Un anno con tredici lune

di Rainer Werner Fassbinder

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    di Rainer Werner Fassbinder



    Gli anni con tredici lune si dice che suscitino profonde crisi nelle persone fortemente emotive. In ogni secolo ce ne sono sei, il 1978 è uno di questi.
    1978, Francoforte. Erwin Weishaupt ( un Volker Spengler in stato di grazia, di una malinconia e una forza incredibile ), cresciuto in un orfanotrofio, dopo essersi sposato e aver avuto una figlia, compie un viaggio a Casablanca per il cambio di sesso per amore di un uomo e diviene Elvira. Questo l'antefatto della storia, il background che verrà approfondito e riconstruito un tassello alla volta durante il film, mentre assistiamo al "viaggio" di Elvira alla ricerca di amore e felicità, ma difficilmente troviamo altrove quello che non c'è dentro di noi.

    Un film di forte impatto e ricchissimo, sia a livello di tematiche che di tecnica, è difficile affrontare e sviscerare tutte le sfumature, cercherò di mantenere un filo solo per presentare al meglio quest'opera veramente carica di sofferenza e (dis)umanità.
    In una delle prime scene, Elvira porta Zora al macello per iniziare a raccontare la sua storia, lunghe ed insistenti le scene delle mucche appese con il sangue che sgorga dalle gole recise riprese a camera fissa, poi la pelle squartata e la testa ripulita... il tutto mentre, in sottofondo, Elvira ci racconta, in un lungo mologo, del suo matrimonio con Irene e come, dopo l'operazione, si sia prostituita per anni, mantenendo il suo attuale uomo ( che ora l'ha lasciata ) anche lei per anni carne da macello, esposta e sezionata, per amore.
    La seconda tappa nella ricostruzione della vita di Elvira è il convento in cui è cresciuta, dove una suora ci racconta alcuni retroscena della sua infanzia. Ci rendiamo conto che, fin dall’infanzia, sentendosi rifiutato, ha sempre dovuto/cercato di adattarsi ai desideri degli altri per essere amato, senza riuscirci. Questa tensione continua di Elvira nel rincorrere l'amore altrui non cambierà nemmeno in età adulta, fino alla fine. Elvira ripercorre così il suo triste passato, fino allo snodo decisivo quando si trova a rivedere l'amore della sua vita, quell'Anton Saitz per il quale decise di farsi operare a Casablanca perchè Anton gli aveva detto che l'avrebbe amato se fosse stato una donna. Non ebbe mai il suo amore... Lo rivede, forse nutre persino delle speranze, ma Anton non è cambiato, lo ama per questo ovviamente, ma non trova in lui la reciprocità di quel sentimento tanto agognato, sentendosi rifiutata per l'ennesima volta, a fine film, si taglia i capelli e si veste da uomo per ritrovare il suo posto di marito e padre all’interno della sua famiglia, ma è troppo tardi.
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    Fassbinder nell’inquadrare Elvira usa ripetutamente degli espedienti ( qui come in Martha, specchi e superfici lucide riflettenti ) per mostrarci la sua immagine frammentata, a mosaico ( nasconde il viso dietro la veletta o una vetrata a quadretti ) oppure non ci mostra il viso nella sua totalità o mantenendolo in parte in ombra, metafora della sua frammentazione interiore, del suo non essere completa, il suo non trovare un posto nel mondo e nella società. Elvira ha una personalità, un'anima frammentata e versatile per entrare in più ruoli, per essere per tutti quello che desiderano, ma così facendo finisce per sacrificare la persona che è, fino a scordarla.

