Baff - Busto Arsizio film festival

29 marzo / 5 aprile 2014

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    Ferzan Ozpetek

    Un Ferzan Ozpetek leggermente affaticato ma pimpante e sorridente quello che si è presentato alla conferenza stampa con i giornalisti il pomeriggio di sabato 29 marzo all’Istituto cinematografico Antonioni di Busto Arsizio. Una sorta di inaugurazione della 13° edizione del Baff l’appuntamento con il cineasta italo-turco, venuto nella città bustocca per presentare il suo nuovo film “Allacciate le cinture”. Ozpetek giunge nella sala gremita in ogni ordine e posto con una mezz’ora di ritardo sulla tabella di marcia e rimane con i giornalisti per un tre quarti d’ora rispondendo in modo cordiale e approfondito ai quesiti. A far gli onori di casa il sindaco di Busto Gigi Farioli, sempre vulcanico nell’introdurre gli eventi e dare lustro a una manifestazione itinerante in varie locations della provincia varesina. Presenti anche il direttore della scuola Antonioni (che forma in un percorso triennale fra regia e recitazione), il direttore artistico di Baff Steve Della Casa, lo staff di Baff e i
    giovani dell’istituto che non hanno perso l’occasione di immortale attimi salienti dei lavori con telecamera e macchine fotografiche.
    Ozpetek non ha celato la sua stanchezza nell’adempiere ai numerosi impegni promozionali di questo ultimo periodo; il regista, con voce calma e idee ben delineate in testa, ha sempre parlato al microfono con garbo raccontando dell’uscita del film in Italia e Turchia. Negli stessi Stati ha curato anche l’uscita del libro “Rosso Istanbul”, il suo primo volume come autore che traccia forse un solco nella sua carriera facendogli inaugurare un sentiero da scrittore.

    Qui di seguito alcune delle frasi pronunciate da Ferzan Ozpetek, che ha rimandato ulteriori discorsi alla serata; alle 21 dello stesso giorno è stato infatti proiettato al cinema Sociale di Busto in piazza Plebiscito 1 “Allacciate le cinture” con presentazione iniziale.

    … Il lavoro sugli attori, come sempre accade nei miei film, è stato importante anche perché si ha un salto temporale di 13 anni e in così tanto tempo le persone cambiano non solo nell’aspetto. Devo assolutamente ringraziarli perché hanno interpretato alla perfezione il mio mandato e alcuni sono ingrassati anche in modo evidente. Parlo della protagonista, la bravissima Kasia Smutniak, ma anche di Filippo Scicchitano e Francesco Arca. D’altronde non ho mai scelto un attore per quello che poteva darmi a livello di cartellone …

    … Ricordo il bel periodo delle riprese de Le fate ignoranti, un bel momento storico, prima delle torri gemelle, quando non avevamo il dubbio dell’altro …

    … Il film parla anche di malattia, il cancro. Un produttore di cui non faccio il nome mi aveva risposto che non si poteva fare un film su un tale tema tabù; sono anch’io conscio del fatto che non farà cifre altissime come Mine vaganti. Credo però che di cancro si possa e si debba parlare senza considerarlo argomento scomodo. Non è non parlando di qualcosa che questo si risolve, mi sembra ipocrita e poco produttivo rimanere in silenzio, come se questi drammi debbano essere vissuti e risolti all’interno della singola famiglia …

    … Nel film si vede anche una scena di amore e sesso durante la malattia. Non ci vedo nulla di male, avevo assolutamente desiderio di raccontare questo aspetto …

    … Nel film c’è un intreccio di dramma e ironia; la risata, il pianto e il dramma sono lontani e vicini allo stesso tempo. In uno dei miei film preferiti, “Fiori d’acciaio”, vi sono scene che danno ragione a questa unione …

    … Capitolo Francesco Arca: siccome più di una persona mi ha fatto notare che questo ragazzo aveva iniziato facendo il tronista, rispondo una volta per tutte che Francesco si è rivelato una graditissima sorpresa soprattutto nella disponibilità all’ascolto che ha dimostrato. Io tra l’altro lo scoprii dopo averlo preso della questione tronista e non sono non me ne fregava niente ma mi sono solo rammaricato di non averlo scoperto dieci anni prima. Mi hanno chiesto se mi fossi pentito di averlo preso; mi sono pentito di averlo trovato in ritardo! …

    … Da sempre lavoro sull’emotività dell’attore cercando di rendere spontaneo il risultato generale, l’improvvisazione mi piace poco, preferisco tenere le cose sotto un saldo controllo …

    … Ancora due parole sul cancro. Io ne sono coinvolto per aver vissuto la drammaticità della malattia con persone a me care, ma tutti siamo coinvolti, la società tutta è coinvolta. Dobbiamo essere chiari uscendo con l’informazione e la sensibilizzazione per questo problema collettivo ...




    ALLA SERA ORE 21 CINEMA SOCIALE BUSTO ARSIZIO:


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    Non poteva esordire meglio in serale il Busto Arsizio Film festival sabato 29 marzo. Alle 21 la sala del cinema Sociale faceva bella mostra si sé già piena lasciando impietosamente in piedi i malcapitati che si erano dimenticati di prenotare via mail il posto. Segno incontrovertibile di un interesse sempre crescente per questo grande evento votato alla settima arte, giunto nel 2014 alla 13° edizione e diretto artisticamente per la prima volta dal ben conosciuto Steve Della Casa.
    Ma un quadro dalla formidabile cornice non può suscitare le cupidigie degli appassionati d’arte qualora non
    presenti un contenuto all’altezza. E merce preziosa è parso inaugurare il Baff con la proiezione di “Allacciate le cinture”, ultima fatica di Ferzan Ozpetek. Piatto ancor più prelibato poi se il regista presenzia in sala e, in maggiore forma rispetto alla conferenza stampa pomeridiana, ne delinea caratteristiche e retroscena.
    Madrina d’eccezione per la serata la giovane e valida attrice Claudia Potenza, pugliese verace e già scelta dallo stesso Ozpetek in passato. Della Casa ha valorizzata la sua presenza con varie domande davanti alla quali la potenza si è dimostra una vera… Potenza, rispondendo con sentimento e cognizione di causa mostrando spontaneità e cuore verso la materia cinema e tutto il mondo collaterale.
    Gli scambi di battute sono stati introdotti dal padrone di casa, il sindaco bustocco Gigi Farioli, il quale, ben consapevole della prelibatezza del pulpito a disposizione, ha decantato l’importanza del connubio cultura e territorio con passione. Raccogliendo in varie occasione il plauso scrosciante del folto pubblico, ha concluso la sua arringa con la frase ad effetto ma oggettivamente carica di rischio e carattere:

    “Facciamo di Milano una periferia di Busto Arsizio”.
    Amen!

    In sala presente anche Enzo D’Alò, personalità di spicco del cinema italico di animazione e regista, tra gli altri lavori, del famoso “La gabbianella e il gatto”.
    Della Casa ha incalzato l’ospite d’onore Ozpetek con molte domande. Il buon Steve sa il fatto suo, gli scappa una parolaccia (s*****a), polemizza un po’ con il pubblico per l’iniziale rumorosità e gestisce con giusto polso e scettro sicuro le redini dei dibattito. Abituato a platee anche internazionali, da l’impressione di divertirsi molto e probabilmente è davvero questo il suo mood interiore.
    Ozpetek, pur avendo a disposizione uno sgabello, preferisce stare in piedi appoggiando i gomiti allo stesso. Si equilibra con destrezza nelle risposte, svela qualche arcano circa la lavorazione della pellicola, attesta amore non sono agli attori della stessa ma agli attori in genere. Gli pone “pan per focaccia”, positivamente detto, la Potenza, la quale racconta la piacevolezza e il clima famigliare delle riprese di "Magnifica presenza". Pare che Ferzan ospiti a casa sua gli attori, segnatamente nella sua cucina, in una sessione preliminare in cui si legge la sceneggiatura. La stessa viene poi rimaneggiata a seconda dei nuovi stimoli e poi parte tutto il vasto lavoro successivo. Altre parole vengono spese per il libro “Rosso Istanbul”, uscito a fine 2013 e che sta già mietendo proseliti in Turchia (primo nella classifica di vendita dei libri). In Italia siamo già giunti alle 40 mila copie vendute e c’è da attendersi un numero ancora più lusinghiero. Giusto il tempo di un po’ di dichiarazioni di affetto nei confronti del cinema, di un racconto divertente per cui Ferzan chiamò al telefono il fratello fingendosi un’importante scrittrice turca… Il sipario di schiude su “Allacciate le cinture”.

