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Posts written by novocaines

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    Concordo su Welles, sicuramente uno dei personaggi più riusciti tra quelli da lui impersonati e film di altissimo livello sotto qualsiasi aspetto. Se l'apertura è da antologia del cinema, il finale è la perfetta risoluzione di un conflitto segnato dal confine, la grande mentalità contrapposta alla frontiera classica del western unita ai toni emotivi e visivi del noir. E soprattutto c'è una delle ultime grandi comparse di Marlene Dietrich, e l'ultimo saluto è proprio il suo. <3

    Anche Ratcatcher è un buon film, il contrasto di cui parli lo associo soprattutto al finale dove la città scompare per fare posto al grande spazio dei campi virati al colore dell'oro. Nei film successivi Lynne Ramsey porterà oltre questa sua tematica visiva, dando sempre più importanza all'uso dei colori e di immagini simboliche, forse anche troppo in alcuni casi.
    God Bless America ero convinto di averlo guardato ma non ricordo nulla quindi penso di aver visto solo qualcosa quando uscì. Magari lo recupero se è almeno un po' divertente.
    Lo Huston invece mi manca completamente.
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    Dovrebbe essere Tesnota. La prima immagine non la inquadravo ma nella seconda c'è la protagonista. L'ho visto ormai qualche anno fa al cinema, non credo sia la bella scena nella discoteca perché penso fosse sola la ragazza, ma mi viene in mente una sorta di ritrovo in cui guardano degli snuff movie o qualcosa del genere, potrebbe trovarsi lì la coppia. La prima è di conseguenza la scena iniziale con la cena in famiglia.

    Mi è piaciuto abbastanza e dovrei riguardarlo per rinfrescare la memoria. Anche il successivo di Balagov sembrava promettente ma non l'ho ancora recuperato.
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    CITAZIONE (invernomuto @ 24/3/2022, 10:46) 
    novocaines Resisto alla tentazione di argomentare per punti perché penso che potremmo andare avanti all'infinito e sento che stiamo monopolizzando il thread :D
    Sono d'accordo con la maggior parte delle cose che dici e alcuni tuoi dubbi sono anche i miei.
    Aggiungo solo che nel parlato\scritto è normale utilizzare una certa dose di semplificazione (ha!) proprio a livello di parole per essere più direttamente comprensibili, è evidente che quando parlo di forma\sostanza non mi riferisco meramente ad immagini\contenuto, mi rendo conto che su certi argomenti è meglio mettersi d'accordo sulle definizioni :D

    Si faccia avanti la concorrenza e l'anti-trust se non si vuole il monopolio, le mie intenzioni erano proprio quelle!
    Al di la dell'essere d'accordo o meno la tua posizione per me è interessante per mettere in prospettiva la mia, tanto mi basta per dare valore ad una discussione.
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    CITAZIONE
    Siamo d'accordo sulla definizione di "brutto" o "bello", evidentemente arriviamo però a conclusioni diverse -nonostante l'oggettività della definizione stessa-, e forse ci può stare, soprattutto nella scena del ristorante.

    Il paragone che ho fatto con Welles e Kubrick, era soltanto un esempio estremo per parlare di politica dell'autore (e con questo termine faccio riferimento alla definizione Cahiers du Cinema) espressa attraverso il mezzo tecnico, non di certo un paragone in termini stilisticiestetici o altro.
    Si potrebbe anche parlare qui di incoerenza come poetica ma non voglio troppo dilungarmi, ne ho parlavo brevemente a proposito di Speed Racer.

    Generalmente delle intenzioni del regista non mi interesso neanche io, se queste non vengono già espresse nell'opera. Nel caso delle autrici in oggetto queste sono espresse in maniera parecchio lampante nell'arco di tutta la trilogia (oltre che nei lavori che seguiranno), perciò mi suona strano quando leggo che sono solo quelle due scene ad introdurre "le tematiche".
    Se ho parlato di cose al di fuori dell'opera stessa (interviste, ecc) è soltanto a titolo confermativo.
    La parte di produzione invece mi sembra sempre da tenere in considerazione un minimo per poter sviluppare una critica, della serie, sempre estremizzando: meglio un film brutto ma con qualcosa di interessante da dire costato due spicci che il solito blockbuster di 3 ore di nulla, di cui 2:45 sono effetti speciali brutti in CGI e l'altro quarto d'ora è gente che dice cazzate davanti a un green screen. Ma anche questo è un altro discorso.

    Come hai detto io apprezzo i loro lavori perché ci vedo un certo grado di avanguardia, di intrattenimento e di pensiero, ma ribadisco che non ho certamente intenzione di farti piacere il cinema delle Wachowski ad ogni costo! Hai giustamente detto che ti piace guardare altro.
    Mi sembra in generale che facciano un cinema che divide parecchio a livello di opinioni, quindi penso sia interessante discuterne, anche a beneficio di altri che ci leggono.

    Su questo ci siamo capiti, so che non stai cercando di convincere nessuno altrimenti non ti avrei risposto seriamente, mi annoio molto facilmente in questi casi. :P

    CITAZIONE
    Chiarito ciò, il resto mi sembra opinabile, nel senso che nella tesi proposta (rendere pop dei temi complessi significa banalizzare) ci vedo un problema di formasostanza: se la sostanza (il tema complesso) viene reso in maniera accessibile (tramite il genere in un film destinato al grande pubblico), in una forma pop, questo significa banalizzare il tema stesso?

