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Posts written by novocaines

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    CITAZIONE (Guido75 @ 14/4/2022, 09:04) 
    È la risposta alla prima domanda che fa la differenza, io dico no. E mi sembra anche evidente dall'ultima scena e dalle ultime battute, dove David, ad di la di essere uscito vincitore dal massacro finale, dice di aver smarrito "la strada di casa". Se vogliamo, anche quegli occhiali irrimediabilmente incrinati, che ancora indossa, assumono un forte valore simbolico

    Ovviamente immaginavo la risposta. Io ripenso al mezzo sorriso quasi soddisfatto e al lusso di restare ignorante del peso che dovrà sopportare la moglie lasciata ad aspettare. Ovviamente non intendo che non vi sia trauma nell'evento, che non abbia conseguenze, però personalmente la mia sensazione durante tutto il film è stata quella di voler rappresentare un personaggio in fin dei conti sgradevole, per il modo di rispondere alle situazioni e rapportarsi ai problemi, e per questo nel finale ci vedo un qualcosa di consolatorio.
    Forse esagero io ma il personaggio è estremamente ambiguo, su questo ne sono convinto, magari lo riguarderò per provare ad avere una prospettiva più neutra.
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    Per esperienza personale ho notato che in media la soglia tra film e madonnachepallequandofinisce sono le due ore, quindi i 20 minuti in meno non cambierebbero molto, però hanno fatto successo e tutto quindi avranno avuto ragione loro.
    Poi penso anche a tutte quelle persone che si vantano dei binge watching di serie tv intere però i film lunghi no e mi ricordo di quanto è facilmente manipolabile l'attenzione umana.

    Però comunque il nuovo film con gente in calzamaglia che vola di Raimi un po' lo aspetto, c'è sempre la speranza che ne esca un film divertente, ridimensionata dal fatto che Raimi i film divertenti non li fa da vent'anni e quelli più divertenti li ha fatti prima del 2000. Sarò felice se ci saranno meno di 45 minuti di botte tremendamente noiose. :lol:
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    Cambiando ingiustificato con necessario forse è più chiaro e sì, in sostanza è l'assunto homo homini lupus, che accetto e comprendo anche in questa forma semplificata. Ovvero giustificare la violenza, nel senso di comprenderla, perché è parte intrinseca dell'essere uomo, su questo ci siamo.
    Provo a metterti il mio dubbio nella forma più semplice che riesco riducendolo a due domande.

    - David sembra uscire in qualche modo come vincitore sul finale?
    - Questa posizione è coerente col cinema di Peckinpah?

    A me viene da rispondere di sì alla prima e no alla seconda, questo è il punto principale su cui riflettevo.

    Aggiungo in ogni caso Sfida nell'Alta Sierra tra i recuperi da fare. Ho letto anche qualcosa su Osterman weekend che non conoscevo e sembra molto intrigante, se è riuscito potrebbe essere uno di quei thriller che entrano lentamente sottopelle.
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    Ma il nuovo cut di Midsommar esiste per qualche ragione di produzione o semplicemente il regista voleva aggiungere qualcosa? Leggo che è uscita in pratica lo stesso anno del film e non ne capisco il senso.
    Bello il film comunque.
    Tra tutti gli altri i <3 più grandi vanno a Cronenberg, Anderson, Welles, Hou, Cimino e i Monty. I film di Hitchcock non li ho visti tutti, ma Il club dei 39 e La signora scompare sono tra i migliori del periodo inglese. E anche Leone ovviamente, che dirne il preferito è quasi impossibile però Giù la testa (coglione <3) lo adoro.
    Di Kitano voglio tanto recuperare Dolls, ne ho sentito parlare sempre benissimo da chiunque.
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    CITAZIONE (Guido75 @ 12/4/2022, 11:16) 
    Bravi, ci state dando dentro eh ^_^
    Mi ci vorrà una settimana a leggere tutto, vado gradualmente ed intanto mi segno anche qualcosa che non conosco.