    Questo articolo non vuole essere una recensione sul film ma una registrazione del modo in cui lo stesso ha fatto presa sulla audience. Il pubblico è parso coinvolto dall’inizio alla fine, perfino quando una giovine si è sentita male e alcuni soccorritori hanno dovuto chiamare l’ambulanza. Risate scroscianti si sono alternate a momenti in cui l’acre dramma ha creato una coltre drammatica che si poteva tagliare con il coltello.

    “Allacciate le cinture” è un film perfetto da vedere in sala, ma vi è da aspettarsi un ottimo gradimento anche in home video una volta uscito in commercio il dvd. Ozpetek bilancia con esperienza le componenti dramma e ironia in un connubio che non sempre forse si amalgama con la giusta naturalità. I due registri proseguono talvolta intersecandosi talvolta procedendo in modo autonomo, talvolta si rimane a bocca aperta comunque per sprazzi di cinema molto elevato. Ozpetek ha forse tentato di condurre questa sua prerogativa all’eccellenza e il gusto di alcuni passaggi è un po’ forzato. Ciononostante nel complesso si rimane ancorati dal primo all’ultimo minuto alla narrazione e ai titolo di chiusura il concetto di grande film si stampa in testa.

    Anche per la virtuosità di alcune caratteristiche: il solito “ozpetekiano” ricorso alla “tribù” di amici che in modo corale fanno sentire “di casa” lo spettatore e gli restituiscono la vicinanza delle vicende. Sia la Smutniak (forse questo film sarà la base di lancio per una carriera davvero importante per l’attrice di origini ceche), che Arca, Scicchiatano, Francesco Scianna, la Ricci… tutti dimostrano di avere interiorizzato il copione e tutto avviene in modo genuino e convincente. Il toccante modo e la splendida sensibilità con cui il regista tratta il tema del cancro: vi è da dire che questa malattia non viene “sezionata in laboratorio” facendone una protagonista terribile e cinica, tutt’altro. Protagonista precipua si fa anzi la vita o meglio le esistenze dei ragazzi davanti alla pesantezza di questo demone chiamato tumore. E così, davanti al volto diafano della Smutniak sofferente si propagano battute divertentissime, situazioni grottesche. Insomma si ride, si piange, si piange ridendo e soprattutto si respira a pieni polmoni la poetica interessante e personale di un bravo artista come Ferzan Ozpetek.
    Un artista che qualche volta viene attaccato: chi lo accusa di essere mieloso, chi di strizzare l'occhio al pubblico, chi di essere artisticamente ossessionato dalla tematica omosessuale (presente anche in "Allacciate le cinture"). A mio avviso Ozpetek è sincero e questo già lo solleva dalle bocciature.

    Edited by Revu - 4/4/2014, 14:02
     
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    Bel reportage e bella esperienza sicuramente Mac, esperienza del genre io le invidio sempre soprattutto quando si può fare la conoscenza reale di un artista, che sia regista o attore, perchè forse dal vivo si colgono retroscena e sfumature invisibili altrimenti. Da quanto ho capito il film è riuscito anche se non perfetto, io di Ozpetek non ho visto molto, ho alternato visioni di pellicole che mi hanno convinto e altre meno, questa mi incuriosisce abbastanza :)
     
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    Ciao Dani, tra l'altro questa del Baff è un'esperienza che non finisce con quello che ho scritto ieri. E' un evento che continuerà ancora tutti i giorni per tutta questa settimana e io sarò presente in diverse occasioni. Darò notizia di tutto ciò sia sul mio blog che qui sul forum.

    Allacciate le cinture è un film che mi ha toccato e anche molto; probabilmente il fatto di vederlo in sala mi ha enfatizzato le emozioni, ma ti dico che, sebbene le due componenti qualche volta siano unite con un po' di forzature, nel complesso è un valido esempio di cinema che non può non colpire. E poi la Smutniak per me è stata una sorpresa stupenda, è autrice di una prova eccelsa.
    Ozpetek sul forum è stato molto criticato nel tempo; io l'ho sempre difeso e anche questa volta il suo film mi è piacito molto.
    :)


    INFO SUL BAFF - BUSTO ARSIZIO FILM FESTIVAL:

    Si rinnova la collaborazione tra il Baff e il Cineforum Marco Bruni Pensotti di Legnano. Anche quest'anno il festival del cinema di Busto Arsizio si apre infatti al territorio portando i film "made in Italy" nelle sale cinematografiche dell'Alto Milanese e del Varesotto. Dal 29 marzo al 5 aprile, sarà un continuo
    alternarsi di eventi, incontri con professionisti del settore e novità sulla settima arte.
    Giunto alla dodicesima edizione il B.A. Film Festival, sotto la nuova direzione artistica di Stefano Della Casa, il Baff continua a rappresentare «un piccolo ma combattivo festival che si svolge in una città che ama il cinema»: nella zona di Busto è infatti concentrato il più alto numero di Cineforum di tutta Italia a Busto Arsizio ED è attivo da anni l’Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni, scuola di eccellenza per la preparazione al lavoro del cinema, e opera anche una Film Commission che ha come scopo l’attrazione sul territorio di produzioni cinematografiche e televisive.

    IL BAFF FA TAPPA A LEGNANO
    Confermate anche per il 2014 due serate alla sala Ratti di corso Magenta, sede di uno dei cineforum più storici e frequentati della zona che fa della promozione del cinema di qualità un mast. Mercoledì 2 aprile alle 21, per la sezione "Made in Italy - La memoria del cinema" è in programma l'evento "ll Cinema alla Radio - Marcello Cesena racconta Profondo Rosso di Dario Argento".
    Giovedì 3 aprile alle 20.30, per la sezione "Baff Mondo - Made in Argentina" sarà proiettato Wakolda di Lucía Puenzo e Planta madre di Gianfranco Quattrini. In sala saranno presenti i protagonisti delle opere.

    UN FESTIVAL POP APERTO A TUTTI
    «L’imminenza dell’Expo 2015 - dichiara Stefano Della Casa - troverà nel BAFF un’attenzione strategica. Lo slogan “non di solo pane” che caratterizza l’edizione 2014 vuole essere un preciso contributo che sarà declinato in molti modi, perché la cultura è una componente importante del Made in Italy. Vogliamo fare del BAFF un festival pop, una “festa” aperta a tutti e non solo agli addetti ai lavori, un momento che coniughi approfondimento e piacere del film, divertimento e cultura e che sia vissuto dal pubblico come una manifestazione amica, piacevole e accogliente. Sarà un festival che vuole abbattere le barriere, e su una di queste abbiamo deciso di compiere un passo decisivo: la rassegna Made in Italy, asse portante della selezione di novità, presenterà insieme film per il cinema, fiction televisive, documentari, animazione e videoarte. In questo modo, il BAFF vuole dichiarare apertamente che ritiene superate le divisioni tra questi diversi modi di raccontare».

    CLAUDIA POTENZA, MADRINA DEL FESTIVAL
    Madrina del festival sarà quest’anno l’attrice Claudia Potenza, interprete di diverse produzioni italiane, tra cui Basilicata coast to coast e Una piccola impresa meridionale di Rocco Papaleo e Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek, in televisione nel 2011 è stata al fianco di Checco Zalone in Resto Umile World Show.