    Beh, sì.
    Non entro nel merito della definizione forma/sostanza perché non mi trovo per niente in linea con l'idea diffusa che la prima sia riferita alle immagini e la seconda al contenuto ed è una terminologia così carica di significati che comprendersi facilmente è quasi impossibile.
    Però sì, essere pop è per definizione essere banale, che non è una cosa negativa, ma esplicita più che altro la mancanza di originalità. E sì, Essi vivono può tranquillamente essere definito banale, anche banalissimo, se se ne considera il messaggio (?), le intenzioni nel voler sviluppare un pensiero. Non è un pensiero originale quello di Carpenter, ciò che lo può rendere unico e indimenticabile è il modo in cui ha rappresentato quella forma di pensiero, c'è una certa iconicità nella visione politica che rimane attraverso le sue immagini. Chappie non l'ho visto ma pensando ai due film precedenti posso dire che se District 9 è un film che potrei anche pensare di riguardare, Elysium non credo. E la questione è proprio nel fatto che se il tema è inevitabilmente banalizzato, non per questo devono esserlo le immagini, anche nel caso si tratti di film di genere.

    CITAZIONE
    Quando parlo poi di anti-hollywood penso a quei film che non hanno la pretesa di piacere al grande pubblico o che addirittura cercano di inimicarselo (Cosmopolis, Holy Motors...).

    Chiaramente non basta dire di essere anticapitalisti, ma ci sono dei casi in cui si passa dalle "parole" ai fatti: se io autore mi prendo il rischio di non lavorare più perché voglio fare il film che dico io dicendo quello che voglio dire, sarò un po' più serio di chi fa l'anticonformista e poi quando vede il cash corre a cuccia? coff... Lynch... coff...
    Oppure quello che dico in un opera è da considerarsi avulso dal "mezzo di propagazione" dell'opera stessa?
    Oppure non posso categoricamente parlare di tematiche di questo tipo perché sono automaticamente invalidate dal mezzo?

    Poi ho anche un problema con questa idea di grande pubblico, anche io sono spettatore quando guardo un film, ma non è che ho voglia di guardare roba che ha come presupposto il dover piacere a più persone possibili. Non dico che si debba essere elitari, se Scorsese ama indagare ed esplorare la storia attraverso la figura del gangster e questo attrae un grande pubblico ben venga, ma non è che se mi dici 'Matrix è una metafora transgender' io ti credo a prescindere eh, devi anche cercare di farmelo percepire in qualche modo. (Mi riferisco a un titolo di un articolo che ho letto per caso, è solo un esempio che non si riferisce a quello che hai scritto tu).
    Cosmopolis e Holy Motors non è che non hanno pretese di piacere o inimicarsi un pubblico, è che sono film di due registi che anche se hanno fatto film con un budget alto non hanno mai pensato che questo dovesse essere una forma di compromesso.
    Su Lynch a cosa ti riferisci? A me piace molto di ciò che ha fatto però penso sinceramente che sia un po' rincoglionito. Non ho controllato più ma l'ultima volta era ancora a fare le previsioni meteo su youtube. lol

    Comunque in generale il punto è che non credo che il cinema dovrebbe parlare di nulla, i film di Tarkovskij non parlano di nulla nel senso stretto del termine, non c'è filosofia nel suo cinema, anzi ricordo spesso molti registi che rientrerebbero in quei circoli masturbatori che citi, come Kieslowski o Tarr, che rifuggono spesso queste definizioni, magari sarà per modestia, ma anche perché sanno bene che ciò per cui impiegano il loro tempo, la loro vita a voler essere romantici, è altro dalle speculazioni interpretative. Quello è compito - forse - dello spettatore.

    CITAZIONE
    Ci si riallaccia anche al discorso nel punto precedente: in che misura utilizzare un mezzo per criticare il mezzo stesso sia soltanto una paraculata?
    Spring Breakers è un esempio calzante, il film è rivolto -a livello di forma- alla stessa categoria di persone che dovrebbe criticare, quindi quanto vale effettivamente questa critica? Ci sarà un certo grado di merito se il film è stato visto sia dai criticanti che dai criticati? Oppure è solo una furberia?
    Allo stesso modo viene ovviamente da chiedersi, in un blockbuster che critica hollywood o il capitalismo, quanto c'è di presa per il culo a noi e quanto alla produzione?
    Credo di sapere già la tua risposta :D

    Io non dico che la critica sia impossibile, la domanda era rivolta soprattutto al mio dubbio su cosa significhi, oggi, essere anticapitalista. Che il blockbuster critichi non è un problema in sé, è un sistema con storture e contraddizioni che vanno discusse anche senza necessariamente rifiutarlo del tutto. Però sì, potrebbe essere che un sistema così pervasivo e che si autoalimenta possa essere ripudiato completamente solo da una posizione esterna. Non ho idea di come sia praticamente possibile oggi al di là di un rifiuto totale del reale ma è una questione su cui sono davvero poco competente, anche se spesso mi disturba profondamente e sto cercando di darmi una risposta.

    CITAZIONE (Marco Panda @ 23/3/2022, 19:03) 
    In certi movimenti della macchina da presa mi è parso di vedere il Coppola di Rumble Fish (dissolvenza, riprese che seguono da vicino i personaggi e che in alcuni frangenti li avvolgono quasi a volerli isolare). A me è piaciuto, pur non essendo avvezzo ai musical.

    Non ho visto Rumble Fish però sì, non ricordo se ne avevo scritto e in caso vale la pena ripeterlo, ma l'uso della dissolvenza, anche per mettere in continuità gli spazi e oltrepassare la separazione è una delle cose che più mi sono piaciute. Ho trovato molto bella l'idea di renderla ancora più analogica inserendola quasi come effetto scenico, con le pareti, che sempre grazie alle luce, diventano trasparenti e si sostituiscono al taglio di montaggio.
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    Una precisazione e due domande che sono più curiosità sul tuo pensiero personale, perché non ho idea dei riferimenti a film che non ho visto e in generale sembri apprezzare molto quello che hanno fatto.