    Ritorna come sempre e di prepotenza il tema dell’asimmetria dell’amore, nell’intervista nel documentario Non voglio solo che mi amiate ( extra del dvd "Perchè il signor R. è diventato matto?" ) Hanna Schygulla più di una volta sottolinea l’ossessione e la paura che Fassbinder aveva di questo aspetto dell’amore, di essere quello che soccombe nel rapporto a due, amando di più, dando di più ( nessuno ha pensato di fargli ascoltare Teorema di Ferradini evidentemente :D ). E nella figura del rude ed insensibile Anton ritroviamo forse un atto di accusa a se stesso, un senso di colpa per il recente suicidio del suo compagno Armin, il difficile rapporto tra i due era ben “visibile” nel suo spezzone di Germania in autunno, ad ennesima dimostrazione che l'intera filmografia di Fassbinder si intreccia in un unico filo conduttore, un'unica storia di infelicità e disperazione.

    Curiosità:
    > La suora che ci racconta i retroscena dell'infanzia di Erwin è interpretata dalla madre di Fassbinder;
    > Ritroviamo la musica di Amarcord quando Zora e Elvira si incontrano per strada quando Elvira rincorre Christoph;
    > Tornate dal convento, Zora fa zapping alla tv e c’è il golpe di Pinochet, un’intervista dello stesso Fassbinder e vari spezzoni di film in un collage a rotazione che sfuma quando anche Zora si addormenta;

    DVD - Scheda tecnica:


    Il dvd che ho visionato è contenuto nel Cofanetto Fassbinder a 7 dvd, ( tutti i film si trovano anche singolarmente ) per le foto vi rimando al bellissimo Photoalbum ( e commento ) di Ivs, sicuramente molto più ferrato di me in materia tecnica. Io mi limito a concordare sul buon master, a mio modo di vedere ( e fruire: ho una semplice tv ) buon audio ( originale 2.0 con i sub ita per non udenti fissi o italiano 2.0, con l'opzione dei sub ita per non udenti ) e ottimo video, forse il migliore fra i film visionati finora, nitido e pulitissimo. C'è solo un momento del film in cui il video risulta opaco e granuloso, mentre la suora ci racconta un triste punto di svolta dell'infanzia del protagonista. Non so se sia voluto o meno ma questo cambiamento di luminosità, quasi un velo opaco che cala sulla narrazione ci sta benissimo. :P :D

    Extra:
    Intervista a Werner Schroeter ( 20 minuti )
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    Davvero un personaggio interessante Schroeter, regista e attore, che ci parla del suo rapporto di amicizia e di lavoro con Fassbinder, per tutta l'intervista non fa che interrompere un discorso, divagare raccontandoci vari episodi ma riuscendo poi incredibilmente a riallacciarsi sempre alle tematiche del film. Un anno con 13 lune è il suo film preferito, tra quelli del regista bavarese, film di una tragicità infinita ma che non cade mai nel melodramma e nel patetismo. Per Schroeter è un manifesto sull’immutabilità dell’essere umano e sull'inutilità delle trasformazioni perché, in amore, cercare/pretendere un cambiamento è uno sforzo ridicolo, si viene amati per quello che si è.
     
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  2. Petrucci
     
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    Quando penso a "Un anno con tredici lune" penso a Fassbinder, penso al film che me lo rapresenta di più a livello personale. Si tratta sempre di sensazioni soggettive lo so, dettate forse dal fatto che nel mio immaginario l'ho sempre visto come un Pasolini obeso, sofferente, omosessuale, drogato, senza Dio, senza speranza: in continua lotta con le mille facce di se stesso. Forse il personaggio di Elvira è quello che me lo ricorda di più.
     
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    CITAZIONE (Petrucci @ 27/8/2008, 15:41)
    Quando penso a "Un anno con tredici lune" penso a Fassbinder, penso al film che me lo rapresenta di più a livello personale.

    Assolutamente d'accordo ^_^ nel film si respirano tutte le sofferenze e le contraddizioni personali del regista bavarese...
     
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  4. Fedor Lynch
     
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    Ogni 7 anni c'è l'anno della luna: uomini la cui esistenza è determinata in gran parte dai sentimenti in questi anni della luna soffrono in modo particolare di depressione. La stessa cosa avviene in modo meno rilevante anche negli anni con 13 noviluni. E se un anno della luna è anche un anno con 13 noviluni, si verificano spesso ineluttabili catastrofi personali. Nel ventesimo secolo sono sei gli anni dominati da questa pericolosa congiuntura astrale; uno di questi è l'anno 1978.