    CONCORSO MADE IN ITALY, OSPITI DA OZPETEK A PANNOFINO
    La sezione “Made in Italy”, asse portante della selezione con novità e anteprime, abbandona la consueta struttura di concorso per lungometraggi, per caratterizzarsi invece come un’ampia vetrina per opere filmiche e non solo, selezionate per il loro interesse artistico. “Made in Italy”, vedrà la partecipazione di nomi importanti che saranno protagonisti di proiezioni, incontri e Masterclass. Ad aprire il Festival e inaugurare la sezione sabato 29 marzo sarà un grande autore del cinema italiano, Ferzan Ozpetek, che incontrerà il pubblico per una chiacchierata sul cinema e introdurrà la proiezione del suo ultimo film Allacciate le cinture. Il regista Stefano Tummolini presenterà la sua opera seconda, il film L’estate sta finendo, una riflessione sul senso di responsabilità dei giovani d’oggi.
    Tra le anteprime, Il Pretore (uscita in sala: 3 aprile) di Giulio Base con Sarah Maestri, Francesco Pannofino ed Eliana Miglio. Saranno presenti in sala il regista Giulio Base e gli interpreti Francesco Pannofino (che il 2 aprile terrà una masterclass), Sarah Maestri e Mattia Zaccaro Garau. Il regista Antonio Morabito incontrerà il pubblico in occasione della proiezione del suo ultimo film Il venditore di medicine: con la partecipazione di Marco Travaglio, il film racconta lo scandalo del comparaggio in campo farmaceutico. E ancora, in anteprima il tv movie Una villa per due, di Fabrizio Costa con Giampaolo Morelli. Il film fa parte del ciclo Purchè finisca bene, cinque film per la tv prodotti da Pepito Produzioni, ed andrà in onda su Rai Uno. In sala a presentare il film ci saranno il regista Fabrizio Costa, l’interprete Giampaolo Morelli e il produttore Agostino Saccà. Da segnalare, tra gli eventi speciali, Elisabetta Sgarbi che presenterà al pubblico il suo ultimo film Racconti d’amore. Insieme a lei in sala ci saranno gli interpreti Antonio Laudadio, Ivana Pantaleo e Andrea Renzi.
    BAFF E SCUOLE
    - Centinaia di studenti in platea per assistere a una proiezione, pronti a confrontarsi, al termine, con autori, attori, sceneggiatori, direttori della fotografia, montatori e altri professionisti del mondo del cinema. Questa la collaudatissima formula di “Made in Italy – Scuole”, storica sezione del festival dalla dichiarata mission educativa, che propone ai ragazzi film particolarmente significativi del panorama cinematografico italiano contemporaneo. La rassegna, considerata dagli ospiti un’utile occasione per sondare gusti e umori del pubblico giovane, e avere un punto di vista spesso inconsueto sulla loro opera, è organizzata come concorso: agli studenti è assegnato il doppio ruolo di spettatori e giudici. Quest’anno, la fortunata formula, si arricchisce grazie alle Masterclass con nomi del calibro di Marcello Cesena e Francesco Pannofino.

    CINEMA DI ANIMAZIONE - Le “Giornate del cinema di animazione” all’interno del festival riprendono le storiche giornate dedicate al cinema di animazione internazionale organizzate a Busto Arsizio nei primi anni ’70. Le giornate, forti di questa importante tradizione, continuano a esplorare i mondi, le tecniche e i linguaggi del cinema di animazione, ospitando incontri con autori ed eventi/performance che “fotografano” lo scenario italiano e internazionale dell’animazione. Ospiti della XII edizione del BA Film Festival, il 30 marzo 2014 presso lo Spazio Festival (Piazza San Giovanni), dalle ore 16.00, saranno Enzo d’Alò ed Anna Laura Cantone con Maricla Affatato. Si inizierà con la premiazione del concorso rivolto alle scuole elementari: prendendo ispirazione dalla serie Pipì, Pupù e Rosmarina e dal titolo del BAFF 2014, “Non di solo pane”, gli alunni delle scuole primarie sono stati invitati a inventare nuove storie e avventure per i tre personaggi, di cui Enzo d'Alò sceglierà il testo vincitore. Seguirà la proiezione dello speciale TV di 22’ Pipì, Pupù e Rosmarina e Il Flauto Magico e un laboratorio creativo con l’artista Anna Laura Cantone, dal titolo “Disegna sulle ali della Fantasia”. L’evento sarà coordinato e presentato dall’autrice e produttrice Maricla Affatato.

    EFFETTO CINEMA - “Effetto cinema” è da sempre la sezione del festival dedicata al racconto del fare cinema. La de/tection di un universo esplorato attraverso doc, ritratti, backstage, making of, speciali, interviste, materiali inediti. La missione che ci si è dati negli anni è stata quella di costruire una memoria del cinema italiano che disvelasse storie, segreti, visioni, aneddoti. Tra i materiali che comporranno la
    sezione, sarà proiettato 1964 – il tuo anno, film realizzato con materiali d’archivio dell’Istituto Luce che racconta in una sequenza di “amarcord” i fatti più significativi della storia italiana e del mondo. In programma anche Tutte le storie di Piera, il docu-film su Piera Degli Esposti, in cui la straordinaria attrice si racconta, ripercorrendo i momenti salienti della sua vita e della sua lunga carriera cinematografica e teatrale. Le sue parole si alternano alle testimonianze di amici e colleghi: da Marco Bellocchio a Paolo Sorrentino, ai fratelli Taviani, passando per Lina Wertmuller e Tornatore. Sarà presente in sala il regista Peter Marcias.

    MEMORIA DEL CINEMA
    - “La memoria del Cinema”, una delle novità della dodicesima edizione del festival, prenderà ogni
    anno in considerazione uno o più film e li racconterà attraverso la testimonianza di personaggi del
    mondo dello spettacolo che a vario titolo vi hanno lavorato o che vi sono legati per motivi differenti. La sezione è realizzata in collaborazione con il programma culto di Radiotre Hollywood Party: gli incontri verranno registrati in forma audio per essere trasmessi all’interno del programma nella sezione “Il cinema alla radio” (Radio3), e filmati dagli studenti ICMA, con l’intento di realizzare video lezioni ad uso docenti del CUC (il coordinamento degli insegnamenti di Storia del Cinema), interessati a questa opportunità come attività integrativa dei loro corsi. La sezione quest’anno prevede la proiezione di film scelti e commentati dal vivo da Francesco De Gregori, Marcello Cesena e Giorgio Arlorio. Il primo appuntamento lunedì 31 marzo sarà con Francesco De Gregori che commenterà il film di Roman Polansky Rosemary’s Baby.

    GLI EROI DELLA CARTA STAMPATA
    - Ulteriore novità del B.A. Film Festival 2014, la sezione “Gli eroi della carta stampata” vuole essere un ricordo – e un omaggio – dedicato a grandi personalità del mondo del giornalismo e della critica cinematografica, firme prestigiose che hanno contribuito con i loro scritti a diffondere la cultura filmica e a stimolare, negli anni, un dibattito costruttivo. L’appuntamento, che diventerà fisso nelle prossime edizioni, prevede convegni, proiezioni e presentazioni di libri. La sezione inaugura con un ricordo di Tullio Kezich, critico illustre ma anche sceneggiatore, produttore, drammaturgo e saggista di vera eccellenza. Venerdì 4 aprile saranno proiettati I recuperanti di Ermanno Olmi, sceneggiato da Tullio Kezich insieme a Rigoni Stern, e Noi che abbiamo fatto la dolce vita, diario sugli uomini e le donne che fecero La dolce vita, il "film che non sarebbe dovuto finire mai", firmato dal critico e amico di Fellini, Tullio Kezich, e dal grande documentarista Gianfranco Mingozzi. Seguirà un incontro con Alessandra Levantesi e Maurizio Porro.
    La serata di chiusura sarà una grande festa, con tanti ospiti a sorpresa che saranno annunciati durante il festival. L'ingresso a tutti gli eventi pomeridiani e serali è gratuito. Per tutte le infomrazioni sul programma c'è il nuovo sito www.baff2014.it.
     
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    Francesco Pannofino e il direttore dell'Icma di Busto Arsizio

    “Cimentatevi! Fate anche testi e spettacoli di merda ma andate il più possibile sul palcoscenico, che dev’essere la vostra palestra”.
    Con queste parole l’attore e doppiatore Francesco Pannofino ha scaldato gli animi dei ragazzi al Busto Arsizio film festival. Un vero e proprio show il suo:noto in patria per varie scorribande nell’universo cinematografico tra cui il prestare la voce a Mr.George Clooney e il ruolo da protagonista nella serie tv
    “Boris”, ha incontrato gli studenti dell’Icma, Istituto cinematografico “Michelangelo Antonioni”, nel pomeriggio di mercoledì 2 aprile. A moderare l’incontro, cui ha partecipato anche il giovane attore romano Mattia Zàccaro Garau, ci ha pensato il direttore dell’istituto Andrea W.Castellanza. Pannofino non
    solo è apparso in formissima, ma ha dimostrato di trovare in una platea di studenti humus perfetto in cui far fermentare la sua vulcanica vèrve. Pannofino ha stoffa e personalità da vendere, da l’idea di essere a suo agio davanti a chiunque e quale migliore interlocutore di un gruppo di wanna be registi e attori in fregola per il mondo del cinema?