    - Quando dico brutto non mi riferisco al gusto (quello è quando dico che non mi piace), ma una semplificazione di un giudizio puramente estetico che per il cinema individuo, tra il resto, nel modo di costruire e usare le immagini. Il paragone con Kubrick o Welles non ci sta perché il loro cinema è sempre coerente, o almeno io lo reputo tale. Ciò a cui mi riferivo è esclusivamente il modo in cui quelle scene e tematiche sono introdotte nel film. Delle intenzioni del regista non mi interesso, io parlo di quello che ho visto in relazione a ciò che conosco.
    La tua spiegazione è chiara e comprensibile, ma non mi basta a salvare il film. E comunque io non esalto troppo nemmeno il primo quindi non avevo nessuna aspettativa, innovativo e tutto, ma a me piace guardare altro.

    - Cosa intendi con poetica gender? C'è altro dietro rispetto a quella che è la loro opinione su genere e sessualità? Perché al di là della diffusione al grande pubblico, che più che positiva o negativa è solo una fluttuazione culturale, rendere accessibili temi complessi non significa renderli pop, quello è semplificare, spesso banalizzare, e far credere che la conoscenza sia giusto una questione di interpretazioni.

    - Cosa vuol dire fare un film anticapitalista, antihollywoodiano, con 130 milioni di dollari? Basta dire di essere anticapitalista per esserlo? È un po' come andare in giro a dire che il tuo datore di lavoro è uno stronzo mentre passi le giornate a fare ciò che ti dice di fare. Mi ricorda un saggio di Fisher dove parla di quelle iniziative di beneficenza contro la povertà che raccolgono fondi attraverso la vendita di gadget e merchandising. E poi un commento del tipo 'pensa comprare un libro anticapitalista su Amazon'. Sarà che io ho un pensiero molto limitato ma non riesco a prendere sul serio chi vorrebbe essere controcorrente senza rinunciare a una confortevole posizione di dipendenza. A tal proposito mi è sorto un pensiero simile quando ho riguardato Spring Breakers di recente. Se devo leggerlo come un commento all'intrattenimento e alla cultura di massa non trovo poi così calzante l'utilizzo di quello stesso linguaggio visivo a cui dovresti riferirti, preferisco mille volte Gummo che mi sembra molto più onesto e spontaneo nel suo voler immortalare una periferia costruita da emarginazione ed emarginati.

    Edited by novocaines - 25/3/2022, 10:59
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    CITAZIONE (Marco Panda @ 21/3/2022, 17:48)
    Grazie per queste magnifiche recensioni. Prendo nota specialmente su Coppola

    Se non sbaglio ho letto che usi MUBI, l'ho recuperato lì. Ho riattivato per sbaglio l'abbonamento quindi cerco di sfruttarlo, volevo guardare Carnival of Souls ma non è più disponibile, se hai trovato qualche altra cosa di interessante fammi sapere che do un occhiata.

    CITAZIONE (invernomuto @ 21/3/2022, 18:46)
    Penso che siamo tutti d'accordo sul fatto che non è neanche lontanamente la prima volta che si usa il genere per parlare anche di argomenti più "profondi": senza neanche scomodare un Kubrick o un Coppola, basti pensare ad un Carpenter, ma pure a pellicole meno "autoriali" e più fallaci come La Horde, Mondocane, The Purge (a caso perché ce li ho davanti).

    Matrix è una trilogia e va interpretata come tale, le Wachowski inseriscono in ogni film (anche i più insospettabili...) la loro politica che soltanto superficialmente è definibile gender: è parecchio più stratificata, si parla anche più generalmente di rapporto con se stessi, con l'Altro e con il resto del mondo, di rapporto con il non-vero\virtuale, di cambiamento, della spiritualità e della sua evoluzione, della ciclicità del tempo e finanche di anticapitalismo.
    Nel resto della loro filmografia, purtroppo enormemente sottovalutata dal grande pubblico, questa poetica\politica è sempre presente, a volte ne è anche forse il tema principale (Cloud Atlas, Sense8), più spesso è "nascosta" nel genere (Bound, Speed Racer, Jupiter Ascending)

    Ottimo punto, sono d'accordo ma intendevo qualcosa di diverso. Avevo provato a entrare nel dettaglio ma non avevo più voglia di scrivere e non era poi così interessante.
    Usare il genere per trattare altro è comune, farlo bene è per me la capacità di inserire varie chiavi di interpretazione e spunti di riflessione che nel contesto del film aprono la strada all'interpretazione, su questo ci siamo. Non ho visto altro dei loro lavori, a parte la prima stagione di Sense8 a cui farò un riferimento, e l'unico che aveva attirato la mia attenzione ai tempi è Cloud Atlas.
    Ma quello che ho trovato in Reloaded è più che altro un pugno in faccia che fatico a non definire semplicemente brutto. E mi riferisco ai due momenti del film che appaiono più personali, proprio per il modo in cui sono girati e che stonano tremendamente per il modo in cui sono usati.
    Il primo è la scena orgiastica a Zion dove il mondo della ipotetica realtà trova la libertà nell'unione dei corpi. Il parallelo con Sense8 è qui, con la scena in cui i vari tipi sono collegati e hanno un rapporto condiviso sulle note di una canzone tremenda. Ecco, in entrambi i casi è visivamente pacchiano e non mi piace, ma nel contesto di Matrix per me è anche esteticamente brutto.
    Il secondo è la scena con Merovingio o come si chiama, non ricordo, ancora un orgasmo, stavolta nel virtuale, quindi pregante la tematica di un controllo superiore, e poi lo sviluppo con il bacio ecc. Quando dico che avrebbero potuto fare un altro film è perché quello che vedo in queste scene è un altro film, e mi sembra quello che in realtà avessero voglia di girare.
    Non so se come dici tu Matrix sia un film preparatorio ai successivi, sinceramente ci credo poco, film del genere sono sempre compromessi di produzione, e sappiamo benissimo che è proprio l'incasso a determinare spesso il continuo di una storia.

