I primi della lista

di Roan Johnson

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    I primi della lista

    (2011) di Roan Johnson con Claudio Santamaria, Paolo Cioni, Francesco Turbanti, Sergio Pierattini, Daniela Morozzi, Pierpaolo Capovilla




    Un piccolo gioiello di autenticità realizzato con pochi mezzi e molte idee. Commedia on the road minimalista e antiretorica, piena di ironia ma anche di sentimento. Coadiuvato da didascalie che riportano la verità dei fatti, il film è anche un romanzo di formazione nel corso del quale verrà smontato il mito del Masi e restituiti alla realtà i sogni e le paure degli altri due amici: due studentelli convinti da uno più grande e scafato di loro "a fare una cazzata". Una scena in un bar che è davvero una chicca cinematografica di suspense e surrealismo, buoni gli attori sempre credibili nei risvolti tragicomici delle vicende e buona la tensione narrativa, (tanto più considerato il fatto che conoscevo la storia vera, altrimenti mi avrebbe tenuto anche sulle spine). E poi l'atmosfera anni '70 che riesce a farti respirare!



    Giugno 1970: in un'Italia all'indomani della strage di Piazza Fontana e già nel cono d'ombra della strategia della tensione, tre militanti pisani si convincono dell'imminenza di un colpo di Stato, sulla scia di quello dei colonnelli avvenuto in Grecia nel 1967 e dei tentativi andati a vuoto del generale De Lorenzo.

    Uno dei tre è il Masi, cantautore tormentato, leader carismatico e un po' fanfarone degli ambienti della sinistra giovanile pisana, gli altri due, il Lulli e il Gismondi, sono liceali ripetenti (il primo dei quali con il terrore del padre, uomo tutto d'un pezzo e formidabile maschera comica) alle prese con l'imminente esame di maturità e aspiranti musicisti col mito del Masi, con il quale sognano di formare una folk band e girare l'Europa.

    Sono loro i primi della lista, studenti dei collettivi, artisti, intellettuali e musicisti, militanti di lotta continua. Sono loro, nell'imminenza di un colpo di Stato, dunque, i primi della lista di epurazione, i primi che verranno arrestati, condannati, confinati.

    Ed così che, convinti dal Masi che ormai il golpe è in atto, i tre decidono di fuggire verso il confine jugoslavo (Stato amico) e di piazzarsi lì in prossimità della frontiera, in modo da poter espatriare in fretta se le cose si mettono male. Partono così a bordo della A112 del Lulli e per una serie di beffarde coincidenze (è il primo Giugno e fervono i preparativi per la parata militare per commemorare la nascita della Repubblica Italiana) si convincono che il Golpe è iniziato e, trovate chiuse le porte dello Stato amico jugoslavo, cambiano repentinamente rotta verso la "reazionaria" Austria, forzando il blocco alla frontiera.

    Insomma i tre, per una beffarda concomitanza, si convincono a compiere la grande "cazzata" che li terrà in prigione per una quindicina di giorni, metterà in imbarazzo il Ministero degli Esteri e li farà tornare scornati e derisi a Pisa dove per molto tempo non si parlerà d'altro.

    i-primi-della-lista-claudio-santamaria-foto-dal-film-4-_mid

    Roan Johnson apre il film con una serie di cinegiornali e materiali d'archivio alla maniera di Una giornata particolare di Scola, con l'intento di inquadrare storicamente le vicende e di dare credibilità alla folle e insensata avventura dei tre. La storia si inserisce infatti in un momento spartiacque della storia italiana: tra il sogno e le ingenuità del '68 e dintorni e la strategia della tensione e le avvisaglie degli anni di piombo che la strage di Piazza Fontana, la defenestrazione dell'anarchico Pinelli e i drammatici scontri con la polizia davanti alla Bussola di Marina di Pietrasanta, avevano anticipato.

    Dunque ad onor del vero c'è da dire che i timori dei tre non erano del tutto campati in aria, prova ne sia il tentato golpe di Valerio Borghese di pochi mesi dopo, stroncato sul nascere e magnificamente raccontato da Monicelli in Vogliamo i colonnelli!

    Ed è proprio a Monicelli che Johnson (pisanissimo nonostante il padre inglese) guarda, nel tono e nel linguaggio, virando all'avventura picaresca tragicomica con tocchi surreali e grotteschi, ma ammantandola di autenticità, di verità e di nostalgica tenerezza e riuscendo, nonostante le ristrettezze del budget lo abbiano costretto a limitare le locations e a stringere molto sugli attori, a ricreare un'atmosfera d'epoca e un ritratto d'ambiente che conquistano, a dare consistenza narrativa alla storia e a far percepire la paura che muove i protagonisti.