    Solo forma? Macché. Pannofino ha consigliato i ragazzi senza lesinare racconti personali di passato e presente, svelando loro alcuni trucchi ma sempre con “istrionica umiltà”. Umiltà perché non voleva detenere la verità in tasca; istrionica perché non sarebbe stato Pannofino se non si fosse divertito a prendere in giro un po’ tutti e se stesso in primis con simpatico e irriverente spirito invettivo.
    L’attore ha presentato l’ultimo film cui ha partecipato: “Il pretore”, regia di Giulio Base, una vicenda tragicomica giratatra l’alto milanese e Luino e in cui lo stesso veste i panni di un essere (umano?) perfido, grottesco, laido e senza scrupolo alcuno. Zàccaro Garau è nel cast e si è raccontato con gentilezza e serenità mettendosi sullo stesso piano dei giovani in formazione. Questi ultimi hanno incalzato gli ospiti con domande, punti di vista in un clima decisamente “da caserma” in cui turpiloquio e (sanissima) volgarità hanno incorniciato e al contempo sostanziato i concetti rafforzandoli.
    Ecco grosso modo come si è snodato il dialogo con Pannofino e Zàccaro Garau.
    Francesco Pannofino e Mattia Zàccaro Garau con gli studenti
    Pannofino: siamo qui per parlarvi de “Il pretore” ma anche di molto altro; mi piace incontrare gli studenti, mi diverto sempre, c’è aria di fermento e voglia di fare, questo è stupendo. Avevamo un budget molto basso e, nonostante ciò, le locations delle vostre zone ci hanno dato una grossa mano. Avere posti meravigliosi o comunque piacevoli crea la giusta atmosfera sia sul set che nel risultato finale. Anche attori mediocri possono diventare molto bravi grazie al giusto clima dei luoghi mediato dagli autori.
    Non ti regala niente nessuno! Non ricordo una sola esperienza di lavoro nella mia carriera in cui ho ottenuto successo senza sbattimento. Più si fatica e meglio è, il pubblico detesta l’attore tirchio. Occorre anche essere dotati di sensibilità e cercare di trasmettere qualcosa: “Il pretore” ad esempio è un uomo schifoso, pieno di cose negative; alla fine però il pubblico lo trova simpatico, almeno questa è la mia speranza visto che lo recito io.
    Zàccaro Garau: chi vuole fare l’attore deve sentire una voce, una spinta interiore; è un mestiere difficile, io poi non so nemmeno se definirmi attore, ho solo 25 anni e insegno all’università, non è che abbia poi partecipato a molti film. Però mi sento di dirvi che questa spinta dentro vi deve fare superare critiche e persone che cercheranno di farvi cambiare idea. Vi racconto come ho iniziato, senz’altro è curioso: io, romano, studiavo economia alla Bocconi di Milano; proprio mentre riflettevo che quello non lo sentivo il mio mondo, stavo in un bar e il regista Luca Guadagnino mi noto proponendomi direttamente di fare un suo film. Ecco allora che secondo me bisogna sempre tenersi aperta un finestra al di là della strada “ufficiale” che si è intrapresa.
    Pannofino: Quello che è successo a Mattia è come “rimanere incinta della spirito santo”; una volta sola succede! Conviene di più impegnarsi: anche se sei stato chiamato a dire una sola breve battuta, devi dirla al massimo delle tue possibilità e non fare perdere tempo alla produzione, che è la cosa più importante perché il tempo è denaro nel cinema.
    Un talento prima o poi viene scoperto; non abbattetevi al primo ostacolo e guardatevi dentro per ascoltare quella voce di cui parlava Mattia. E’ anche vero che uno dev’essere onesto con se stesso: se i rifiuti e gli insuccessi sono uno, due, tre, dieci e non si riesce davvero, allora potrebbe essere utile riciclarsi in un altro ambito dello spettacolo. Vi faccio un esempio su tutti: Pietro Valsecchi, prima di diventare il produttore di grande successo di ora, faceva l’attore. Beh credetemi era un cane, lo prendevamo per il culo nelle cene, non sapeva mettere insieme una frase in modo credibile. Io glielo dicevo anche che non era cosa per lui e per anni lo persi di vista. Quando lo rividi, era vestito benissimo, tutto elegante e, prendendomi per il culo, mi disse da lontano: “Pannofino, ancora l’attore stai a fare?”. Mannaggia a lui, era diventato il Pietro Valsecchi che conosciamo tutti dopo avere avuto l’intelligenza di mettersi in gioco in un altro modo.
    Non ho frequentato scuole per il doppiaggio, ma appartengo a un’altra generazione; molti di noi allora non studiarono eppure diventarono qualcuno. Adesso dovete impegnarvi nelle scuole, sono decisive anche perché la concorrenza per voi è più alta. Nella scelta guardate sempre chi sono gli insegnanti, se è qualcuno di conosciuto e titolato; ricordate che alcuni vogliono solo fottervi i soldi.Era la fine degli anni ’70, di lì a poco sarebbe partita la tv commerciale di berlusconiana memoria; che ci crediate o no, i primi soldini li feci con il doppiaggio dei film hard. Ricordo che andavo il sabato mattina e mi davano 30 mila lire, così nel week end potevo portare fuori qualche ragazza. I dialoghi erano qualcosa di imbarazzante soprattutto quando dovevi guardare in faccia la doppiatrice femmina; parole inutili che preparavano la… Scopata, no? Mica vi devo insegnare niente a voi… L’amplesso poi prevedeva quello che si chiamava in gergo “la sezione fiati”, che era una rottura de cojoni pazzesca con tutti quei gridolini e quei godimenti falsi! Per fortuna poi hanno scelto la presa diretta.
    Quando ho cominciato non mi cagava nessuno, ma quelle sono tra le esperienza più belle della mia vita. Sapete quanti spettacoli ho fatto nelle scuole? Spettacoli… Oddio, sarebbe meglio dire che io recitavo e molti studenti se ne andavano a infrattarsi e limonare in fondo all’aula. Non avete idea di quanti “che palle”!
    Io sono per il fatto che il doppiatore si adegui all’originale del film su cui deve lavorare dando la stessa resa in italiano; non tutti la pensano così ma questa è la etica professionale.
    Il culo non va mai buttato al vento.
    Zàccaro Garau: Il culo o ce l’hai o te lo fanno.
    Pannofino: Volendo, il culo si può anche dare, ma questo è un altro discorso.
    Zàccaro Garau: come vi dicevo, ho partecipato a “Io sono l’amore” di Luca Guadagnino. Le difficoltà per me furono enormi: stavo con un premio Oscar, Tilda Swinton, con Alba Rohrwacher e una serie di grandi attori. Mi chiedevo tutti i giorni che cavolo ci facevo io lì in mezzo anche perché ognuno di loro mi dava consigli diversi. Una tensione del genere non so se la proverò più in vita mia… Eppure, quando si accendeva la macchina da presa, mi sentivo bene. Ecco, questo vorrei dirvi: la tecnica è importante ma ancora più importante è trovarsi bene in quello che si fa, essere a proprio agio. Quando unisci queste due componenti, allora è la strada giusta e questo vale per qualsiasi tipo di lavoro.
    Pannofino: Su “Boris” credo che l’intuizione geniale degli autori abbia pagato. Era dimostrare che in Italia c’è un livello di cialtroneria altissima e che lì in mezzo nascono creatività e successo. La cosa fantastica e nello stesso tempo triste che in tutti gli ambienti di lavoro funziona così. E’ uno spaccato, una metafora di quello che sono gli italiani. Mi hanno avvisato che scriveranno la quarta serie.


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    Da sx Giulio Base, Sarah Maestri, Francesco Pannofino, Eliana Miglio, Mattia Zàccaro, Carlo Garau, Carlo Giuseppe Gabardini

    Nel tardo pomeriggio di mercoledì 2 aprile il regista Giulio Base e parte del cast si sono presentati allo spazio festival di piazza San Giovanni per incontrare i giornalisti e abbracciare l'affetto dei fans.

    Tutti sono sembrati sì concentrati sulla parte promozionale del lavoro (alla sera alle 21 a Varese vi è stata la proiezione in anteprima della pellicola), ma anche ben disponibili a

    interloquire con i presenti. Simpatico Base, che si è divertito a scherzare con Carlo Giuseppe Gabardini (il noto Olmo di "Camera cafè" per il look non certo da "elegante festival" di quest'ultimo.