    Un piccolo appunto però mi sento di farlo a novocaines su Straw dogs (sono partito dalla fine :P ), che più che essere costruito a tavolino per disgustare, semplicemente è parte del cinema di Peckinpah, così come Pat Garreth e Billy the Kid. Violenza e nostalgia sono alla fine due facce della stessa medaglia, credo di poter dire altrettanto "sincere" nel suo cinema.

    Questo è il momento in cui ti ricordi i tempi d'oro in cui 10 pagine si riempivano in mezza giornata e cose così. Io non c'ero, ma leggende narrano. :P

    Sulla violenza sono assolutamente d'accordo, infatti mi piace molto Il mucchio selvaggio, e anche una delle scene migliori in Straw Dogs è emblematicamente violenta. La rappresentazione dello stupro e la conseguente manifestazioni di debolezza inerme dello stesso perpetratore quando la violenza è ripetuta da parte del compare (la violazione di un amore malato e brutale), mentre David è in attesa durante la caccia, aspetta una preda che non esiste e viene a mancare l'affermazione del suo essere uomo. Violentissimo e grandioso.

    Forse ciò che mi disturba è più retaggio del romanzo di partenza che di Peckinpah, ma è un buon modo per parlare anche del suo cinema.
    Ciò su cui riflettevo è proprio il personaggio di David interpretato da Hoffman, perché in fondo il film è suo, è la sua storia. Per il modo in cui è presentato, come l'americano in terra straniera, lo studioso in mezzo ai rozzi, il marito poco mascolino della donna provocante, io la leggo come una figura carica di fatalismo e predestinazione più tipica di una rappresentazione eroica che di un uomo comune che si sviluppa come personaggio negativo. Il risultato è che la violenza mi appare come necessaria e non conseguenza di ciò che accade, e il motivo è per me che David come personaggio manca di umanità, e nel contesto specifico ciò che gli accade lo pone come una vittima, che agisce secondo violenza perché deve e non perché vuole. David non dovrebbe assolutamente essere visto come una vittima, la sua violenza esplode nonostante non conosca la verità.

    Faccio due riferimenti a cui ho pensato mentre riflettevo su questo.
    Una grande figura emblema di orgoglio, caparbietà e testardaggine è Santiago ne Il vecchio e il mare di Hemingway. Santiago è un uomo che mette a repentaglio la propria vita pur di affermare la sua identità come pescatore. Una delle critiche mosse alla sua figura è quella di essere fondamentalmente un vecchio idiota che non è in grado di venire a patti con la realtà, il simbolo del sogno americano, ma di per sé questo è un giudizio che nulla ha a che fare col testo, in quanto questa posizione - comprensibile - è possibile proprio perché Santiago è prima di tutto un uomo, è questa la grandezza di Hemingway quando è riuscito a creare un personaggio vivo del quale possiamo dare giudizi personali.
    E il secondo, in un episodio di Voir si riflette sul valore dei personaggi al cinema, nello specifico i grandi personaggi anche negativi che affascinano da sempre gli spettatori (nel videosaggio si parla nello specifico di Lawrence d'Arabia), e su come ciò che li rende interessanti è il cercare di comprenderne i comportamenti e le ragioni che li spingono a compiere certi gesti, anche quando sgradevoli o fortemente discutibili.

    Ecco, se ripenso a David mi viene in mente una figura che agisce secondo violenza perché è stato inserito in un flusso che lo spinge verso quella direzione, è spinto alla violenza da forze esterne quindi può essere assolto e compreso nel suo gesto. Questo non mi torna, e sembra solo il tentativo di dimostrare una tesi, tutti gli uomini sono ingiustificatamente violenti.
    Nel momento in cui la violenza stessa diventa principio invece che effetto viene meno la possibilità di comprendere David come uomo e rimane l'impresa eroica del soldato che difende la propria postazione. Merita questa gloria un'impresa del genere? Credo di no, ma potrei sbagliarmi.