    Ed è proprio nel 1978 che si svolge la vicenda. La pellicola è incentrata sulla storia di Elvira/Erwin (uomo diventato donna dopo un intervento chirurgico a Casablanca), che ripercorre il suo passato.

    Fassbinder mette in scena un film sull'amore e la sua drammaticità, con uno stile che si adatta perfettamente alle sue intezioni. Giochi di specchi e luci/ombre gli consentono di mostrare al meglio Elvira/Erwin nel suo doppio racchiuso in una sola persona. L'azione è quasi sempre tenuta al minimo: sono infatti i dialoghi ad evolvere la trama, a condurci nel passato del protagonista e a scoprire per quali motivi ha preso determinate scelte. Inquadrature fisse tenute anche per parecchi minuti ci trascinano indietro nel tempo e all'interno del dramma di Elvira/Erwin. Una storia forte che, come detto, è incentrata sulla drammaticità dell'amore: Fassbinder descrive un sentimento non bilanciato, dove tra le due parti c'è sempre chi ama e dà di più e finisce quindi per soffrire di più. Emerge anche una visione decisamente pessimistica del mondo, dove la felicità è praticamente impossibile (oppure limitata a brevi periodi, a voi la scelta). Nella parte iniziale al "dramma" della vicenda, Fassbinder sovrappone immagini "forti" in un macello, riprendendo in piano sequenza ciò che avviene. Un film decisamente d'impatto, impegnativo ma ricchissimo di spunti interessanti.

    Per quanto mi riguarda, è stata la prima esperienza cinematografica con Fassbinder.

    Voto: 8
     
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    molto interessante :) Fassbinder è un regista che a pelle mi stuzzica. finora di suo ho visto solamente Il fabbricante di gattini che è un film preso di pari passo da una sua pièce teatrale, e riportato su grande schermo. di certo non ho iniziato col botto perchè se il film è pieno di tematiche importanti come il razzismo e immigrazione raccontati da più punti di vista, con anesse riflessioni e analisi sui rapporti interpersonali che si vengono a creare... stessa cosa non posso dire per lo sviluppo, che comprende camera fissa onnipresente, apatia latente in ogni dove che rischia di appiattire (e secondo me la appiattisce) la tensione emotiva che nella prima parte era abbastanza palpabile. insomma, un po' troppo distacco e magari anche un po' (troppo) invecchiato.

    proseguirò con questo, anche perchè di andare in ordine cronologico con Fassbinder non ne ho voglia.
     
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  6. Fedor Lynch
     
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    Puoi recuperarlo andando sul sicuro... A mio parere è un film decisamente nelle tue corde. Fassbinder non lo conoscevo ma mi ha colpito molto e approfondirò sicuramente prima o poi.
     
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  7. MrBlù
     
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    La-triss-sarà-contenta-di-questo-up-su-Fassbinder, all'epoca-ci-fu-poca-attenzione-all'autore-e-alla-sua-disamina!
    Ho-colto-l'occasione-per-rileggera-e-constatare-le-buone-parole-espresse-anche-da-parte-di-Fedor, se-possibile-tenterò-il-recupero!
    Belle-analisi ^_^
     
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    sobrio e struggente omaggio alle persone troppo "sensibili" di fronte a quell'insormontabile cosa che si chiama esistenza. film intriso di amarissimo dolore e umana pietas nei confronti dell'essere umano, al di là dell'identità fisica e sessuale di appartenenza. Erwin ed Elvira, è tutti o nessuno, mai completamente se stesso: bambino amorevole per compiacere le suore; padre e marito per assecondare la moglie; poi transessuale per avallare l'amore di Anton; sempre nella vana ricerca di un punto di riferimento. la fissità dello sguardo di Fassbinder delinea un contesto che fa del cinismo la propria virtù; e intorno il disagio e la disperazione di chi di fronte alla vita ha voluto sempre anteporre l’altruismo e lo spirito di adattamento per farsi accettare e amare. intimismo partecipe e asettico questo dell'autore tedesco, che sa incidere in profondità nel suo essere così crudo e pregno di realismo. indimenticabile la sequenza nel mattatoio col flashback di Elvira narrato in terza persona.