    Comunque oltre questo sul film in sé non ho molto da dire, è un intermezzo con finale da serie tv di bassa lega, quando avrò voglia di terminare la trilogia magari ci torno. Tu che conosci il loro lavoro pensi che il ritorno dopo 20 anni fosse necessario? Anche su quello avevo letto dell'essere un film molto personale ma non sono andato oltre il trailer in sala per ovvi motivi.
    Poi tu sei un avatar vivente di Gibson, saprai bene che il tema realtà/finzione può essere affrontato in modi molto più interessanti che attraverso l'azione spettacolare.

    CITAZIONE (mikz @ 21/3/2022, 20:33)
    complimenti ragazzi, vien voglia di recuperarli tutti (pure il MatriXX) talmente sono belle le vostre disamine. grazie ^_^

    mikz

    Persephone_The_Matrix
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    In questi giorni ho guardato una involontaria tripletta che ha nella musica la propria anima. Dopo il cinema, la seconda visione di Annette mi ricorda che 10 anni non sono poi un'attesa così insostenibile per sviluppare un proprio personale discorso sul cinema. Ricordo i brividi che ho avuto in sala durante tutta la prima sequenza, lo schermo nero che invita ad una partecipazione emotivamente repressa nel silenzio, le dissolvenze e gli effetti grafici sul suono, Carax in sala di registrazione che da il via all'opera. Poi la musica che inizia, gli Sparks non li conosco e non so niente di questo loro progetto, ma questa esibizione così lontana dall'opening silenzioso di Holy Motors, così distante eppure così corrispondente, è l'ennesimo invito a varcare la soglia del film per iniziare lo spettacolo. May we start? La coppia Driver-Cotillard è la coppia di divi che loro stessi impersonano, qui rappresentati come i due poli opposti in un ipotetico spettro dell'umanità, la bestia comica e la fanciulla tragica, due estremi che vivono costantemente alla luce delle loro rappresentazioni. E allora è pregnante l'uso di un genere così estetizzante come quello del musical per inscenare questi due caratteri e i loro mondi. In questo gioco di ruoli le posizioni si scambiano, il comico precipita e annega nella messa in scena di una tempesta, il tentativo di portare il tragico tra i tavoli della stand-up comedy; la bellezza sublime della tragedia, aspetto catartico del godimento riflessivo attraverso la morte, si tramuta nella bestia vendicativa che torna come incubo per punire il proprio oppressore.
    Da questa commistione Carax tira fuori un risultato, un prodotto meccanico o digitale, un essere frutto di animazione e privo di volontà che trova forma nella figura di Annette, figlia dei tabloid e della celebrità. Un involucro di purezza e potenzialità inimmaginabili. Il burattino che tiene su di sé gli occhi del mondo attraverso il dono del miracolo.
    Sia qui che nel lavoro precedente trovo che Carax non nasconda il suo desiderio di interagire col proprio pubblico, qui in maniera esplicita, perché la forma di partecipazione che cerca non è solo un coinvolgimento narrativo, ma quasi una richiesta di giudizio - ovvero di posizione critica - nei confronti di immagine che propongono di rappresentare qualcosa di profondamente discutibile, una forma di decadenza lussureggiante che sottostà a ogni forma di successo.
    Dal punto di vista personale ho trovato il finale magnifico e sorprendente, un reincontrarsi che è una riscoperta e ancora di più e soprattutto una vera scoperta, in quell'incalzante duetto canoro così carico di innocente disperazione e nichilistica risolutezza, nell'inversione dei ruoli in cui maturità e adolescenza perdono la loro classica definizione.