    In ogni caso mi è venuta voglia di altro Peckinpah, per ora ho visto questo e Pat, Il mucchio, Cable Hogue e Garcia. Sicuramente voglio recuperare Getaway e Cross of Iron, c'è altro da inserire tra gli imperdibili?
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    Non conosco Come True ma in generale, anche riguardo a Demonic, a me era venuto in mente potesse essere qualcosa alla Possessor; non so se hanno poi effettivamente dei punti in comune o idee simili, forse no, però c'è di base una rappresentazione della mente in dissonanza col corpo. E questo al di là di tutto l'ho trovato un buon film, il giovane Cronenberg promette bene, se ti è sfuggito vale il recupero secondo me.
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    CITAZIONE (invernomuto @ 8/4/2022, 14:32)
    Demonic

    Non l'ho visto ma aveva attirato la mia attenzione perché dovrebbe avere a che fare con rappresentazioni di (ir)realtà virtuale o simili. Gli darò un'occhiata prima o poi anche se il commento tiepido non invoglia.

    CITAZIONE (Marco Panda @ 8/4/2022, 20:53)
    Mysterious Skin

    Anche questo conosco di fama e per il regista che è icona del cinema queer, lo aggiungo alla lista dei recuperi da fare presto.

    Alcune mie ultime visioni.

    Phantom Thread
    Guardando Licorice Pizza ho sentito il bisogno urgente di ritrovare il filo nascosto di Phantom Thread. Licorice Pizza è forse un film intuibile, nel senso che guardando i lavori precedenti fatti coi videoclip delle Haim, ma anche con Thom Yorke e i Radiohead, si potesse immaginare che PTA avesse voglia di girare un film dalla leggerezza di una camminata lungo strade care e conosciute. E forse le strade conosciute si ritrovano in un incrocio tra Boogie Nights e Punch-Drunk Love. Per adesso ne conservo momenti, vedremo quanto crescerà in futuro.
    Ma Phantom Thread è davvero straordinario nel suo ipnotizzare e trascinare lo spettatore dentro la tessitura del racconto - in tutti i sensi. Non lascia scampo questa travolgente storia senza spazio e senza luoghi, questo incontro all'interno di una casa che è un limbo-prigione dove amare lavorare morire. Reynolds e Alma sono due personaggi dal fascino magnetico, dei caratteri che crescono a dismisura tra i gesti e le parole che si susseguono nel fittissimo intreccio momenti che scorrono, seguono e si intersecano senza soluzione di continuità.
    Questa distruttiva storia di amore che esplica il bisogno di autorità o sottomissione delle due parti, con l'occhio osservatore del custode-garante che è la figura della sorella Cyril - lo sguardo dell'inquisitore che protegge la casa e punisce i disturbatori. Sua la decisione della disfatta dell'uomo, quando nel placido esercizio del silenzio rende lo sfogo di Reynolds la sua condanna alla morsa di Alma. E nella migliore delle tradizioni del racconto gotico, è la donna colei che vive e dimora nella casa, passando però da prigioniera a dominatrice, nel momento in cui l'affetto materno si materializza nello spettro di una sposa immobile e statuaria, monito di traumi passati e mai elaborati.
    E Phantom Thread è anche una velata apologia del fastidio, dove all'eleganza delle composizioni di Jonny Greenwood che formano il tappeto musicale del film, fa da contrappunto proprio Alma, col suo muoversi involontariamente irrequieto prima, meticolosamente esagerato poi, Vicky Krieps in una delle performance attoriali più grandi che abbia mai visto.