    Gabardini si è lasciato scappare: "Se mia mamma vede che non ho la giacca, mi incula!".

    Base è stato accompagnato per un veloce giro nella piazza dallo staff di Baff e ha attestato il suo gradimento per l'urbanistica del centro di Busto Arsizio. Il gruppo è sembrato sorridente, affabile e informale; le due donne, Sarah Maestri ed Eliana Miglio, un po' più attente all'etichetta, ma simpatiche.

    Non posso rivelare per decenza ed etica giornalistica quello che mi ha detto a piena voce Olmo Gabardini mentre mi ha firmato l'autografo per la mia ragazza. Ovviamente dico questo con estrema simpatia perché è stato gentilissimo e troppo simpatico e fuori dagli schemi.

    Edited by macina - 3/4/2014, 11:07
     
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    Il regista Peter Marcias

    Se c'è un aspetto che gradisco del Baff è il contatto diretto con gli autori; al di là dei grandi nomi che si concedono spesso solamente in conferenza stampa per i giornalisti, vi è spesso la possibilità da parte di chiunque di interloquire con gli artisti e i professionisti del cinema fra autografi, uno scambio di battute. Il tutto viene incorniciato da un clima informale che idealmente restituisce il cinema alla gente comune e riagguanta
    quella destinazione iniziale della settima arte che partiva dall'uomo della strada per esprimere punti di vista ed emozioni.
    E allora succede che, facendo due parole con il direttore artistico Steve Della Casa, io gli comunichi che mi farebbe piacere intervistare il regista Peter Marcias, di cui non conosco moltissimo a livello artistico ma la cui poetica mi intriga oltremodo. Steve, con il suo solito stile amichevole e senza filtri particolari, mi indica lo stesso Peter che se ne sta comodo su un divano poco distante.

    Le righe che seguono sono il frutto della chiacchierata con lui, che ringrazio non solo per la possibilità ma soprattutto perché nei suoi occhi luminosi ho letto la verace passione cinematografica al di là di calcoli, impostazioni preconcettuali.

    "Tutte le storie di Piera" è un ritratto, non esattamente un documentario, che riguarda la grandissima attrice Piera Degli Esposti, delineata da personaggi importanti del cinema che hanno lavorato con lei. Ho scelto alcuni dei più grandi registi italiani come Nanni Moretti, Lina Wertmuller, fratelli Taviani o Marco Bellocchio. Ne è uscita una descrizione di una donna a tutto tondo, che la ha saputo sfuggire da una situazione difficile a livello famigliare ed entrare nel cinema con piccoli ruoli che le hanno dato popolarità e rispetto da parte di pubblico e critica.

    Io conobbi Piera sul set del mio film "I bambini della sua vita"; da lì c'è stata passione, stima e affetto reciproci e in quel modo è maturata la mia scelta di fare un film su di lei.

    Vengo colpito da fatti di tuti i giorni. Nel mio primo film "Un attimo sospesi" riflettevo sulle ansie e le paure della guerra e delle manifestazioni a Roma. "I bambini della sua vita" racconta una situazione delicata fra chiesa, omosessualità, passioni e disagi famigliari. "Dimmi che destino avrò" parla di rom in Italia e sta ancora avando successo anche a livello internazionale; l'attrice protagonista è albanese, Luli Bitri, ed è stata premiata proprio qui al Baff lo scorso anno.

    Ho visto i vari film di Vittorio De Seta, che è un vero e proprio maestro. "Banditi a Orgosolo" ovviamente lo apprezzo molto ed è il classico esempio di un film sardo fatto da un non sardo. A me non interessa tanto il cinema di indagine antropologica, al contempo ho molta cosiderazione per quelli che riescono a farlo. Io ho avuto la fortuna di andare via dalla Sanrdegna e di tornarci spesso e girarci film; adesso ho uno sguardo tutto mio verso la mia terra, posso parlarne osservadola dall'esterno. E' come se io, sardo, non parlassi di Sardegna ma allo stesso tempo ne parlassi; questo non so se sia un bene o un male e, come ho detto, ho davvero stima per chi è in grado di realizzare opere permeate di territorio. La nostra Regione è interessantissima per il paesaggio, offre tutto; oggi però girare in Sardegna ha costi enormi anche perché non ci devono girare solo i sardi.

    Io adesso dal 2000 vivo a Roma, scendo tantissimo in terra natìa, a Roma ho dialoghi con i professionisti, è un polo che attrae un po' tutto il mondo e ti fa sentire in un'altra dimensione. Non pensare però che a Roma, appena esci di casa, hai un'opportunità di fare cinema.

    In Italia abbiamo una situazione imbarazzante per il cinema e l'arte in genere; sono tantissime le difficoltà di arrivare a produzioni in dvd soprattutto per un cinema studiato. I produttori, lo capisco, fanno il loro lavoro e spesso non rischiano. Grazie a dio io sono stato fortunato con la distruzione, tutti i miei film sono usciti in dvd e "Dimmi che destino avrò" l'ha prodotto Gianluca Arcopinto, uno dei più importanti per il cinema indipendente di un certo tipo. Alcuni colleghi però non riescono ad avere questa fortuna; a loro consiglio di partecipare il più possibile ai numerosi festival che ci sono in giro, è un modo per farsi conoscere e respirare cinema. Io sono attentissimo e cerco di essere presente il più possibile, siamo noi i primi a doverci far vedere. Il pubblico va anche educato e un modo importante è appunto quello di fare il primo passo.

    Certe cose bisogna sentirle: non è questione di compromessi in un futuro darsi a un tipo di cinema più commerciali. Per come la vedo io è una questione di sinerità con se stessi; è meglio evitare quando un progetto non ti convince, nuoci a te e alla produzione. E' una riflessione intellettuale prima ancora che monetaria.


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    MERCOLEDI' 2 APRILE ORE 21 AL CINEMA MANZONI DI BUSTO ARSIZIO

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    La sala del cinema Manzoni di Busto Arsizio non era piena, eppure si respirava il soffio degli eventi raccolti e discreti, quelli che non gridano ma sussurrano bellezza. Così come la vita e la carriera dell’attrice teatrale e cinematografica Piera Degli Esposti, raccontata in punta di piedi ma con cognizione di causa dal regista sardo trapiantato a Roma Peter Marcias nel film “Tutte le storie di Piera”.
    E di storie, “cose”, Piera ne ha molte da raccontare, lei attrice in grado di emozionare e toccare il cuore con
    vari registri, con il sorriso di quelli che hanno qualcosa da dire, con nel volto scolpita una storia, lei in grado di ritagliarsi piccoli ruoli nel piccolo schermo ma “pesanti” nel loro conficcarsi nelle vene dello spettatore. Moretti, Taviani, Bellocchio, Tornatore: questi e altri inossidabili registi del cinema italico, qui presenti ad esprimersi, hanno fotografato tale bellezza consegnando ai posteri una vèrve, quella di Piera, in grado di scardinare la schiavitù del tempo.
    Sfido chiunque abbia un briciolo di sensibilità a non riconoscere in quello sguardo qualcosa di magico, particolare, sofferente ma al contempo gaudente, forte come un tuono ma anche delicato e fragile. Tali virtuose antinomie emergono tutte nel film di Marcias, il quale compie in primis un atto di gentilezza nel non dare in pasto al pubblico nulla. Piera viene consegnata per quello che è, nel bene e nel male, senza esagerazioni e ammiccamenti; anche la storia famigliare non facile e il rapporto con la madre non sono strumentalizzati ma divengono base propulsiva per delineare il presente e la cifra artistica dell’attrice. Un’attrice, una donna che ha saputo superare quelle esperienze facendole tesoro, un ideale superamento del dolore mutandolo in piacere, virtù, creatività.
    La voce narrante della stessa Piera racconta, centellina ricordi, momenti, attimi, sensazioni; Marcias non entra in partita con la sua di voce, lascia parlare immagini rendendole eloquenti, e lascia parlare appunto l’attrice facendo in modo che lei stessa divenga giusta protagonista e non “vittima” analizzata in un documentario. Talvolta in questa forma cinematografica fatti, persone e accadimenti si fanno quasi “topi da laboratorio”, una sorta di vivisezione storica che in alcuni imbarazzanti casi attiene al non rispetto e alla falsificazione parziale della realtà. Qui Marcias delizia in punta di fioretto, enuclea le propaggini emozionali di Piera, legge negli occhi dei grandi registi la stima verso di lei, elargisce null’altro che verità da inoculare a chi guarda piano piano. Non per nulla la Degli Esposti ha apprezzato a tal punto l’opera da sviluppare con il sodale Marcias una serie di appuntamenti un po’ in tutta Italia per presentarla.
    E poi un altro merito: non viene qui fatta una sorta di agiografia di Piera, non viene incensata oltremodo ma semplicemente presentata ivi compresa anche la relazione con Marco Ferreri.
    Esempio mirabile di dedizione totale all’arte, di particolare pregio è laddove si spiega il suo “crearsi personalmente un piccolo film nel film ufficiale”. Pare infatti che il suo attaccamento alla causa e la sua sensibilità fossero tali da farle ingrandire interiormente il suo personaggio, sebbene piccolo e non fondamentale, rendendolo dotato di tanta vita e significato.
    Il pubblico del Baff, dopo la presentazione dello stesso Marcias e del critico cinematografico Laura Delli Colli, ha ascoltato la voce teatrale e ammaliante di Piera per tutta la durata.
    A Piera Degli Esposti viene conferito il Premio "Maria Adriana Prolo 2013" alla carriera.

