto, secondo me va a marcare l'appartenenza di Theodore su Samantha, "l'amore" feticcio e controllabile a piacimento
     
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  7. Kurtz
     
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    visto rigorosamente in lingua originale, al cinema Modernissimo di Napoli (che si continua a ringraziare per questi giovedì original).

    L'amore al tempo del sistema operativo. Più cerebrale di quanto il tema potesse far sperare, ma è comunque uno dei film dell'anno, gravido di conseguenze per il cinema. Ed è ormai il tempo dei protagonisti assoluti. Se Redford è letteralmente da solo in scena, Phoenix (mostruosamente bravo) deve insieme compensare campo e controcampo emozionale. Coadiuvato anche dalla presenza concreta, "fisica", evocativa di Scarlett Johansson.

    8.5