    Straw Dogs
    Peckinpah e la New Hollywood ci sono tutti, così come il desiderio di essere ammorbante e opprimente. Che il mondo possa essere sgradevole è una costatazione dei fatti, che sia anche un inferno dal quale è impossibile tirarsi fuori senza rivoltarsi prima in umori e fanghiglia è il mantra di un cinema che arde per una nuova rinascita dopo la classicità.
    Straw Dog è sfiancante come un assedio, come l'assedio del proprio casa contro la violazione della propria identità. Ma l'uomo è Narciso, guarda se stesso nel riflesso dell'altro senza tenere conto del proprio essere parziale.
    Non credo potrò mai dire di amare Straw Dogs, ripensandoci mi viene in mente tutto il disgusto che, comprensibilmente, Peckinpah riversa nei valori dell'uomo comune ma anche come il film appaia in realtà costruito per questo, per disgustare con un pessimismo ineluttabile e disperato, forse è cinema meno sincero, e lo dico ripensando a Pat Garrett and Billy the Kid che proprio attraverso il cinema sconvolge e commuove, quando dopo 25 anni che ascolti una canzone, canzone che ha ormai una propria libertà da qualsiasi contesto storico e autoriale, quando di quella canzone ormai tua ne scopri l'origine cinematografica, e le note di Knockin' of Heaven's Door suonano come se fosse la prima volta mentre vedi la morte e un tramonto per nulla romantico, penso a quello e penso a un capolavoro.

    Forty Guns
    Un campo lungo, tre fratelli, una lunga fila di banditi con a capo una donna su un cavallo bianco e la mia bocca spalancata di fronte alla magnificenza di questo inizio. Se c'è una cosa che mi piace del genere è vederlo sovvertito dall'interno, con la maestria e l'eleganza che Fuller ha nel mettere in scena la violenza del mito americano.
    Tra le vicende di una caccia all'uomo e l'evolversi dell'amore conflittuale di Jessica tra fratello e amante, una sequela di scene indimenticabili che riescono a reinventare ed espandere lo sconfinato repertorio di immagini che appartiene al western. Dalla camminata inesorabile di Griff che avanza ritmica a scandire il tempo tipico del duello, quello dell'attesa immobile per cogliere ogni fremito nel corpo dell'avversario, e che è qui una caduta ritmica verso l'inevitabile, al tornado che rende lo schermo un filtro contro la polvere che, sollevata dalla terra che è tratto caratteristico dei paesaggi, dona un nuovo colore nella forma di un manto nebbioso in cui si perdono i poco-eroici molto-umani protagonisti. E da questa coltre, estranea alla distesa assolata che è il western, emerge una coppia insolita e controversa, la coppia impossibile che ha il proprio animo nel noir, e del noir è proprio l'atmosfera sospesa e dilatata che accompagna la luce filtrata sotto la quale viene confessato il proprio amore.
    La dimora e il lusso, una lunga tavola che appare minuscola in quanto luogo degli scagnozzi e il piano sequenza in cui si consuma un amore mai confessato e il suicidio al di là di una porta che separa dal proprio oggetto del desiderio.
    E ancora ritornando al duello, questo nel climax risolutivo ha il sapore dell'esecuzione, senza onore e rispetto tra le parti, ma come una forza che infierisce su colui che è inconsapevole che sarà proprio la mancanza di rispetto ad avere conseguenze inaspettate.

    Estate violenta
    Riccione tra fascismo e resistenza, tra la pulsione giovanile del sentimento e quella della resistenza. C'è un forte desiderio di fuga nella rappresentazione storica di Zurlini, quella forza che tenta di districare la vita dalla Storia, mettendola sullo sfondo, ignorandola finché possibile, o più plausibilmente finché questa non ci si avvicina inesorabilmente tra le ombre della notte.
    L'amore di Estate violenta è quello tra una vedova di guerra e un giovane che la guerra si ostina a fuggire, soprattutto visto che il padre fervente sostenitore fascista, dal quale dipende e ne è al contempo respinto (Il padre è un pelatissimo Enrico Maria Salerno che ha 5 minuti su schermo e rimane comunque indimenticabile).
    Quello che più mi ha sorpreso è la maestria di Zurlini nel rendere in immagini perfette le atmosfere di un amore nato tra i bombardamenti; in una scena centrale i protagonisti Carlo e Roberta si ritrovano a ballare un lento coi rispettivi 'accompagnatori', separati fisicamente ma uniti nell'intensità degli sguardi, nella penombra del grande salone dove risuona il giradischi. Dopo questa carica di emotività vengono aperte le finestre, per liberarsi dalla calura estiva, prendere aria e dare luce nuova agli spazi, ma l'apertura al cielo notturno ricorda la guerra e le folgori dei bombardamenti fanno da nuovo accompagnamento al primo bacio rubato della coppia non convenzionale.
    Zurlini si rivela essere un maestro di intimità e riflessività, con uno sviluppo narrativo preciso e ragionato, a ogni gesto segue una conseguenza, ma soprattutto in una sapienza visiva che non cede mai al dramma gratuito ma anzi lascia spazio all'azione attraverso l'uso di lunghe riprese e costruzioni visive basate sui contrasti di luce.
    Notevoli sia Jean-Louis Trintignant, portato al cinema italiano proprio da Zurlini e Eleonora Rossi Drago, attrice a me sconosciuta ma che ha lavorato, giustamente, con tanti grandi registi.