    Una preziosa esperienza. Grazie a Peter Marcias.

    Edited by macina - 3/4/2014, 11:40
     
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    Luci e ombre per questa pellicola argentina proiettata al Baff in anteprima mondiale. In una sala sorprendente popolata del cinema Ratti di Legnano i due produttori Rossana Seregni e Sandro Frezza hanno presentato al pubblico “Planta madre”, episodio filmico argentino diretto dal regista Gianfranco Quattrini. Girato fra Argentina, Perù e montato in Italia da nente meno che dalla montatrice di Bernando Bertolucci Gabriella
    Cristiani, si tratta di una storia di redenzione, di riavvicinamento alla proprie radici, di rock’n’roll, musica a tutto spiano, anni ’70, sostante lisergiche.
    Il dramma vissuto dal protagonista, il quale ha perso in giovane età il fratello musicista, lo riporta a ricontrare dopo vent’anni persone e luoghi del suo passato per cercare nelle braccia di uno stregone la risoluzione dei suoi problemi.
    Sulla carta il plot parrebbe interessante e già al cinefilo appassionato e incallito vengono in mente altre prelibate pellicole in cui il come back alle radici di un’esistenza permette plurimi ragionamenti ed emozioni. Peccato che qui non si respiri l’aria delle grandi opere: quello che manca più di ogni altra componente è una sceneggiatura degna di tal nome. La storia si arrotola su sé stessa senza esaudire non solo le premesse iniziali ma mettendo sul piatto varie suggestioni privando ciascuna di essere di uno svolgimento avvincente perfino razionale.
    Colpisce in senso buono la capacità visuale di Quattrini e il gusto nel far rivivere certo “figliodeifioreismo” anni ’60-’70; vi è una scena in particolare in cui i membri del gruppo (di cui fanno parte i due fratelli al centro della vicende) siedono a terra suonando strumenti particolari. Un occhio attento non avrà tardato ad equiparare l’immagine a certe copertine di space rock come Jethro Tull e simili. Anche le locations portano acqua al mulino del progetto con la navigazione della zattera nelle lande acquose amazzoniche e quell’atmosfera unica che si respira in pertugi del globo tanto affascinanti. Di pregevole nerbo anche il retrogusto della movida-vida loca latina che, unita alla musica esaltante e ai colori sgargianti dei vestiti, catapulta lo spettatore in un clima famigliare e sereno.
    Per il resto vi poco di cui essere fieri. Accanto a discrete recitazioni, non spicca nessuno dei personaggi per peso drammaturgico e davvero le vicende paiono costantemente giungere a un punto morto.
    L’elemento che maggiormente delude e lo svilimento del viaggio interiore del protagonista dipanato in un ideale asse temporale passato-presente. Non si viene a sapere moltissimo e quel poco rimane in superficie senza graffiare e lasciare davvero una traccia nello spettatore.
     
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    Sarebbe interessante domandare in questo momento storico a cento persone cosa si intende per “comparaggio”. A naso neanche un quinto saprebbe enunciare con esattezza di cosa trattasi e io stesso, benché conoscessi alla grossa gli intrallazzi di cui parla il film in oggetto, non li legavo a tale vocabolo.
    L’indotto illegale intorno alla sanità, il lucro sulle spalle dei malati, i cadeaux elargiti ai medici soprattutto di base per far “girare” il più possibile questo o quel farmaco. Di questo e di una storia umana a ciò connesso
    parla l’ultimo film del regista Antonio Morabito, il quale, verbalizzando per corpo e bocca di Claudio Santamaria, vuole raccontare una vicenda di corruzione descrivendo le pieghe malate di questo sistema di cose.
    Il film, secondo capitolo del giovane cineasta che anni fa esordì con “Cecilia”, è stato presentato per il Baff nella serata di venerdì 4 aprile al cinema Lux di Busto Arsizio con la presenza in fase introduttiva dello stesso Morabito e del produttore, il conosciuto Amedeo Pagani, il quale ha contribuito alla stesura della sceneggiatura e offre un breve cammeo. I due davanti al numerosissimo pubblico stipato in un cinema stipato in ogni ordine di posto, sono sembrati molto seriamente coinvolti nel progetto e appassionati alla causa.
    La stessa “durezza” mostrata sul palco emerge a rotta di collo in una pellicola aspra, che non intende strizzare l’occhio allo spettatore e che, se da un lato prende le distanze da certo cinema militante di qualche decennio fa, offre l’indubbio merito di informare su un universo appunto poco conosciuto alla gente. Molti utenti infatti non si pongono il problema, ma non occorre aver conseguito una laurea in medicina per rendersi conto del mastodontico profluvio di farmaci e del loro moltiplicarsi in marche e modelli anche per sanare la stessa patologia.
    Santamaria è dunque Bruno, informatore farmaceutico che opera in una nota azienda diretta da personaggi senza scrupoli che delegano a Giorgia (giocata da Isabella Ferrari), capo squadra cinica e spietata, la rincorsa impetuosa al profitto a tutti i costi anche tagliando le teste dei dipendenti. Il nostro si dibatte pertanto fra uno studio medico e l’altro cercando di convincere i vari dottori a prendere quel farmaco e prescriverlo il più possibile. In ogni occasione porta con sé regalie, benefit e vantaggi da attribuire agli stessi medici (il comparaggio, appunto).
    Santamaria si muove con il passo sicuro e arrembante dei grandi attori in un sottomondo purulento alla radice poiché la necrosi morale ha perforato la cultura; l’abiezione di informatori e dottori diventa dunque pratica quotidiana consolidata e si consumano battute ciniche ai danni delle persone, menefreghismi inaccettabili.
    Proprio nel non voler essere una trattazione documentale di un fenomeno ma nel voler narrare le vicende di un uomo il film trova un elemento ostativo. La parte umana del protagonista viene soltanto accennata quasi che lui stesso rappresenti un soldatino lanciato verso la difesa di una causa più generale. Si parla sì del rapporto di Bruno con la fidanzata, lo si vede inghiottire varie pastiglie ma non veniamo a sapere molto altro di lui. Un minutaggio leggermente più lungo e un’attenzione più “sensibile” verso la sua vicenda umana a parere di chi scrive non avrebbe guastato.
    Al contempo Morabito trova proprio in questa “spietatezza drammaturgica” la sua virtù nell’incedere come un carro armato verso l’obbiettivo. La fotografia oscura delinea la cinerea cornice in cui questi automi odierni, pervasi fino al midollo dell’istinto di lucrare e spogliati di unicità e sentimenti, agiscono tremebondi nell’ombra del sistema valoriale e societario.
    E i critici che parlano bene direbbero che questo è un film “necessario”, quanto mai giusto anche in ragione del mondo lavorativo che oggi ragazzi e meno ragazzi si ritrovano a cavalcare. Santamaria infatti, per stare a galla in un’azienda competitiva e anfetaminizzata, si macchia di crimini morali e materiali. Che cosa si fa oggi pur di lavorare? In fondo ci provava gusto a fare così?
    In tal senso “Il venditore di medicine” risulta un film onesto e vissuto, bello e a tratti molto bello nel prendere per la collottola lo spettatore e sbattergli in piena faccia una situazione. Situazione tra l’altro da cui nessuno si può permettere il lusso di tirarsi fuori poiché il ricorso alla farmacologia è pratica che tanto o poco si fa necessaria nell’arco di ogni vita. La spontaneità delle recitazioni, non solo del bravissimo Santamaria (presente nel 95% delle scene) e della Ferrari ma anche degli attori collaterali, va appunto in questa direzione: fidelizzare lo spettatore verso una causa eminentemente “umana” su cui è stato fatto troppo silenzio.
    Cammeo di Marco Travaglio nei (credibili) panni di Malinverni, un "pesce grosso" della medicina.
    Da sottolineare per chi non lo sapesse che il comparaggio è previsto reato nel nostro ordinamento giuridico.
     
