The Hateful Eight

di Quentin Tarantino

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Member
    Posts
    18,736
    Location
    Roma

    Status
    Offline
    E fai male! Ahahahah

    No davvero, non si può dire che Django sia superiore a questo, magari mi puoi dire che l'ultimo sia poco "innovativo" dato che l'ambientazione Western era già stata utilizzata ma al di sotto di Django proprio per niente.
    Per me è il film della maturazione, se domani annunciasse di volersi ritirare in pensione non avrei nulla da recriminare.... anche se in realtà vorrei un fantasy/fantascienza da lui, chissà che cazzo combina 😂
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    6,089

    Status
    Offline
    vi invidio :lol: a me onestamente non è piaciuto granchè, anzi molte persone all'intervallo sono andate via.
    sinceramente l'ho trovato un film prolisso e noioso se non nella parte finale, ma son gusti
    magari ad una seconda visione guadagna punti ma di certo non diventerà (almeno per me) il capolavoro che è per voi :)
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Member
    Posts
    18,736
    Location
    Roma

    Status
    Offline
    andate via????? ma chi sono sti pazzi???!!!

    a sto punto mi viene da pensare che la versione "corta" sia meno incisiva e spettacolare della 70mm... però ho i miei dubbi
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    12,751
    Location
    Troja del grande sud

    Status
    Offline
    a quanto ho letto nella versione corta manca solo l'overture e l'intervallo, per il resto è identica
     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Le mie labbra cercano il piacere nei posti più inaspettati

    Group
    Global Moderator
    Posts
    20,486
    Location
    Venezia

    Status
    Offline
    Tarantino piace o non piace. E' così da sempre, non ho mai capito quelli che dicono roba tipo: "carino, si, ma preferivo l'altro".
    Sono cazzate perchè i suoi film non ammettono mezze misure.
     
    Top
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    11,133

    Status
    Offline
    Mah non è assolutamente vero. Conosco gente a cui ha fatto schifo "Le iene", ma che definisce Pulp Fiction un capolavoro.
     
    Top
    .
  7.  
    .
    Avatar

    Le mie labbra cercano il piacere nei posti più inaspettati

    Group
    Global Moderator
    Posts
    20,486
    Location
    Venezia

    Status
    Offline
    CITAZIONE (Pak7 @ 9/2/2016, 01:24) 
    Mah non è assolutamente vero. Conosco gente a cui ha fatto schifo "Le iene", ma che definisce Pulp Fiction un capolavoro.

    E questo che è proprio quello che voglio dire, i film di Tarantino non ammettono le mezze misure. O piace o fa cagare, semplicemente
     
    Top
    .
  8.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Member
    Posts
    18,736
    Location
    Roma

    Status
    Offline
    QUOTE (metaljack @ 8/2/2016, 13:59) 
    a quanto ho letto nella versione corta manca solo l'overture e l'intervallo, per il resto è identica

    invece mi hanno detto che qualcosina manca, ma non tale da stravolgere il film
     
    Top
    .
  9.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    563

    Status
    Offline
    Nonostante capiti spesso di trovare qualcuno che inciampandosi in un più o meno buon esempio ne parli come se fosse la cosa più rivoluzionaria di sempre, sono all’incirca venticinque secoli – e a meno che non si ragioni in ere geologiche non è un lasso di tempo brevissimo, per dire- che è noto quello che Fitzgerrald riassumeva in «character is plot», da Aristotele a Shakespeare fino a David Chase sono infiniti gli esempi grandiosi. L’ultimo film di Tarantino s’inserisce in questa lunghissima lista pur con tutto il carico di difetti e scompensi cui ha abituato il suo pubblico.