    Voto: 8,5
     
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    Mi stuzzichi mickes con questo commento su un'autore che non conosco per niente e che onestamente non saprei approcciare, se mi capiterà, proverò ad iniziarlo con questa opera :)
     
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    su quale film iniziare con Fassbinder non saprei, davvero, in questo senso Tristessa potrebbe guidarti nel modo migliore.
    in ogni caso, secondo me questo è cinema completamente nelle tue corde :) e superfluo dire che la pellicola è validissima, a supporto ci sono altri due ottimi feedback :wub:
     
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    CITAZIONE (mickes2 @ 11/4/2012, 13:37) 
    in ogni caso, secondo me questo è cinema completamente nelle tue corde :) e superfluo dire che la pellicola è validissima, a supporto ci sono altri due ottimi feedback :wub:

    Tanto per confermare come ho scritto in "Serie Tv"; che la cosa è reciproca! ;) :wub:

    Le tue parole mi galvanizzano e mi stanno facendo entrare in palla con Fassbinder, tra l'altro la tua rece de La Terza Generazione ha attecchito non poco su di me :wub:
     
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    Ci torno stasera che son di corsa...ma a Pasqua e Pasquetta, una girata no? :P

    Comunque un altro grande e doloroso Fassbinder questo-


    Opera molto personale, nata da una dolorosa esperienza privata, il suicidio dell'amato Meier avvenuto in quell'anno che aveva portato Fassbinder ad una depressione acuta e a fare questo film, curandone personalmente tutte le fasi.

    Introdotto da una credenza legata alla luna e ai suoi tristi influssi, che avvolge l'opera in un alone tragico di fatalismo senza speranza, film cupo e doloroso, sulla solitudine esistenziale e sull'infelicità, atto d'accusa verso una società respingente e meditazione sul suicidio come opposizione e scelta di fuga dall'infelicità.

    Rifiutato dalla madre, Erwin ha dovuto farsi amare per essere accettato. La sua storia di infelicità parte dunque dall'infanzia. Creatasi una famiglia la distrugge per amore di un uomo spregevole e senza scrupoli che l'avvia alla prostituzione e per il quale cambia sesso, venendone poi respinta. Ritrovata la serenità con un attore fallito, viene da questo abbandonata una volta ristabilitosi.
    Il film ripercorre attraverso il racconto di Elvira e delle persone che lo hanno conosciuto le tappe dolorose di una vita passata a cercare un proprio posto nella tragicommedia della vita, a cercare di farsi amare e a cercare di essere come gli altri volevano, finendo per perdere la propria identità.

    La sua condizione di emarginazione non è però legata alla sua natura di transessuale, anzi questa sua natura è trattata quasi come normalità nel film. E' sì elemento portante della sua infelicità, è elemento fondante della sua incompiutezza, ma non è visto come elemento di emarginazione: il suo essere respinto è molto più nel profondo e dunque è una condizione riconducibile a chiunque e pertanto ancor più insostenibile.
    Atto d'accusa verso una società che costringe le persone ad interpretare un ruolo all'interno di essa, messa alla berlina dei condizionamenti sociali, vedi la splendida scena del rifacimento in chiave parodistica della sequenza del film con Jerry Lewis alla tv, ma anche film sull'insopprimibile vocazione umana a cercare l'accettazione e l'affetto degli altri a tutti i costi. In questo senso Erwin/Elvira non è solo vittima del conformismo, della società, Elvira è anche vittima di se stessa e del suo bisogno di essere amata e di piacere. Solo che non riesce a soddisfare questo suo bisogno. Diviene l'eroina di un melodramma nel quale non trova però la sua parte.