    Il fare di necessità virtù aguzza l'ingegno e la scena tesissima e surreale del bar vicino al confine dove i tre vedono passare i carri armati e quella del forzamento del blocco a alla frontiera con i tre che fuggono a piedi nei boschi inseguiti dalle nostre guardie armate a loro volta inseguite da quelle austriache, sono memorabili!!!

    i-primi%20della%20lista%20-%20festival%20cinema%20roma%202011

    Il regista riesce anche a non prendersi troppo sul serio e a ironizzare su un certo velleitarismo dell'impegno militante (emblematico il collettivo in cui si discute della Grecia e non dei problemi locali per l'insoddisfazione di alcuni), ma non nascondendo la mano e la sua appartenenza a quel mondo e rivendicandone l'onestà, la genuinità e la nobiltà sincera dell'impegno civile. A voler essere pignoli avremmo potuto chiedergli un maggior spessore metaforico nel racconto, ma forse quello che voleva era semplicemente raccontare una storia vera con sincerità e con sguardo divertito ma partecipe. E il finale, in cui la finzione si ricollega alla realtà, con i veri protagonisti della vicenda che entrano in scena sulle note di Quello che non ho di De André, eleva e da un tocco di poetica e autentica tenerezza al film.

    Grandi i tre interpreti, dal bravo Claudio Santamaria che si cala alla perfezione nel ruolo del Masi ai bravissimi due semidebuttanti, Paolo Cioni (il Gismondi) e Francesco Turbanti (il Lulli).!

    Il Masi (noto per aver incisofra le altre, la canzone anarchica La ballata del Pinelli) ancora oggi si può trovare per le strade e le piazze di Pisa con chitarra e piattino, sempre coerente con se stesso.

    Edited by hellboy1 - 8/6/2012, 20:19
     
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  2. MrBlù
     
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    Il-Masi-lo-ricordo-bene-in-corso-Italia, incocciato-piu-d'una-volta-quando-andavo-all'università-e-proprio-un-pisano
    del-mio-corso-mi-raccontò-un-pò-di-lui, della-sua-storia!!!
    Bellissima-recensione, straripante-ed-ispirata, letta-veramente-con-passione-sia-perchè-mi-interessa-il-tema
    sia-perchè-adoro-questi-progetti-tra-amarcord-e-denuncia, tra-ironia-drammatica-e-veridicità-quasi-grottesca.
    Tra-l'altro-sembra-stia-collaborando-con-Gipi-per-questo-progetto : https://dvd.forumcommunity.net/?t=50364645

    Ti-posto-un'intervista-che-avevo-letto-su-movieplayer.it , è-un-pò-lunga-quindi-sò-che-la-eviteranno-tutti-ma-forse-a-te-solletica,
    ci-son-curiosità-ed-altro, il-film-dal-canto-mio-lo-vedrò-di-certo.

    Perchè un regista che è nato nel 1974 decide di occuparsi di una storia che si svolge negli anni '70?
    Roan Johnson: E' la storia che ha scelto me non io che ho scelto la storia. Quattro anni fa mi hanno mandato un racconto di venti pagine scritto da Renzo Lulli, oggi sessantenne, e mi è piaciuto subito moltissimo perchè già ne avevo sentito molto parlare, visto che la storia di questi tre ragazzi a Pisa è una sorta di leggenda metropolitana. E' una storia vera, una storia esemplare a mio avviso, perchè dentro di sé porta il DNA di quei tempi, gli anni '70 sono stati un punto nevralgico della storia italiana, anni cruciali per la creatività e la gioia che si respirava, ma proprio nell'anno in cui avviene questa vicenda il clima di avventura e di ribellione del '68 si mescola con la paura, con la tensione, come se ci si aspettasse che da un momento all'altro potesse succedere il peggio. Come poi effettivamente è avvenuto.

    Hai deciso subito di farne un film?
    Roan Johnson: Era una storia buffa, assurda e surreale che però racconta molto di quel tempo, di quel cambiamento che c'è stato. Ero francamente convinto che non sarei mai riuscito a farne un film, per tanti motivi, è una commedia strana, un po' on-the-road, ed è sugli anni '70, e poi non c'è neanche una donna in tutto il film. Scoraggiato da tutti questi elementi ho iniziato a progettarne un documentario, poi ho stilato una lista di produttori e il primo della lista (ride) era Carlo Degli Esposti. Dopo qualche giorno dal nostro incontro ci hanno richiamato dalla Palomar per dirci che ne volevano fare un film perchè la storia era troppo divertente, così abbiamo iniziato a scrivere la sceneggiatura. Non ho fatto neanche in tempo a portare il soggetto da altri produttori.