    Uno dei pregi che riconosco sempre a Tarantino è che è molto bravo a valutare il suo lavoro –pregio rarissimo, considerando che la percentuale di quelli che ci riesce, come in molte altre cose, è infinitesimale rispetto a quelli che credono di riuscirci- e per questo quando l’ho sentito dire di essere molto orgoglioso del suo lavoro non ho pensato a una dichiarazione di marketing di rito ma a una considerazione genuina. Quello che invece mi aveva preoccupato era che, oltre a essere molto orgoglioso del suo lavoro, Tarantino era convinto di essersi finalmente slegato dal mezzo cinema e che il suo Hateful Eight avrebbe funzionato anche in un teatro da cento posti. Sul momento mi era sembrata cosa di cui esser felice assai, poi ho iniziato a pensare che non ci fosse nulla di cui esser felici nell’insistenza con cui affermava questa universalità di scrittura, soprattutto perché queste parole uscivano dalla bocca di uno dei registi che più di tutti ha affermato la totale indipendenza del cinema dalle altre arti e non ha mai avuto bisogno di scivolare all’infuori di esso per cercare una qualche nobilitazione. Preoccupazione che ha preso contorni più inquietanti quando mi sono reso conto che i tanti (ma davvero tanti) pareri tiepidi che ero stato più o meno costretto distrattamente a leggere o ad ascoltare vertevano quasi tutti sul fatto che fosse una sorta di teatro filmato, che è forse la cosa più detestabile su cui posso posare gli occhi.

    Il film di Tarantino non è teatro filmato, tutto il resto del mio giudizio è ampiamente soggettivo, ma sul fatto che sia una bestemmia parlare di teatro filmato per The Hateful Eight non ho dubbi, a meno che con la definizione di teatro filmato non si parli di qualsiasi cosa avvenga per la maggior parte del tempo in unico set e allora il problema non è con il film ma con una definizione idiota.
    The Hateful Eight è uno dei suoi più alti pezzi di bravura in fase di scrittura, è anche il suo film dove la sua dichiarazione d’intenti sul trasportare lo spettatore di colpo in un altro film assume un significato più denso e più complesso, perché questo trasporto, questo spaesamento che è stato nei primi film un’ossessione più profonda di quanto non fosse la violenza, non si manifesta più in un improvviso cambio di ritmo o di tono, cioè in qualcosa di immediatamente visibile, ma passa attraverso la costruzione dei personaggi e quindi si sedimenta in modo invisibile. Il passaggio da un film all’altro è assai più traumatico o disorientante perché non avviene in modo netto ma avviene attraverso una sovrapposizione, dove la fine e l'inizio coincidono non solo in un istante ma in una porzione più ampia di film.
    Dell’incredibile bravura di Tarantino come storyteller si è detto tanto e da tanto e non serviva questo film per certificarla, quel che questo film certifica, al più, è come uno dei migliori storyteller del nostro tempo abbia raggiunto un grado di fiducia incredibile nel materiale. Il vero punto d’interesse di Hateful Eight –e raramente ne sono stato così convinto già nell’istante in cui si sono accese le luci- non è il perdersi nell’intreccio (seppur costruito magnificamente) nel piacere di scoprire chi è chi e chi ha fatto cosa, ma è il perdersi nello sviluppo dei personaggi. Lo spaesamento sta nelle pieghe dei personaggi, nelle loro sfumature che continuamente cambiano, nella loro natura e anche nel far credere che questo o quel personaggio avesse o non avesse una certa importanza nell’economia del film attraverso lo sviluppo del personaggio stesso piuttosto che attraverso l’azione (credo l’esempio migliore o più giustamente quello che ha funzionato meglio con me sia stato l’Oswaldo di Tim Roth che in fondo è, per diverse ragioni, uno dei personaggi meno riusciti di Tarantino in assoluto) anche la solita ellissi temporale qui funziona più profondamente sulla costruzione dei personaggi (il Generale Smithers su tutti) che su quello della storia.
    Non mancano come detto i difetti e gli eccessi e anche qualche caduta di stile nei dialoghi, ma è uno di quei casi assai felici in cui non è possibile pensare alla grandiosità del film senza pensare che anche gli scompensi abbiano una loro ragione d’essere.
    Averlo girato in 70mm –chi ha la possibilità di vederlo in questo formato lo faccia, anche a costo di farsi ore di macchina, Bologna per vederlo in 70mm e in originale- è più un capriccio che una necessità, la scelta di usare il materiale di Morricone scartato per La Cosa (che ho sentito il bisogno di rivedere subito, mentre pensavo mi sarebbe successo per qualche Leone) è perfetta ed è una delle scelte più riuscite nell’uso della musica di Tarantino, uno di quei cortocircuiti audiovisivi che funzionano splendidamente.