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    Una bella sorpresa è stata invece Last Night in Soho che è un esempio da manuale di applicazione pratica di certe teorie del cinema. Non ricordo se Baby Driver avesse una componente comica, ne ricordo poco in generale, ma qui di sicuro non ce n'è e il risultato lo trovo particolarmente riuscito. Il primo film di Wright che ho visto fu Scott Pilgrim che ricordo come uno di quei titoli insoliti che ti prendono alla sprovvista quando non conosci qualcosa, anche lì la musica era una componente centrale, ma ciò che col senno di poi mi colpì è probabilmente il grande estro di comunicazione visiva che trovava spazio nello stile caricaturale e fumettistico della storia. Se c'è qualcosa che non manca a Wright è sicuramente il desiderio di comunicare attraverso le immagini. Last Night in Soho è un cambio di rotta nel concentrarsi su un soggetto nuovo, una ragazzina di provincia in un spazio diametralmente opposto al suo abituale, la Londra cosmopolita dalla densità soverchiante; nel film è costantemente ripetuto che la città può essere 'troppo' per un nuovo arrivato. Da queste premesse Wright mette in scena una storia sul passato e sul doppio, attraverso la metafora dello specchio che è tanto cara al cinema. Attraverso l'input sonoro, il vinile che riproduce canzoni pop anni '60 - retaggio materno -> vedi teoria del rimosso, elaborazione del lutto - è frantumata lo specchio che separa il mondo ottusamente competitivo del design della moda e quello sfarzosamente meschino degli spettacoli notturni.
    Questo movimento nel tempo avviene attraverso l'atto del riconoscimento, in cui sogni e desideri si sovrappongono, come le immagini di Ellie/Sandy, i cui volti, identici in quanto riflessione speculare dell'altro (può uno specchio restituire altro da se stesso? ancora una volta una metafora del cinema che ritorna), diversi in quanto ognuno ammantato dei sogni e desideri dell'altro. Se nel film cardine dei volti speculari e sovrapposti, Persona, il discorso comunicativo col proprio doppio, tra Sé e Altro, fa parte del tessuto filmico attraverso l'espediente del mutismo attoriale, in Last Night in Soho, Wright propone una sovrapposizione spazio-temporale, che nel regista di traduce nell'massiccio impiego di soluzioni visive che coinvolgono il movimento e il montaggio. Momento esemplare è l'inizio del sogno/incubo, nel momento in cui le due ragazze condividono lo stesso letto l'immagine si apre artificialmente e nel sogno avviene il fatidico incontro del desiderio.
    A sostegno di questo forte impianto teorico c'è una realizzazione tecnica che non lascia scampo, dove c'è un dritto vi è necessariamente un rovescio, e le danze notturne e spensierate, le luci, le corse e le canzoni sono comunque il riflesso di una superficie argentata, ciò che nascondono è il frastuono e il doloro - ciò che appare quando il tentativo di attraversamento lascia i segni di infiniti frammenti. La Londra di Wright è proprio quella che fa sentire minuscoli ed è stravolgente l'uso assordante di un rumore di fondo che va in un crescendo verso il delirio, in un risultato che si sposa perfettamente con la deriva orrorifica a cui punta e che a me ricorda l'urlo infinito del Massacre di Hooper, in cui lo spazio teorico tra le immagini è riempito e disintegrato dall'epopea del grido, nella potenza espressiva di un gesto che sembra non voler finire mai. Una lunga corsa che termina nell'estasi della fuga, o nella fine del riflesso nel caso delle vetrine urbane di Soho.

    Infine la scoperta di One From the Heart, che mi invita ad esplorare Coppola e i suoi film meno conosciuti. Dopo Apocalypse Now c'è sicuramente una grande voglia di libertà che si distanzia dalle luci del colossal ma non da quelle di Storaro, più vive che mai e dotate di vita propria. Tutto il film è sostenuto dalla sua fotografia e dal suo modo di comunicare attraverso i colori. L'uso delle luci è chiaramente di tipo espressivo e queste variano e si spostano in un dialogo che segue le emozioni dei due innamorati protagonisti. Ciò che conta è la messa in scena, sin dai titoli di testa, evocativi e peculiari, che introducono alla musica e alle parole di Tom Waits, alle ricostruzioni in studio della Zoetrope, alla ricerca estetica che prenderà corpo nella sensualità di Teri Garr. Proprio le possibilità delle riprese in studio permettono al film di giocare con dissolvenze e trasparenze, vicinanze e distanze di luoghi appiattite secondo le esigenze emotive della relazione. One From the Heart è effettivamente quel sogno lungo un giorno del titolo italiano, una piccola storia con un grande dispiegamento di mezzi che inevitabilmente era destinata a fallire.
    Non so dire se mi sia effettivamente piaciuto, c'è ovviamente una forte tensione nel raggiungere qualcosa di bello, forse più correttamente appagante, devo pensare se sotto c'è anche altro. L'ho appena finito, ci penserò su, magari lo riguardo.

    Nota a margine: ho casualmente letto su wikipedia che il film è costato 26 milioni, Apocalypse Now 31. Non riesco a comprendere come ciò sia possibile ma i retroscena della produzione sono qualcosa che mi è oscuro.


    Tra il resto sono riuscito finalmente a guardare Le quattro volte di Frammartino. Su questo avrei moltissime cose da dire, primo fra tutti un discorso sul tempo del cinema e sui modi di raccontare/mostrare. Nel discorso internazionale si usa spesso la definizione di slow cinema, in Italia si parla di cinema contemplativo; entrambe le definizioni mi stanno strette, la prima perché è di tipo reattivo, esprime un cinema in contrapposizione fisica a quello delle produzioni standard riducendo la questione alla velocità. Una sorta di commento fuori tempo massimo ai cambiamenti industriali che nascono da Ford e finiscono nel digitale. La seconda definizione aggiunge un connotato prettamente spirituale, ma anche qui si cade in una forma di ricezione passiva, in cui il film è qualcosa da ammirare e vivere in quella che è una esperienza religiosa, intima e personale.
    Le quattro volte può essere definito lento in relazione a un cinema che parla attraverso gli eventi, poiché il fatto mostrato è una faccia del quotidiano - la lezione neorealista - ma dal punto di vista cinematografico rimane costante la varietà delle immagini, che non sono vuote, anzi rimangono cariche e pregne di significato in quanto portatrici di relazioni, interazioni ed emozioni. E qui viene meno l'aspetto prettamente contemplativo, in quanto il momento di costruzione-decostruzione delle immagini è presente e anzi fondamentale. Vi è la tradizione religiosa di chi affida la propria vita alla benedizione e muore quando queste viene meno, o lo sviluppo causa-effetto di un mattone gettato fuori da una finestra e che porterà alla distruzione di un recinto - momento di passaggio dalla vita del pastore alla vita della capra.
    Vi è un chiaro aspetto di progresso storico che, ad esempio, non appare in Mrs. Fang di Wang, in cui nell'insistere sulla vita riesce a portare in immagini la sofferenza e l'esperienza della morte.
    Lo stesso concetto di sguardo presenta una forma di articolazione che riflette sul punto di vista, in cui la macchina da presa mostra con insistenza il suo essere nello spazio ed afferma una propria posizione specifica e privilegiata, un occhio così grande da poter rivaleggiare con la vista sconfinata di un abete centenario.
    Nonostante la distanza e il tentativo di incarnare lo spettro tutto dell'esistenza, dall'animale a inorganico, il film resta incentrato su un'idea di soggetto e sulla sua presenza e le forme dell'azione, di tipo anti-narrativo, mantengono un intreccio in cui momenti di tensione e sollievo si alternano, attraverso un punto di vista si interno, ma sovrapposto e coincidente a quello dell'inquadratura stessa, ovvero dell'occhio registico che implica il proprio osservare.