    The Innkeepers
    Che vergogna passare da quel film straordinario che è The House of the Devil a questa robetta insignificante. Il finale è esplicativo di tutto il film, una porta chiusa in faccia dopo aver aspettato un'ora e mezza di entrare in camera.
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    Proprio quello!

    100 - Kurtz ; Simonte ; Alex84 ; Mr.Blu' ; Ed ; Willy Wonka ; hellboy1 ; Munny Edwards ; Tristessa ; Durden Tyler ;
    [pako] ; Wizard ; Guido75 ; kingbenny ; Hell ; darko83 ; DarkHawk78 ; michibaldi; Fedor Lynch ; Guido75 (2) ;
    Michibaldi II (la vendetta) ; mickes2 ; mikz

    86 - Tristessa II - La rivincita dei Nerds
    81 - Riki333
    80 - Guido75 - Il Triangolo No
    72 - donnie darko
    69 - Speed-Thx
    52 - KAJITA
    46 - Phoenix
    42 - Michibaldi III
    36 - Eazy76
    33 - [pako]²
    31 - Rockerduck
    26 - hellboy
    23 - Fred Dastereo
    22 - GabriAsr
    20 - DarioGrind
    20 - Marco Panda
    19 - SignorG
    18 - mik2
    14 - novocaines
    11 - Haine90
    11 - darko83 is back
    10 - invernomuto
    10 - Tramogena
    10 - michaelmyers77
    09 - clamor
    09 - Pak7
    08 - Black!?
    08 - mickes2 (2) = 4
    07 - SleepyH
    07 - Dick_Laurent
    05 - Mr. Hyde 93
    05 - akirak
    05 - Jack Torrance
    05 - Staffo
    04 - GiampyTn
    04 - Poison78
    03 - Maverick
    03 - IsiTroi
    03 - Arwen Lynch
    02 - Wiz
    02 - The White
    02 - Fedor volume II
    02 - jimbooo74
    02 - Indiana Joe
    02 - Matt Miolli
    01 - giacomov
    01 - Mark DJer
    01 - Falco
    01 - poppo1981
    01 - metaljack
    01 - TheSphinX
    01 - djfafa90
    01 - Psy
    01 - Film Reel
    01 - tommydelo
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    Film del 1978 di un regista super apprezzato e che ha saputo spaziare e risaltare in molteplici generi cinematografici.

    Midnight Cowboy
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    Ciao Guido, il fatto che non ci siano più western (seri :P) tra i tuoi aggiornamenti recenti rende bene l'idea del tempo passato dall'ultima mia visita.

    Stupendo e completissimo il cofanetto di Tati, i corti e gli ultimi due film credo di non averli mai visti ma tutto il resto è formidabile. Recentemente ho riguardato Monsieur Hulot e mi ha stupito per l'ennesima volta, ne avevo anche scritto qualcosa, se la ritrovo la metto da qualche parte.
    Ricordo che già diversi anni fa quasi tutti i suoi film fossero disponibili in bd quindi peccato per il formato.