    Hateful Eight sta agli ultimi tre film di Tarantino come Kill Bill stava ai primi tre. Un compendio dello stile visivo e della scrittura pur essendo profondamente dissimile da tutto quello che lo aveva preceduto, ma se Kill Bill penso sia il peggiore dei primi quattro, Hateful Eight si inserisce tra i migliori in assoluto. Tarantino è comprensibilmente vicino alla fine di un percorso (che Death proof sia assolutamente sottovalutato posso solo pensarlo, mentre del fatto che si continui a ignorarne l’importanza ne sono sicuro) e dopo The Hateful Eight è chiaro il perché manchino solo due film al suo ritiro.

    Edited by nic_baker - 10/2/2016, 17:30
     
    Top
    .
  10.  
    .
    Avatar

    Le mie labbra cercano il piacere nei posti più inaspettati

    Group
    Global Moderator
    Posts
    20,486
    Location
    Venezia

    Status
    Offline
    CITAZIONE (nic_baker @ 10/2/2016, 14:02) 
    Il film di Tarantino non è teatro filmato

    :wub: :wub: :wub:

    CITAZIONE (nic_baker @ 10/2/2016, 14:02) 
    The Hateful Eight è uno dei suoi più alti pezzi di bravura in fase di scrittura, è anche il suo film dove la sua dichiarazione d’intenti sul trasportare lo spettatore di colpo in un altro film assume un significato più denso e più complesso, perché questo trasporto, questo spaesamento che è stato nei primi film un’ossessione più profonda di quanto non fosse la violenza, non si manifesta più in un improvviso cambio di ritmo o di tono, cioè in qualcosa di immediatamente visibile, ma passa attraverso la costruzione dei personaggi e quindi si sedimenta in modo invisibile. Il passaggio da un film all’altro è assai più traumatico o disorientante perché non avviene in modo netto ma avviene attraverso una sovrapposizione, dove la fine e l'inizio coincidono non solo in un istante ma in una porzione più ampia di film.

    :wub: :wub: :wub:


    CITAZIONE (nic_baker @ 10/2/2016, 14:02) 
    Hateful Eight sta agli ultimi tre film di Tarantino come Kill Bill stava ai primi tre. Un compendio dello stile visivo e della scrittura pur essendo profondamente dissimile da tutto quello che lo aveva preceduto, ma se Kill Bill penso sia il peggiore dei primi quattro, Hateful Eight si inserisce tra i migliori in assoluto. Tarantino è comprensibilmente vicino alla fine di un percorso (che Death proof sia assolutamente sottovalutato posso solo pensarlo, mentre del fatto che si continui a ignorarne l’importanza ne sono sicuro) e dopo The Hateful Eight è chiaro il perché manchino solo due film al suo ritiro.

    :wub:
    Siamo in due a pensarla uguale riguardo a Death Proof, ma forse è quai più ermetico di questo ultimo film, o meglio nemmeno più ermetico, semplicemente più complesso da guatare

