Alien: Covenant

un po' Alien (il primo, quello giocato sulle atmosfere, dove lo Xenomorfo è una sorta di spielberghiamo semionte della paura) ed un po' Prometheus, questo Covenant riesce nella non facile impresa di ridicolizzare in un colpo solo tanto la figura degli Ingegneri quanto quella dell'Alieno.
sceneggiatura imbarazzante, banale, piena di "vuoti narrativi", che copia qua e là senza mai proporre nè una propria rielaborazione originale - come invece avevano saputo fare i Cameron, i Fincher, gli Jeunet quando hanno messo mano al progetto di Scott - né un lavoro capace di smuovere le viscere dello spettatore.
abbandonato il senso immanente di tragedia e l'angoscia claustrofobica dello spazio sconfinato, la saga cabra ora in modo vigoroso su temi ontologici di natura squisitamente maschile/paterna.
ció che si perde, allora, è il pathos. non più incubato nel grembo uterino di una saga filogeneticamente femminile, questo nuovo Covenant è un susseguirsi di ridicole ibridazioni che snaturano e parassitano addirittura la coerenza narrativa dei primi quattro (forse cinque) film, riprogrammandone sciaguratamente il DNA. in tutto questo, il David di Fassbender somiglia più ad un Gregorio Mendel che non ad Sigfrido nibelungo, tutto preso com'è ad imprimere i suoi segni sull'evoluzione delle specie.
Covenant squarcia il petto dello Xenomorfo e lo lascia esangue. non è cosa semplice ammazzare un Alieno, ma Scott stavolta ci ha mostrato come si fa.

mikz