    Dialoghi intensi e pregnanti, tono desolante e triste, sfiducia nella società, tono aspro.
    Messa in scena magistrale con inquadrature suggestive, originali e insolite, volte a comporre quadri stranianti di grande impatto, così come le luci, i giochi d'ombre e di specchi, il quadro opprimente e allucinato di sequenze come quella della sala giochi o della casa del tizio amico di Zora, movimenti di macchina avvolgenti e sequenze indimenticabili come quella truculenta del mattatoio o quella del convento, con la suora che racconta la vita l'infanzia di erwin girando intorno alla corte. Uso eccezionale dei dialoghi e dei monologhi fuori campo, intensi e pregnanti, come nella scena del mattatoio appunto, dell'orfanotrofio e tutto il finale tristissimo e sconsolato, insensibile e spietato, con la voce registrata. O ancora la sequenza della casa di Elvira con Zora che guarda alla televisione un documentario sul golpe di Pinochet, accende il giradischi eccetera, la discussione filosofica con il suicida, per il quale l'atto del suicidio non è una negazione della volontà di vivere, ma un'affermazione della stessa: il suicida vuole la vita ma è scontento di tutto quello che nella vita rende la volontà di vivere insostenibile e perciò oppone a questo il suicidio.



     
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  13. MrBlù
     
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    CITAZIONE (michibaldi @ 11/4/2012, 14:48) 
    ... la discussione filosofica con il suicida, per il quale l'atto del suicidio non è una negazione della volontà di vivere, ma un'affermazione della stessa: il suicida vuole la vita ma è scontento di tutto quello che nella vita rende la volontà di vivere insostenibile e perciò oppone a questo il suicidio.

    dev'esser-una-sequenza-potentissima, disarmante... di-concetto-anche-difficile-da-inscenar-con-sensibilità
     
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    Altro che Pasqua è Natale, finalmente dei commenti su Fassbinder, contenterrima. :lol: Che poi alcuni sono di novembre, perchè cacchio non mi sono arrivate le notifiche :cry: ... ma insomma, dicevamo. Noto con piacere che sono tutti commenti positivi, ma su questo film non potevo davvero aspettarmi niente di meno, ho già detto il mio preferito del regista tedesco, ha una forza espressiva, sia a livello di storia che di resa filmica proprio, che mi scomnussola ancora le budella. :wub:

    Parlando invece dell'approccio a Fassbinder, in generale, lascerei perdere l'ordine cronologico perchè:

    - sono un frego di film, la cosa diventa un pò difficoltosa se si parte da zero, io tendo a farlo sempre se mi è possibile, con filmografie di 10 massì 15 film è anche fattibile, oltre sinceramente diventa complicato a meno di non avere a disposizione una serie di cofanettoni a prezzi stracciati :lol:

    - non tutti i film hanno lo stesso appeal e sono immediati (ma questo vale per tutti i registi) quindi penso che abbia più senso iniziare a conoscere il regista con i film maggiormente rappresentativi e Fassbinder secondo me ha una buona decina di film che sono imperdibili per qualsiasi amante del cinema, perchè sono storie universali e, uso una parola che mi piace poco e c'azzeccca anche poco, abbastanza fruibili. E sia chiardo che non ne faccio un discorso elitario, dico solo che a livello generale ci sono film che, presi nella globalità (cast, storia, sceneggiatura, montaggio, fotografia) sono cinematograficamente più maturi e più completi, per intenderci ci sono tanti film di netta derivazione teatrale, dialoghi mezzi filosofici con quattro attori in tutto che si muovono su uno/due scenari per tutto il film (il livello di banalizzazione di questa mia ultima frase è altissimo, prendetela con la pinze, è giusto per rendere l'idea), non significa che uno non possa amare anche questi e questi anche più degli altri, però non lo consiglierei come primo approccio, ecco!

