Student Services

di Emmanuelle Bercot

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  1. Kurtz
     
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    Un film di Emmanuelle Bercot. Con Déborah François, Alain Cauchi, Benjamin Siksou, Mathieu Demy, Joseph Braconnier, Marc Chapiteau, Pascal Bongard, Anna Sigalevitch, Lou Bohringer, Marthe Caufman, Édith Le Merdy, Frédéric Épaud
    Titolo originale Mes chères études. Drammatico, durata 103 min. - Francia 2010. - Bolero uscita venerdì 26 agosto 2011.

    Laura ha 19 anni, studia all’università e ha un lavoretto in un call center che non basta però a pagare l’affitto, le spese, i libri di testo, del cibo decente. Non volendo mettere in difficoltà i genitori, un muratore e un’infermiera, a corto di soluzioni e senza un soldo che non sia di debito, si avventura una sera in rete su un sito di annunci e trova quello di Joe, cinquantenne di bella presenza, che cerca una studentessa per scambiare qualche tenerezza. Paga cento euro all’ora. Laura si dice che sarà per una volta soltanto, ma il guadagno facile, i problemi improvvisamente svaniti, la possibilità di pagare per una volta da bere agli amici o di comprarsi una giacchetta di pelle, la trasformano immediatamente in qualcuno che vende il proprio corpo per denaro, cercando di dimenticare in fretta il disagio e la violenza per ricordare soltanto la busta e la falsa indipendenza che porta con sé. Anche volendo, per Laura uscire da questa spirale sarà tutt’altro che facile.

    mia recensione

    Secondo il rapporto statale, in Francia ci sarebbero ben quarantamila studenti, tra ragazzi e ragazze, che per mantenersi agli studi universitari decidono di prostituirsi. Il film della Bercot parte da una storia simile, tratta dal romanzo-verità di Laura D. Girato originariamente per la televisione (e un po’ l’opera ne risente) Student Services analizza il problema con lucidità e freddezza, attraverso il corpo da ragazza della porta accanto di Deborah François, bravissima nell’esprimere quel misto di ingenuità e perdizione della protagonista. Il suo corpo quasi sempre nudo (in alcuni casi senza vera necessità) diventa il centro del film che però evita qualsiasi pruderie scegliendo anzi uno stile distaccato che ha l’intenzione di mostrare senza mettersi a pontificare e giudicare ma anzi spesso a rappresentare le contraddizioni di Laura, che dopo l’iniziale bisogno impellente continua nel suo “secondo lavoro” solo per accumulare beni “consumistici”. Con questa visione chirurgica però, Bercot rischia al tempo stesso di raffreddare troppo la materia. Ne viene fuori un film riuscito a metà, cui si aggiunge una visione del problema un po’ troppo insistita: nella vita di provincia come in quella parigina si ha l’impressione che tutte le studentesse o quasi ricorrano alla prostituzione per mantenersi, come se non esistesse alternativa.

    Poi qualcuno ci spiega che senso ha tradurre – in Italia – un titolo francese… con un titolo (diverso) inglese! Misteri dei titolisti nostrani…

    6+/6.5

    Edited by hellboy1 - 30/9/2011, 12:39
     
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  2. MrBlù
     
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    In-effetti-pure-il-trailer-non-promette-tantissimo, sembra-un-film-"americano"-girato-in-francia.
    Il-montaggio-mi-pare-che-cerchi-l'effetto, scommetterei-che-l'indagine-intima-non-è-secca, approfondita,
    ma-piu-improntata-alla-trovata, al-colpo-di-scena.

     
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  3. marsellus wallace
     
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    film decisamente sbilenco, ecco il passaggio stralcio del mio pensiero

    Se la base è innegabilmente vera, una piaga che in Francia ha suscitato parecchio scalpore, non lo è il film, che alla fine diventa una sorta di Irréversible meno tragico, di fatto pornografia senza orgasmo-ciak (cioè senza primo piano, per dirla alla De Palma e il suo Omicidio a luci rosse), si permette nel finale di far guardare in camera alla protagonista con tono di sfida lo spettatore per farlo sentire in colpa e cambiare registro puntando il dito, quando invece chi visiona non ha fatto altro che seguire quanto mostrato, un furbo utilizzo del fatto per farne una serie di spezzoni che sui cliccatissimi siti amatoriali di sharing a tema non sfigurerebbero.
    Il porcellone da condannare alla fine si soddisfa; lo Stato (vero colpevole che non aiuta i nobili intenti degli studenti seri) non si senta particolarmente colpevole, perché alla fine vediamo che Laura aveva anche altre possibilità (il negozio di degustazione vini) che non vendere il suo corpo in quella maniera incessante. Nelle intenzioni della regista Emanuelle Bercot (almeno in quelle da lei dette) c'era di produrre un film asettico, mostrare il fatto nudo e crudo lasciando decidere alla sensibilità urtata di scatenare l'ira; invece si cavalca il tormento in maniera totalmente esteriore e inefficace, l'anima ora impura e la poca estasi (il ricevimento della busta) dovrebbero vivere di momenti in cui sono presenti oltre al voltafaccia Joe anche personaggi maschi macchietta (bambinoni e feticisti) che stridono terribilmente con gli ambienti sporchi e desolati di camere d'albergo e luridi privee. Un film sbilenco e ingannatore, superiore ad altri film con Lolite petulanti (come Melissa P.) ma totalmente fuori bersaglio, fastidioso al punto da far pensare che siano assai peggiori gli sfruttatori che realizzano pellicole in questa maniera rispetto a coloro che cercano sesso a pagamento da chi è in nobile difficoltà.
     
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2 replies since 29/9/2011, 21:48   108 views
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