    Ho visto anche Matrix Reloaded e mi chiedo quale essere possa pensare che una attrice discutibile come Bellucci possa anche essere in grado di doppiare se stessa. E mi chiedo anche perché se le sorelle Wachowsky avevano così tanta voglia di sviluppare la propria idea di sessualità non abbiamo pensato a fare magari un film diverso. Le coreografie sono belle, forse più del primo, e la regia le valorizza bene.
    E L'impero colpisce ancora, un po' meglio di quanto ricordassi, non mi piacerà mai, ma sia qui che nel precedente c'è qualche momento visivamente da ricordare.

    Edited by novocaines - 21/3/2022, 16:33
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    CITAZIONE (Marco Panda @ 22/2/2022, 17:45) 
    Ammetto la mia ignoranza riguardo al regista proposto da Novocaines. Ho dovuto usare Google Lens per scoprire che si tratta di Ming-liang, autore di cui non conosco nulla. L'idea del "cineforum" o comunque di un confronto sui migliori film dei vari registi proposti nei loghi la trovo interessante e colgo l'occasione per chiedere lumi ai più esperti, proprio su Ming-liang: tre titoli da recuperare assolutamente? :)

    Non so cosa ti piace e Tsai non è un regista che consigli se vuoi farti nuovi amici.
    Tre proposte.
    Guardali cronologicamente se vuoi andare dal più accessibile al più ostico.
    Vedi cosa trovi in giro facilmente disponibile e parti da quello che ti attira di più.
    Il buco, Goodbye, Dragon Inn, Stray Dogs per tre tra i miei preferiti.

    Per l'idea visione condivisa se dovesse piacere e andare in porto suggerisco almeno all'inizio di ridurre al minimo le difficoltà organizzative, io sono per il topic apposito e la discussione aperta.
    Video party so che è usato molto su Twitch, quindi è sicuramente adatto per chi ha una soglia dell'attenzione di un minuto circa e trova piacevole guardare roba a 1.5x.
    E comunque per concepire una serata rutto libero con De Sica, Chaplin o Miyazaki la mia unica possibilità sarebbe quella di premere play già ben oltre la soglia minima dell'ebbrezza. :lol:
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    Metà credo di essermeli persi, dovrò mettere un promemoria per passare almeno una volta al mese.
    Io voto questo, chi devo pagare per farlo mettere? :lol: Senza_titolo-1_0

    L'idea del banner a tema è carina, potreste anche pensare di aprire un topic in cui organizzare rewatch di gruppo in occasione della dedica, discutere i propri preferiti, consigliare un punto di partenza per chi non ha mai visto nulla o vuole scoprire qualche titolo meno conosciuto. Personalmente come idea mi piace molto, la serata cineforum potrebbe diventare uno di quei rituali da condividere.
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    CITAZIONE (mikz @ 18/2/2022, 20:48) 
    la solita ratatouille di generi e linguaggi :lol:

    Malena è un Tornatore che comincia un po' ad incartarsi nei suoi amarcord, anche se farà molto peggio con l'autocompiaciuto (ed insipido) Baaria. Dune ha tutti i pregi ed i difetti del Cinema di Denis Villeneuve: accanto ad un'eleganza visiva non comune associa una fatica nella gestione dei climax emotivi della pellicola. ne esce un'opera monocorde, eccessivamente sbilanciata suiloop adolescenziali di un efebico Chalamet e incapace di arringare lo spettatore con un finale enfatico capace di rendere febbricitante l'attesa per il compimento della parabola messianica. si poteva - e doveva - fare di meglio :P

    tutto il resto mi pare invece molto più genuino e interessante :wub:

    mikz

    Concordo su Dune, pensavo che sarei riuscito ad apprezzarlo almeno in parte, anche perché Blade Runner 2049 ha un che di affascinante, ma il motivo sono probabilmente le fondamenta immortali innalzate da Scott che rendono qualsiasi forma di rivisitazione quantomeno interessante. Villeneuve non è in grado di costruire qualcosa del genere.
    Lo sviluppo della storia più che lento è a mio parere inconsistente, dovuto a una pessima sceneggiatura e a un comparto visivo completamente piatto, solo tecnica e produzione per un desiderio di monumentalità
    che viene solo abbozzato.
    Avevo scritto un po' di cose a riguardo qualche giorno fa da postare nel topic apposito ma non l'ho trovato quindi le metto qui, sotto spoiler perché non ho riletto nulla ed è sicuramente poco coerente.
    # Dune, 2021