    The Hateful Eight – La fine


    Una bufera di neve, un autentico inferno bianco costringe otto estranei a rifugiarsi nel emporio di Minnie, unico via di scampo da morte certa. Tra questi ci sono John Ruth detto “Il Boia”, un cacciatore di taglie che sta portando un’assassina di nome Daisy Domergue al patibolo. Assieme a loro due in questo capanno nel bel mezzo del nulla arrivano anche il maggiore Marquis Warren e Chris Mannix futuro sceriffo entrambi incontrati sulla strada che porta alla città di Red Rock. Gli altri avventori dell’emporio anch’essi sconosciuti tra loro sono un messicano, un ex generale suddista, il boia del vicino paese e un mandriano. Le loro vite s’incroceranno facendo emergere segreti che le uniscono tutte tra loro, ma soprattutto all’assassina Domergue. “The Hateful Eight” film completamente orizzontale fin dal formato di ripresa scelto, segna un cambiamento nel cinema di Quentin Tarantino, quasi una linea che separa tutto quello che è stato da quello sarà (un cinema sempre più politico e meno exploitation?). La necessità del cineasta sembra essere quella di ripartire da uno spazio ben conosciuto già esplorato in passato (Le Iene), una stanza dove inserire tutti i suoi personaggi e che renda il confronto tra questi sempre più serrato. Il regista dentro questo contenitore cementifica le proprie ossessioni che di riflesso sono quelle che il suo pubblico ha imparato ad amare nel tempo. In quel piccolo spazio delimitato da quattro mura ritroviamo la ricerca estetica dei costumi, i dettagli dedicati agli oggetti, l’omaggio ai spaghetti western di Leone, i dialoghi taglienti come rasoi e la violenza grottesca che ormai non ha più abbandonato da “Death Proof”, l’azione in primo piano e l’importanza del secondo. Ma fuori da questa capanna imperversa una tempesta, elemento incontrollabile che modifica tutto quello che incontra fin dai titoli di testa, in quella lunghissima sequenza in cui una croce sovrasta l’intero fotogramma essa inizia a dilatare i tempi, cullata dallo splendido tema musicale di Morricone comprendiamo come la velocità della narrazione sia cambiata, il fuoricampo assume una vera e propria identità e rappresenta un pericolo impalpabile, un cambiamento impossibile da arrestare. Un gruppo di attori “enormi” riuniti come non si vedeva da tempo, si muovono in un cinema avente estetica autoreferenziale che serve solamente a nascondere l’abbandono della centralità dell’azione (che passa in secondo piano), per mettere al suo posto il testo, il racconto, questo fa si che per la prima volta il fuoricampo diventi strategicamente importante, vero asse su cui fondare l’inganno ai danno dello sguardo. Otto personaggi, otto entità diverse che rappresentano i mondi/identità che il cineasta ha già attraversato, strade sulle quali non vi è più necessità di ritorno, ma solamente l’obbligo di un ricordo, omaggio. L’intreccio diviene ancor più importante e una voce narrante facente funzione di narratore/testimone, spiazza il racconto, ne tira le fila nel momento più importante, nell’attimo prima della svolta che darò inizio all’annullamento delle icone, degli elementi che da sempre hanno contraddistinto il cinema del cineasta, con un piacere grottesco e del tutto personale nel farlo (il sangue non mancherà di scorrere anche in questa pellicola). “Non un avvertimento, non una domanda. Una pallottola!” esclama il maggiore Marquis Warren quando decide di prendere le redini della situazione che sta degenerando, ma è troppo tardi, egli che vive e respira all’interno dell’emporio di Minnie non può sapere che il conto alla rovescia verso la fine, verso l’annientamento del corpo cinema tarantiniano che egli rappresenta nella sua totalità è già iniziato, forse fin dai titoli di testa, bastava solamente non rimanere affascinati dal contorno.

    Film: 8.5

    http://raystormcineblog.altervista.org/the...-eight-la-fine/
     
    Top
    .
  11.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    563

    Status
    Offline
    CITAZIONE (raystorm @ 11/2/2016, 13:06) 
    :wub:
    Siamo in due a pensarla uguale riguardo a Death Proof, ma forse è quasi più ermetico di questo ultimo film, o meglio nemmeno più ermetico, semplicemente più complesso da gustare