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    Correva chissà quale anno del mio percorso di vita e incocciai "L'odore della notte", un film il cui dvd lo comprai in edicola. Rapito dalla presenza di Valerio Mastandrea, della cui verace caratura artistica sono perenne sponsor, vidi qualcosa che mi rimase conficcato nel cervello e nel cuore. Mi affezionai al regista Claudio Caligari (di cui poi vidi anche il primo e meraviglioso "Amore tossico", che inervistai due volte, e divenni nel tempo amico dell'attore Emanuel Bevilacqua) e ho riveduto il tutto per diverse volte imparandolo
    praticamente a memoria. Ebbene negli extra Mastandrea diceva che a suo parere l'altro protagonista della storia, Marco Giallini, sarebbe diventato un grande attore. Lì per lì rimasi sulle mie giacché, pur avendo apprezzato grandemente la prova di questo attore, ritenevo il parere di Valerio una mera gentilezza. Per fortuna mi sbagliavo e nel tempo tutti noi abbiamo visto la carriera di Giallini crescere, le sue partecipazioni ai film farsi "di peso", la sua bravura aumentare sempre di più. Negli ultimi anni, grazie soprattuttto alla parteciazione nel ruolo del Teribbile nella fortunata (e stupenda) serie tv "Romanzo criminale" e ai lavori svolti con Carlo Verdone, l'attore romano ha svoltato in modo definitivo.
    Nell'ultima giornata del Busto Arsizio film festival vi era in calendario a metà pomeriggio di sabato 5 aprile un incontro con il pubblico alla Spazio festival proprio con Marco Giallini. L'evento molto atteso ha radunato un buon numero di curiosi, che si sono assiepati già una mezz'ora prima del suo arrivo congestionando lo spazio predisposto dall'organizzazione. La gente ha imparato ad amarlo a riconoscerlo e la stessa gente presente non poteva saperlo che di lì a poco l'avrebbe amato anche come persona. Sì perché, già dal suo arrivo, il "Giallo" pare subito rilassato e molto ben disposto all'abbraccio dei fans. Uscendo dalla macchina, non fa il divo e colpisce subito il look "scazzato" e ben poco attinente al rigido protocollo di un festival di cinema. Jeans sdruciti, maglietta "da cciòvane", felpa aperta sul davanti... Una sorta di motociclista simpatico e non per niente il Giallo ha subito dimostrato la sua nota passione per le due ruote facendosi immortalare dai fotografi su una prestante moto arancione messa lì per l'occasione. Per niente di fretta e sospinto dai membri dell'organizzazione a guadagnare la postazione per l'incontro ufficiale, il Giallo di incontro ne ha voluto fare uno suo accettando l'affetto della gente fuori con autografi, foto, sorrisi e battute in romano secco.
    Un anti-divo, un uomo che, evidentemente giunto al successo e conscio di essersi abituato alle grandi platee, non ha dimenticato le radici e si fa portatore di una freschezza, di una genuinità autentica, non costruita, reale. Quanti attori e personaggi del mondo dell'arte costruiscono a tavolino un'immagine da "bravo ragazzo ancora del popolo"? Tanti. Ma quanti effettivamente hanno ancora si sentono DAVVERO parte di quel popolo? A mio avviso non molti. Probabilmente dunque tale attitudine li consegna alle persone, il cui consenso è merce preziosa e colonia da acquisire, come falsamente vicine a loro nello spirito. Il Giallo non da l'idea di far parte di quest'ultima categoria.
    Carisma, volto con una storia scolpita all'interno, capacità di calamitare l'attenzione del pubblico con un solo
    piccolo gesto. Questo è essere attori! E per giunta il Giallo da l'idea di fare tutto ciò in modo naturale.
    E allora nelle sue parole passato e presente si abbracciano in modo mirabile.


    Non dimentico certo i tempi in cui facevo l'operaio; momenti che mi hanno insegnato cos'è la vita vera, quella di chi veramente si guadagna con il sudore della fronte da vivere. Poi notai che con il cinema facevo più soldi (ride)... Ma quelle persone con cui lavoravo anche oggi mi riconoscono e io riconosco in loro una parte importante di quello che ero.

    Sono qui per cosa? Ah già anche per presentare "Tutta colpa di Freud" (ride). Beh un gran bel film di Miniero di cui sono molto orgoglioso. Mi hanno invecchiato, mi hanno reso più intelligente di quello che sono (ride), ho recitato con bravissimi attori. Andate a vederlo, non è il solito spot paraculo (ride), ho creduto nel progetto, non lo avrei mai fatto altrimenti.

    Direi che il trittico che mi ha reso più conosciuto fu "Romanzo criminale", "Io loro e Lara" e "Posti in piedi in paradiso", esperienze meravigliose. Con il ruolo del Teribbile ho cominciato davvero a vedere la differenza di popolarità, pensate che una volta anche a Barcellona mi hanno chiamato così. Perché "Romanzo criminale" ha goduto di quel grande successo? Ma perché se lo meritava, era fatta benissimo, Sollima curò nel dettaglio ogni particolare facendo insieme alla troupe un lavoro pazzesco di rifacimento esatto delle locations e dei sapori del tempo trattato. E poi di quei criminali lo spettatore poteva innamorarsi, magari loro facevano quello che lui avrebbe voluto fare per godersi di più la vita.

    Carlo Verdone: beh gli devo molto, anzi moltissimo tanto che oggi lo considero una specie di fratello maggiore. Fu lui a mandare un suo collaboratore per convincermi a incontrarlo; aveva volto nel mio personaggio del Teribbile delle inflessioni, dei momenti, dei gesti che a suo dire potevano diventare comici. Sul momento pensai che Carlo si era bevuto il cervello (ride), che l'età stava avanzando anche per lui. Io comico? Ero conosciuto come attore drammatico, la mia faccia è drammatica (ride). Eppure mi stimolò la cosa e vennero fuori i due film con lui con addirittura la nomination come migliore attore protagonista ai David di Donatello. Grazie davvero a Carlo, mi hai reinventato.

    Io sono un grande amante, lo sono stato e lo sono ancora, dei noir e dei drammatici europei e soprattutto francesi degli anni '60. E poi ho apprezzato moltissimo il poliziesco italiano di gente come Di Leo, Lenzi e di questi immensi, e ripeto immensi artigiani di cui dovremmo tutti andare orgogliosi. Anche perché è tipico di questo Paese: se Tarantino o qualche altro regista del genere li reinterpreta a suo modo, allora ci ricordiamo che esistono.

    L'odore della notte: ho ricordo bellissimi di quel film; era la fine degli anni '90 e non avevo ancora fatto moltissimo al cinema. Furono anni intensi e indescrivibili e il teatro aveva coinciso con i veri inizi in questo mestiere. Conoscevo bene Valerio Mastandrea, una persona con cui mi trovai subito a mio agio, probabilmente abbiamo un modo simile di sentire la romanità e la vita in genere. Tramite lui fui coinvolto in questo progetto del regista Claudio Caligari, che saluto; c'era da fare la parte di quattro disgraziati residenti nelle borgate estreme della periferia romana che cercavano di sbarcare il lunario con le rapine ai ricchi. La banda dell'arancia meccanica mi pare fosse il nome del gruppo; c'era il grande Giorgio Tirabassi e poi un giovane ragazzo di Ostia, Emanuel Bevilacqua, uno con una faccia pazzesca e perfetta per quel ruolo. Saluto anche lui, ne ho un bel ricordo. Mitica la partecipazione di Little Tony; alcuni si ricordano ancora me che gli punto la pistola addosso e gli dico di cantare cuore matto con la frase finale: "A Little, che fa, me stoni?" (ride). Un film che andrebbe rivalutato, di un bravo regista e che purtroppo non ebbe molta fortuna. Un ricordo che fa troppo ridere è il cast del film a Cannes in mezzo al mondo del cinema che conta; non ci potevamo credere! Eravamo quattro pischelli agitati in mezzo a Melanie Griffith e altre mille celebrità. Mastandrea (ride di gusto) faceva tajà troppo (faceva ridere troppo); se ne andava a presentarsi ai big dando loro la mano con la Gazzatta dello sport che usciva fuori dalla tasca dei pantaloni.