    Persepolis e Drive My Car non li ho visti, però Bogdanovich :wub: e Monicelli :wub: .
    E concordo con Gabri su Sciamma, che con Petite Maman fa il suo film da pandemia con un piccolo casolare di campagna e due giovani sorelle per una storia di crescita e formazione delicata e mai banale. Se c'è una cosa in cui Sciamma non delude è il suo modo di restituire uno sguardo cinematografico sempre in linea coi personaggi che crea e mette in scena.

    Se hai voglia mi piacerebbe sapere come hai trovato Heimat, che hai preso giusto un annetto fa. :lol:
    Io ormai sono anni che ho in mente di recuperarla ma non l'ho ancora fatto per qualche ignoto motivo.

    Edited by novocaines - 1/4/2022, 14:18
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    I protagonisti
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    Auguri giovine uomo e niente ban! :D
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    Alcune scene infatti non le ricordavo, però sì, nei lavori più recenti porta avanti questo discorso. Se ti capita di recuperare i successivi potrebbero piacerti secondo me, soprattutto We Need to Talk About Kevin, che è una elaborazione sulla violenza familiare con un piglio decisamente molto personale. Lo stesso per You Were Never Really Here che forse è il più debole ma è un'incursione sicuramente particolare nel genere.

    A Foreign Affair è tanto che non lo vedo ma la doppietta con Wilder è sicuramente imperdibile.

    ## Blokada, Sergei Loznitsa, 2006
    Il lavoro storico è una attività di ricerca e comparazione e quando è svolto in maniera efficace e precisa trova la sua massima riuscita nel restituire la natura dell'evento in maniera quanto più imparziale e distaccata da opinioni ed interpretazioni.
    Parlare, oggi, di guerra è diventato un fatto quotidiano, perché oggi la guerra è notizia, non più evento, e in quanto tale può essere seguita e commentata secondo le leggi della comunicazione di massa.
    Loznitsa nel suo percorso documentaristico svolge spesso lavoro da archivista, nel raccogliere, catalogare e ordinare immagine che fungono da piena rappresentazione di ciò che è stata la storia. **State Funeral** è stata l'opera monumentale con la quale restituire il pensiero ideologico attraverso il quale il potere del sovrano, quando questo muore, incarna la stessa fine dello Stato, sicché nell'URRS del '53 il tempo si ferma, il lavoro, le istituzioni, il popolo unito si ritrova immobile e in attesa mentre in tutto il mondo, l'unico mondo che esiste che è quello dello Stato, si raccolgono le immagini del commiato e gli altoparlanti continuano la propaganda dell'uomo Stato che fu meglio dell'Uomo.
    Con **Austerliz** è più creativo in quanto ricerca di come il presente ricordi il passato, tra commemorazione e meta turistica, nel modo in cui ci si chiede se il gesto semplice che immortala analogicamente o digitalmente un luogo di morte possa avere un valore altro rispetto al monito contro atrocità che non andrebbero più compiuta ma che è impossibile sradicare dalla convivenza umana.
    Guardare oggi **Blokada**, uno dei primi film di un regista ucraino che riporta alla luce una delle più grandi battaglie di resistenza avvenute in territorio russo è strano, pensando che Putin fosse già lì e che come in 10 anni possa cambiare tutto e in 80 non cambi nulla. Loznitsa riporta alla luce le immagini dell'assedio di Leningrado, che prima dei reporter sul campo erano appannaggio di cinegiornali e propaganda, spesso non come alternativa.
    Se il consumo di immagini è l'overdose quotidiana che ci portiamo dietro da quando il consumo stesso è diventato stile di vita, un modo per ripensare a come la storia può essere raccontata è un'opportunità non indifferente.