    Ma facciamo i nomi, anzi i titoli, questi per me sono quelli assolutamente da vedere a prescindere che il regista si chiami Fassbinder o Peppiniello, in un non precisato ordine:

    Le lacrime amare di Petra von Kant
    Martha
    Lili Marleen
    Lola
    Veronika Voss
    Fontane - Effi Briest
    Un anno con 13 lune
    Il matrimonio di Maria Braun


    Poi proseguirei con Perchè il Signor R è diventato matto? e Il fabbricante di gattini e poi via di seguito, tante cose comunque mancano anche a me quindi potrebbe esserci qualche mancaza terribile.
     
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    CITAZIONE (Tristessa @ 11/4/2012, 20:52) 
    Altro che Pasqua è Natale, finalmente dei commenti su Fassbinder, contenterrima. :lol: Che poi alcuni sono di novembre, perchè cacchio non mi sono arrivate le notifiche :cry: ... ma insomma, dicevamo. Noto con piacere che sono tutti commenti positivi, ma su questo film non potevo davvero aspettarmi niente di meno, ho già detto il mio preferito del regista tedesco, ha una forza espressiva, sia a livello di storia che di resa filmica proprio, che mi scomnussola ancora le budella. :wub:

    Parlando invece dell'approccio a Fassbinder, in generale, lascerei perdere l'ordine cronologico perchè:

    - sono un frego di film, la cosa diventa un pò difficoltosa se si parte da zero, io tendo a farlo sempre se mi è possibile, con filmografie di 10 massì 15 film è anche fattibile, oltre sinceramente diventa complicato a meno di non avere a disposizione una serie di cofanettoni a prezzi stracciati :lol:

    - non tutti i film hanno lo stesso appeal e sono immediati (ma questo vale per tutti i registi) quindi penso che abbia più senso iniziare a conoscere il regista con i film maggiormente rappresentativi e Fassbinder secondo me ha una buona decina di film che sono imperdibili per qualsiasi amante del cinema, perchè sono storie universali e, uso una parola che mi piace poco e c'azzeccca anche poco, abbastanza fruibili. E sia chiardo che non ne faccio un discorso elitario, dico solo che a livello generale ci sono film che, presi nella globalità (cast, storia, sceneggiatura, montaggio, fotografia) sono cinematograficamente più maturi e più completi, per intenderci ci sono tanti film di netta derivazione teatrale, dialoghi mezzi filosofici con quattro attori in tutto che si muovono su uno/due scenari per tutto il film (il livello di banalizzazione di questa mia ultima frase è altissimo, prendetela con la pinze, è giusto per rendere l'idea), non significa che uno non possa amare anche questi e questi anche più degli altri, però non lo consiglierei come primo approccio, ecco!

    Ma facciamo i nomi, anzi i titoli, questi per me sono quelli assolutamente da vedere a prescindere che il regista si chiami Fassbinder o Peppiniello, in un non precisato ordine:

    Le lacrime amare di Petra von Kant
    Martha
    Lili Marleen
    Lola
    Veronika Voss
    Fontane - Effi Briest
    Un anno con 13 lune
    Il matrimonio di Maria Braun


    Poi proseguirei con Perchè il Signor R è diventato matto? e Il fabbricante di gattini e poi via di seguito, tante cose comunque mancano anche a me quindi potrebbe esserci qualche mancaza terribile.

    Sono più o meno le stesse considerazioni fatte in calce a Martha e sono più o meno gli stessi nomi di film che avevo fatto anch'io, tranne Perché il signor R è diventato matto e Il fabbricante di gattini che non ho visto!!! E con la differenza di altri due che mancano anche a me ma che sono ritenuti importanti e cioè; Despair e l'opera fiume Berlin Alexanderplatz. Senza dimenticare Querelle de Brest.

    Personalmente aggiungerei anche Attenzione alla puttana santa e Satansbraten, il più estremo.

    Quello che è impressionante comunque della produzione fassbinderiana è che è formata da più di quaranta opere (comprese 4 film a puntate per la televisione, due di più di 3 ore e due di più di 10), 30 opere teatrali, una non precisata quantità di opere radiofoniche, tutto in soli 13 anni circa di attività.



     
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