    L'ultimo capodanno. Quando seppi che potevo lavorare con un grande come Marco Risi, mi sentii al settimo
    cielo. E pensate che roba: uno dei primi ruoli della mia carriera, dovevo fare il fidanzato di una come Monica Bellucci e per giunta un fidanzato che la tradiva. "Quanno me ricapita nella vita reale?!" pensai subito (ride). Fantastica la scena in cui la prima volta che mi presentarono Monica mi fecero entrare in una stanza e lei stava a seno nudo. Beh non dissi niente ma mi tenni la visione per l'immaginazione (ride di gusto).

    Il teatro: i miei inizi. Di quei tempi ricordo l'affetto e le risate degli amici che mi prendevano per il culo per la nuova vita. Io stesso non capivo assolutamente che stavo facendo (ride di gusto), mi sentivo ridicolo a volte, eppure sentivo che stavo facendo cose giuste. A teatro stavano in prima fila, li ricordo con grande affetto dal primo all'ultimo; avevano lavorato 8 o 10 ore durante la giornate e si addormentavano sempre. Ma, regolarmente all'applauso si ridestavano e allora già di consenso con "Bravo, Giallì! Quello è amico mio!".

    Se vi devo dire la verità, io non so come sono capitato a fare l'attore e perché sono seduto qui. Se vi aspettate oggi delle lezioni di cinema, avete sbagliato persona; io scuole particolari non ne ho fatte, però invito i ragazzi presenti che si vogliono professionalizzare nel cinema di non mollare, di crederci e e di migliorarsi sempre di più con lo studio.













     
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    RED CAPET / GRAN GALA' SABATO 5 APRILE 2014 CINEMA SOCIALE DI BUSTO ARSIZIO:







     
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    Cala il siprario sulla dodicesima edizione del Busto Arsizio film festival, una sfida in prima battuta culturale, o un miracolo, come ama identificarla il sindaco della città Gigi Farioli, che anche quest'anno ha arricchito la qualità della vita di bustocchi e non solo. Pare addirittura che la direzione artistica di Steve Della Casa abbia ulteriormente elevato la portata della manifestazione, che nel 2014 si è articolata in 7 giorni, 9 sale cinematografiche, 50 eventi e 7 Comuni. Numeri statistici? Non solo: dietro ai numeri vi è l'alacre lavoro dell'uomo che, inspirato da creatività e deliziato dalla passione, cinge d'amore la propria vita.
    Baff personalmente significa anche clima informale; non mi spingo a dire "famigliare", ma certo si ha l'impressione, stando dalla parte della stampa, di essere accolto con professionalità e disponibilità. E non è poco, tra l'altro non è scontato. Al Baff non vi è alcun elemento di opposizione, preconcetto, il festival è
    definitivamente divenuto anche "democratico", vedi ad esempio l'invito alle persone "comuni" agli eventi e l'azzeramento del costo di biglietto degli eventi stessi.
    Per quanto mi riguarda Baff è un caro appuntamento che si ripete felicemente ogni anno e per queste motivazioni ringrazio lo staff a cominciare dalla responsabile dell'ufficio stampa Emilia Carnaghi, il direttore artistico Steve Della Casa e tutti coloro i quali in questi giorni mi hanno consentito di lavorare e godere di una tale piacevole esperienza.

    Ad maiora e all'anno prossimo.


    Il cinema sociale di Busto Arsizio la sera di sabato 5 aprile era stracolma; prima della cerimonia effettiva addetti ai lavori e fans si sono dati appuntamento fuori dal cinema per il red carpet. Primi ad arrivare Claudio Amendola e la compagna Francesca Neri, sufficientemente disponibili a concedersi alla gente e pronti a sgattaiolare con altrettante velocità nel cinema. E' poi giunta la bellissima Vittoria Puccini in quanto facente parte del film "Tutta colpa di Freud"; in grado veramente di irradiare beltà assoluta, l'attrice non è corsa subito in teatro dispensando simpatiche moine.Infine Marco Giallini si è prodotto in battute e sorrisi durante le foto incessanti dei fotografi.



    Questi i premi e gli ospiti della serata:
    Premio Made in Italy BAFF 2014 – Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni
    Claudio Amendola

    Premio Made in Italy BAFF 2014 – IdeA FIMIT Sgr - miglior attore
    Marco Giallini per Tutta colpa di Freud

    Premio Made in Italy BAFF 2014 – CAME S.p.a. - miglior attrice
    Vittoria Puccini per Tutta colpa di Freud

    Premio Made in Italy BAFF 2014 – Digitalia '08 - opera prima
    Sidney Sibilia per Smetto quando voglio

    Premio Made in Italy Scuole - Publitalia '80 - premio del pubblico (assegnato dagli studenti) La mafia uccide solo d'estate

    Nei giorni precedenti sono inoltre già stati consegnati i seguenti premi:

    Premio Made in Italy BAFF 2014 - Città di Busto Arsizio - miglior film
    La grande bellezza

    Premio Made in Italy BAFF 2014 – Il Giornale - miglior regia
    Paolo Virzì per Il capitale umano

    Premio Made in Italy BAFF 2014 – COMEDIT - miglior fotografia
    Luca Bigazzi per La grande bellezza

    Premio Made in Italy BAFF 2014 – Carlo Lizzani – miglior sceneggiatura
    Marco Martani per La mafia uccide solo d'estate

    Premio Platinum Dino Ceccuzzi
    Ferzan Ozpetek

    Premio Made in Italy BAFF 2014 – Giornate del cinema di animazione
    Enzo d'Alò




    La serata è stata condotto da Della Casa con il sostegno della madrina dell'intero evento Claudia Potenza. Al termine delle premiazioni è stato proiettato "Jet set", documentario di Antonello Sarno relativo agli arrivi in aeroporto dei divi del mondo cinematografico e televisivo dei tempi addietro.

    Concludo con le parole accalorate del primo cittadino bustocco Gigi Farioli, il quale, ricordando che nel 2014 per la prima volta Baff si è spinto anche a Varese, ha asserito: "Busto Arsizio conquista Varese in fatto di cultura!". Tanto per sottolineare come per fare le cose in grande occorre pensare in grande.
     
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    Mac, come già ho scritto ti invidio moltissimo questa bellissima esperienza, non solo di visioni filmiche, che ho notato essere state di qualità, ma per le interviste e la conoscenza di certi artisti che ogni appassionato della settima arte vorrebbe fare.

    Su tutti mi ha colpito quella con Giallini :wub: attore che mi piace moltissimo, e che purtroppo ha avuto successo un pò troppo tardi per l'età che ha. Anch'io me lo ricordo per il bello L'Odore Della Notte, ma è impossibile non averlo notato nella serie Romanzo Criminale, forse il suo vero trampolino di lancio. Tra l'altro non molto tempo fà vidi sul web una sua intervista alle Iene in cui raccontava della sua vita personale e della morte improvvisa di sua moglie, un dolore che lo ha segnato e lo ha formato come uomo (credo sia anche padre), lo stimo molto :) e tu confermi come lo descrivi la persona verace e umile che fa trasparire ^_^

    Strepitosa la foto con lui!! :woot: :wub:

    Grazie di cuore per averci reso partecipi di questa bella manifestazione :rolleyes:

    P.S. Una curiosità: mi chiedevo, visto che è la prima volta che ti vedo parlare di questo festival, se è la prima volta che ne fai parte oppure hai avuto altre esperienze in questo senso :)
     
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    bel reportage macinone, me lo stavo perdendo perchè in questa sezione non ci entro spesso :P


    ottima la foto con Giallini, un attore che mi piace veramente tanto.........come ha detto Revu, purtroppo e' stato scoperto ad età avanzata-

    Vittoria Puccini :wub: :wub:
     
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11 replies since 30/3/2014, 18:19   381 views
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