    Ecco su Death Proof posso capirlo non piaccia più o meno per queste ragioni, sono molto più stupito invece dall'accoglienza che mi pare stia avendo Hateful Eight, premesso che tutti quelli che continuano a farne una questione di amoralità non mi interessano perché ne hanno tutto il diritto e non saprei come controbattere perché la differenza nel punto di vista sul film inizia ben prima che si accendano le luci e differisce non solo sull'idea di come si debba godere di questo tipo di film, ma anche sul concetto di morale e temo che le cose coincidano. Anche chi ne fa un discorso di noia è manlevato perché si appella al più personale degli stati d'animo e cosa gli si può dire? Quello che mi stupisce, e mi stupisce davvero tanto, sono le critiche allo spettacolo in sé, poche volte sono stato così sicuro della finezza e della grandiosità di scrittura di un'opera nel momento in cui la guardavo, di solito è più facile esserne investiti e poi rendersene conto, e ripeto con tutti i suoi difetti, ci sono dialoghi poco riusciti (anche se la maggior parte gli ho trovati incredibili, ma temo che da Tarantino ci si aspetti più il "motto" da citare all'infinito, o la battuta sferzante da ghigno) eccessi etc. etc., ma rimane assolutamente incredibile il lavoro fatto sui personaggi, che non sono memorabili (per me sì, e lo sono TUTTI, anche quelli meno riusciti) in senso comunemente accettato proprio perché non hanno una caratterizzazione che permette di inserirli in un categoria (come è facile fare con Landa).
    Poi avevo scritto altro, ma mi è suonato il campanello dei topic ed eri tu che avevi aggiunto la tua opinione e insomma, nulla mia pare che si concordi su tutto, aggiungo che sono particolarmente d'accordo sul fatto che senza bisogno dell'azione sia il film di Tarantino che offre più livelli di lettura.
     
    Top
    .
  12.  
    .
    Avatar

    Le mie labbra cercano il piacere nei posti più inaspettati

    Group
    Global Moderator
    Posts
    20,486
    Location
    Venezia

    Status
    Offline
    Per la prima volta concordiamo su tutti nic. Evento! :lol:
     
    Top
    .
  13.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    11,133

    Status
    Offline
    Eviterò di fare paragoni o parallelismi con altre pellicole di Quentin, anche se nel discorso generale rientreranno.
    Non riesco a criticare troppo quest'ultima fatica di Tarantino, perchè sono convinto che lui sia uno dei rappresentanti del Cinema quello vero, quello con la "C " maiuscola, quello più puro, quello per cui vale veramente spendere 3 euro in più per dei popcorn, che per quanto inutili ti fanno godere maggiormente lo spettacolo. LO SPETTACOLO. Anche se, come si era intuito dal mio preambolo, l'opera in generale non mi ha convinto particolarmente, anzi è quasi sembrata un esercizio di stile. Prima parte, quella in carrozza, troppo prolissa e seconda che si svolge in maniera quasi ordinariamente tarantiniana con richiami evidenti ai suoi primi anni 90, e forse anche un pò a Polanski, passando da dialoghi a tratti interminabili a scene di assoluta violenza nel giro di pochi secondi. Ma questo è Tarantino, lo sappiamo tutti, lo conosciamo. Si esce dalla sala soddisfatti di aver visto del Cinema, ma consapevoli che questo suo ultimo lavoro possa essere una pezzo (fondalmentale?) del suo percorso, ma non una pietra miliare del cinema, e nemmeno un capolavoro.

    7-
     
    Top
    .
  14. thecage
     
    .

    User deleted


    delusione totale... una noia pazzesca condita dalla totale assenza di scene in esterna e dialoghi infiniti... da appassionato hardcore dei suoi lavori sono rimasto davvero allibito e questo mi rattrista non poco...
     
    Top
    .
  15.  
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    560

    Status
    Offline
    A me è piaciuto! concordo sulla prolissità della prima parte.. però attori superlativi, Samuel su tutti! E ci sono dei "colpi" alla tarantino degni di nota!


    So che susciterò l'ira di molti: Ecco la mia classifica Tarantiniana

    Pulp Fiction 10
    Django 9
    Kill Bill 9
    Iene 9
    Hatefull 8
    Death Proof 8
    Inglorious 8
    Jackie Brown 8

    Ho messo i voti per farvi capire come la penso su Tarantino! Secondo me un film brutto ancora lo deve fare!
     
    Top
    .
63 replies since 12/1/2014, 05:11   2277 views
  Share  
.