    ## Don't Look Up, Adam McKay, 2021
    E saltando di palo in frasca in maniera indecorosa c'è **Don't Look Up** di Adam McKay che è decisamente altro, ma in fondo parla della stessa cosa, di come l'informazione sia sempre mediata e tenere conto esclusivamente del dato è qualcosa che riguarda la coscienza e l'esperienza personale, non la comunità e men che mai la comunicazione. Ciò in cui McKay riesce con maggior successo è da l'idea del flusso continuo e dell'interruzione improvvisa, attraverso l'uso delle reazioni somatiche che sovrastano sulla parola. La forma impassibile e schietta di Jennifer Lawrence è in opposizione alla pacatezza e meticolosità di Leonardo di Caprio, eppure entrambi trovano la propria realizzazione sociale nel momento in cui si perde le staffe di fronte alle telecamere organizzate per riprendere ciò che è ridicolo.
    In più, se swipe e scrolling sono inseriti in modo immediato tramite una ricostruzione visiva delle schermate più comuni dei social, il respiro, o meglio il soffocamento di questi, è messo in scena da un montaggio sconsiderato che fa della dissonanza e della sovrapposizione l'emblema della comunicazione moderna.
    E della comunicazione moderna è tipica anche l'illusione di trovarsi tutti nello stesso grande spazio, in cui la libertà di espressione è il fondamento su cui basare le insidiose forme di controllo. Laddove il gettarsi nel marasma delle opinioni appare come il principio assoluto della propria affermazione identitaria, ciò che prevale è il sistema che regola le interazioni, e allora valgono le regole del gioco più classiche, e chi riesce a farsi sentire è colui che canalizza il proprio messaggio attraverso gli stretti filtri dell'iperconnettività.

    *L'algoritmo in grado di prevedere la morte fa molto ridere, soprattutto perché è forse la cosa meno spaventosa che potrebbe essere in grado di fare.

    ## Fehérlófia, Marcell Jankovics, 1981
    Capolavoro riscoperto del cinema d'animazione ungherese, Fehérlófia riprende racconti tradizionali dei popoli delle grandi steppe euroasiatiche e la figura eroica del Figlio della Giumenta bianca. La tecnica di Jankovics ha delle basi profondamente pittoriche, partendo dalla basilarità di forme e colori, la ricerca si spinge verso un'essenzialità e una primitività che si intrecciano con la narrativa mitologica e creazionista del racconto. La radice mitopoietica da spunto alle leggende di fratellanza e competizione tra 3 grandi figure, tre Titani che intraprendono un viaggio di liberazione e fondazione, ciò che mette le basi per grandi regni che dureranno in eterno. Scuotialberi, Sbriciolapietre e Sfregaferro le traduzioni dei nomi di questi esseri che si muovono sulla terra, la plasmano e si dirigono verso le profondità di abissi infernali; la leggenda ha tutto il simbolismo numerico tipico della cabala, sicché ogni forma diventa identità e molteplicità, 1-3-7-12, sequenze di cifre che rimandano a una tradizione del mito che ha origini elleniche ma la cui influenza moderna si avvicina e quella proprio del folklore che si tramandava tra le generazioni attraverso favole e leggende popolari.
    Fehérlófia è folgorante nell'intreccio di forme che trovano la loro essenza nel movimento più che nel dettaglio, nella costante mutazione che è poi il principio alla base dell'animazione stessa. Immaginate l'Escher meno architettonico e più illustrativo in un tripudio di colori pieni e accecanti, in una storia che muove dalle origini del mondo attraverso il grande racconto epico degli eroi.

  14. .
    Grazie per l'aggiornamento, sono molto curioso del documentario perché da quel che dici sembra essere molto approfondito e lo dimostra anche il fatto che non è un semplice extra ma quasi il centro che organizza tutto il lavoro.
    Tra i film quelli che leggendo qualcosa mi ispirano di più ci sono Lokis per la fiducia nel cinema polacco di quel periodo, e le produzioni britanniche che, anche quando per la televisione, hanno spesso una qualità molto alta, e alcuni hanno dietro nomi importanti come Alan Clarke per Penda's Fen.

    Il cofanetto è ben fatto, decisamente costoso ma per il lavoro che sembra esserci dietro non si paga solo per orpelli inutili.
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    Le cercle rouge
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1061 replies since 29/4/2009
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