    Riflessioni sparse
    - Cosa vuol dire raccontare una storia
    - Io non ho mai provato particolare simpatia e affetto per il cinema hollywoodiano, non so nemmeno come definirlo bene senza risultare borioso, ma parlo del cinema comune, popolare, di intrattenimento, quello che per definizione è mediocre, ovvero normale, in grado di piacere alla maggior parte delle persone. Culturalmente e socialmente essere mediocri è visto come qualcosa di negativo quando è semplicemente una descrizione di ciò che è statisticamente normale.
    - Ultimamente sto sviluppando un interesse nuovo verso le storie di genere, quelle forme di narrazione che creano e sfruttano la simbologia già codificata di un certo contesto per presentare una storia o costruire un mondo. E sono convinto che ciò sia un ambito in cui solo la letteratura può trionfare, e finché un film non si pone altra funzione che quella di raccontare una storia per me avrà sempre poco a che fare con il cinema, al di fuori di qualsiasi giudizio estetico sull'opera in sé.
    - Dune di Villeneuve è stato quindi il mio approccio con una storia che non conosco, che mi incuriosisce e che avevo voglia di scoprire. Ed è qui è che sorge il problema delle intenzioni. Tralasciamo il fatto che non si tratta di Dune, ma Dune Part One, e che quindi l'incompletezza è alla base di quello che è necessariamente un primo tempo, la domanda che mi sorge spontanea è perché fare un film in cui ciò che si racconta nulla ha a che fare con ciò che si guarda? Tutto ciò che rimane della visione è il pensiero di Arrakis, un pianeta dominato dal deserto in cui la sopravvivenza dell'uomo è garantita solo dall'adattamento all'ambiente, dalla capacità di resistere alla voracità di una sabbia in grado di penetrare qualsiasi cosa. Il sole, l'immagine del sole che cambia posizione nel cielo e regola l'attività stessa degli abitanti delle fortezze-città in cui devono rifugiarsi.
    - Questo è quello che rimane nella mia mente mentre penso a recuperare il romanzo di Herbert, perché quello che per qualche strano motivo ha deciso di mostrarmi il film è un tubicino di plastica inserito su per il naso come soluzione alla disidratazione, una sorta di polvere lontana da qualsiasi idea immaginabile di sabbia che scorre come nebbia tra i corpi senza nessuna forma di interazione, nessun fastidio, nessun impedimento al di fuori di una pennellata di colore su immagini piatte inconsistenti. Il sole e di conseguenza la luce è un filtro monocromatico che rimanda più alle atmosfere al neon di Blade Runner che al modo in cui il cinema può restituire la consistenza della luminosità (vedasi periodo New American Cinema o anche semplicemente Easy Rider). Perché si debba relegare il momento di costruzione ambientale a una sequenza insostenibile di primi piani in campo/controcampo senza mai dare rappresentazione alle parole è un dilemma che mi lascia molto perplesso, soprattutto considerate le ambizioni palesi del regista. Facendo un rapido riferimento a capisaldi del genere come Odissea nello spazio e Solari subito mi viene in mente come l'aspetto narrativo sia sempre implementato visivamente; basti pensare alla scena dell'ingresso di David sulla propria nave privato del proprio casco in cui l'assenza di gravità e atmosfera vengono restituite attraverso una rappresentazione che fisicamente riesce a far sentire il pericolo della situazione, o al modo in cui Tarkovskij proprone il mondo fluido e vorticoso di Solaris attraverso l'acqua e la pioggia che avvolge e martella tutto ciò che incontra.
    - Quel che rimane dell'immaginario di Arrakis è solo un attento lavoro di design che fa fatica a prendere vita. Non a caso l'unico momento in cui il pianeta è ostile è quando non lo è, quando la minaccia è quella accidentale di enormi vermi della sabbia che come è giusto che sia vivono per cacciare le loro prede.

    - Ritornando al discorso linguistico, uno degli scogli di accesso al genere è quello lessicale della necessità o possibilità di inventare ciò che non esiste o ricodificare il significato di termini che hanno già una certa presenza culturale. Questo è un presupposto fondamentale del fantasy e della fantascienza e di per sé non c'è nessun problema nell'inventare parole e mitologia, però occorre anche essere in grado di scrivere una sceneggiatura che possa distillare le informazioni in maniera comprensibile. Da questo punto di vista l'adattamento di Jackson dell'opera di Tolkien è un esempio perfetto di come la narrazione del film sia tutta incentrata sulla storia e lo sviluppo degli eroi, mentre il mondo viene lentamente scoperto e costruito durante il lungo viaggio. Con Dune la sensazione è quella di una lavoro castrato, in cui i personaggi non esistono e le relazioni sono insignificanti quanto la definizione di un rapporto tramite parole vuote quali amico/padre/madre/maestro.
    - Raccontare un storia richiede abilità, esperienza e soprattutto tempo, un tempo che è commisurato alla grandezza della propria immaginazione, tant'è che laddove il romanzo può trovare una competizione è nella dilatazione della serialità, che sia quella del fumetto, della tv, dell'animazione o del videogioco. Grandi racconti fondati sul world building, come Hunter x Hunter o L'attacco dei giganti usano tutti gli strumenti del loro medium per dare vita al loro mondo, sia anche attraverso delle schede informative poste a corredo del racconto centrale.
    - Cazzo, persino leggere Burroughs è più comprensibile quando usando termini specifici e settoriali si ferma a spiegarti che un Latah è una persona delirante che si fa del male nel tentativo di fare il mimo di colui che gli sta di fronte o che sniffare la noce moscata non è poi una affermazione così campata per aria. Invece devo stare a sentire parole esotiche per descrivere l'originale attesa di un popolo per un nuovo messia mentre non si è in grado di creare una composizione visiva che non faccia venire voglia di cambiare canale. La storia è interessante, bravo Herbert, ma non potrà mai rendere se la maggior parte dello screen time è dedicata a nature morte (siano i paesaggi o il volto di Chalamet) o a stabilire l'incredibile e inaspettata relazione Paul/Chani tramite l'elemento onirico quando gli stessi personaggi non hanno quasi consistenza.
    - Il problema degli adattamenti è il supplizio del cinema contemporaneo, ormai adattare è fare spettacolo - ergo spendere soldi in materiale pubblicizzabile, il film è ormai la pubblicità di se stesso. Quanto si vede che la mancanza di personalità è ciò che rende cadaverico il lavoro di un regista, si può avere tutto il talento e la maestria che si vuole, ma se non si prova quanto meno a offrire qualcosa di sé ciò che resta è solo il riflesso sbiadito della materia di partenza.
    - Ciò che colgo dal film Dune è che nel romanzo Dune vi sono sottotesti politici, religiosi, imperialistici, commerciali e esoterici che purtroppo non ricevono nessuna forma di spessore se non quella di preparare le basi per un secondo tempo in cui per forza di cose non ci si potrà aspettare altro che la metà mancante di un'occasione abbondantemente sprecata.
    - Svilire il potere creativo dell'immagine


    Sul folk horror, inteso nel senso della tradizione rielaborata nell'horror, avevo già in mente di scrivere o fare qualcosa, partendo da titoli recenti come The Witch, Midsommar, Zombi Child, più A Field in England che è in questo box ma non ho ancora visto, e anche Onibaba che mi venuto in mente proprio mentre scrivevo. Il documentario sembra un buon approfondimento, lo recupererò sicuramente, se tra tutti quei titoli becchi qualcosa di particolarmente meritevole magari scrivi da qualche che prima o poi leggo.
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    In effetti lo scandire del tempo secondo eoni ben si confà ai miei cicli di apparizione, solo che io non sono una divinità dormiente ma una testa di minchia. :lol:
    E comunque Lovecraft è immenso e mi ha giustamente accompagnato per tutto l'anno passato.

    Adesso mi tornerà la vecchia abitudine di passare sul forum per cercare qualche discussione interessante, mi manca sempre questo luogo e le persone che vi ho conosciuto. Mi fate uno strano effetto, probabilmente dovrei bloccare l'accesso al sito. :P
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    L'ultima volta che ho scritto qui il 4K forse era solo uno spettro che si aggirava per la rete.
    Siamo già passati da ''ancora a comprare DVD stai'' ad ''ancora a comprare BRD stai''?
    E anche il feticismo per la plastica è arrivato a livelli così alti che i photoalbum delle amaray hanno la stessa enfasi delle migliori esposizioni di gioielli. Io ho recentemente chiuso tutto i miei film dentro un armadio perché il solo vederli mi ravvivava il disagio esistenziale. </3

    Mi piacerebbe tanto vedere qual è l'effetto di un bel restauro in questo nuovo formato ma non ho mai ancora avuto l'occasione. Questo mi ha ricordato che questa estate ho visto in una di quelle belle proiezioni all'aperto Donne sull'orlo di una crisi di nervi in fiammante full DVD con tanto di menu di selezione all'avvio. Consiglio l'esperienza.

    I commenti ai film non ricordo più come si fanno, quindi ti dico solo che Psycho è bello.
    E ho tanta voglia di riguardare Ghost in the Shell adesso che ho appena finito la trilogia dello Sprawl di Gibson e sto già rileggendo Neuromante. Devo trovare e unirmi ad un culto di cyberpunker vudù che venerano il silicio.
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    Gabin che solo sulle sponde della sua ferrovia-fiume riesce a controllare la sua bestialità umana, un saluto a tutti <3

    vlcsnap-2018-09-05-17h02m22s786

    100 - Kurtz ; Simonte ; Alex84 ; Mr.Blu' ; Ed ; Willy Wonka ; hellboy1 ; Munny Edwards ; Tristessa ; Durden Tyler ;
    [pako] ; Wizard ; Guido75 ; kingbenny ; Hell ; darko83 ; DarkHawk78 ; michibaldi ; Fedor Lynch ; Guido75 (2) ; Michibaldi II (la vendetta)

    97 - BarbaBlù
    96 - nicbaker
    93 - Alexanderplatz85
    90 - torrance
    81 - Riki333
    77 - Antoine Dainelli (Ed II)
    72 - donnie_darko
    69 - Speed-Thx
    69 - Tristessa II - La rivincita dei Nerds
    67- mikz
    46 - Phoenix
    36 - Eazy76
    33 - Guido75 - il Triangolo No
    26 - hellboy
    25 - [pako]²
    23 - Fred Dastereo
    20 - Michibaldi III
    20 - DarioGrind
    19 - SignorG
    13 - novocaines
    11 - Haine90
    11 - darko83 is back
    09 - clamor
    08 - Pak7
    08 - Black!?
    07 - scrubs89
    07 - SleepyH
    06 - Marcleo26
    05 - pippo15
    05 - Brain84
    05 - akirak
    05 - Jack Torrance
    05 - Staffo
    05 - Minion 69
    04 - GiampyTn
    04 - Poison78
    04 - marsellus wallace
    04 - Mr. Hyde 93
    03 - Maverick
    03 - Kingston
    02 - Enrico63
    02 - principesco88
    02 - Wiz
    02 - The White
    02 - Fedor volume II
    02 - jimbooo74
    01 - giacomov
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    01 - metaljack
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    01 - tommydelonge
    01 - IsiTroi
    01 - michaelmyers77
    01 - Tramogena
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    tu hai visto anche altro di suo?

    vlcsnap-2018-09-05-16h43m43s637_0
1061 replies since 29/4/2009
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