    Hai fatto questo film pensando a quegli anni o pensando anche a quel che accade oggi?
    Roan Johnson: Ho sempre studiato gli anni '70, sono sempre stati un punto di riferimento per noi giovani pisani, i movimenti studenteschi di oggi fanno ancora riferimento alla vecchia guardia degli studenti delle lotte di quegli anni difficili e importantissimi. Ho provato da subito un interesse naturale per questa vicenda ma ho voluto filtrare la storia attraverso i miei occhi, raccontarla un po' come fossi io con i miei amici ad aver fatto quella che io definisco una meravigliosa cavolata, per i costumi del film siamo andati nei mercatini vintage, però vedendo loro sul set volevo avere l'impressione di vedere tre ragazzi di oggi vestiti in quel modo un po' retro.

    Quanto vi siete discostati dalla storia reale e in cosa?
    Roan Johnson: Nonostante ci siano dei passaggi abbastanza assurdi, me ne rendo conto, quello che vedete sullo schermo è esattamente ciò che è successo con un cambiamento neanche troppo sostanziale. In realtà l'incontro con i militari avviene sull'autostrada, perchè loro andavano in su e i militari incolonnati andavano in giù. Noi per motivi di budget abbiamo trovato una soluzione drammaturgicamente migliore scegliendo di girare la scena del fatidico incontro in un bar dell'autogrill. Ovviamente i personaggi sono un pochino più romanzati, abbiamo cambiato qualcosa nelle dinamiche relazionali per rendere meglio il carattere dei protagonisti. In realtà l'unico che aveva la carta d'identità era Gismondi e non Lulli come facciamo vedere noi e poi abbiamo usato la A112 di Lulli e non la Fiat500 di Gismondi, e queste cose l'hanno fatto un po' arrabbiare (ride). E' stato un inferno girare con quell'automobilina piccola, il basso budget non ci ha permesso l'uso del camera car e il direttore della fotografia è stato tutto il tempo nel bagagliaio insieme al fonico, ne hanno passate davvero delle belle.

    I primi della lista: Francesco Turbanti nei panni di Renzo Lulli in una scena del film Quanto i tre veri protagonisti del film hanno interagito con voi per creare i personaggi?
    Francesco Turbanti: Il vero Lulli mi ha aiutato molto a ricostuire l'accaduto e il personaggio, ci ha aiutato anche a livello terminologico, a quei tempi per esempio si diceva fascista e non fascio.
    Paolo Cioni: Ad un certo punto il vero Gismondi mi ha chiesto "ma dimmi un po', ma tu lo picchi il Masi a un certo punto?", quando gli ho confessato che in realtà nel film è il Masi a picchiare me lui è andato su tutte le furie. In questi giorni vedrà il film in sala ed avrà questa triste conferma, poverino (ride).
    Claudio Santamaria: Io ho conosciuto Masi l'ultimo giorno di riprese, ho visto però su YouTube tante sue interviste e tante foto. Non dovendo restituire un ritratto fedele di Pino Masi né un biopic, ho cercato di costruirlo come più mi piaceva, c'era già così tanto del personaggio in sceneggiatura che non ho avuto bisogno di ulteriori racconti. Era la storia ad essere in primo piano non i singoli.

    I tre protagonisti, quelli veri, si sono rincontrati tutti insieme grazie al film?
    Roan Johnson: Abbiamo fatto delle letture della sceneggiatura ma non è stato possibile farle tutti insieme perchè Gismondi e Masi non si parlano e non si vogliono incontrare. Abbiamo dovuto organizzare delle letture separate a coppie per non farli incontrare (ride). Ognuno sostiene una sua versione dei fatti, punto cruciale il confine jugoslavo, non si è capito ancora perchè siano tornati indietro e i due danno una versione completamente opposta dei fatti.

    Col dialetto pisano com'è andata?
    Claudio Santamaria: Quando ho accettato il ruolo e ho deciso di fare il film, Roan, che in realtà è un malato di mente (ride), mi ha mandato delle registrazioni in cui con la sua voce mi faceva delle lezioni di pisano moderno. "La parola 'cosa' ha la 'c' come fosse una cappa" mi diceva, e la tiritera andava avanti anche venti minuti con intermezzi suoi che spiegava questa pronuncia piuttosto che quella. Mi correggevano tutti quando sbagliavo sul set ed è stato molto divertente per me lavorare su un accento diverso.

    In questa storia c'è la burla, l'avventura, la crescita, ma il famoso sguardo disincantato che rende questi ragazzi diversi dai ragazzi di oggi dov'è?
    Roan Johnson: Tendenzialmente definirei I primi della lista come una commedia, anche se non appartiene del tutto alla commedia all'italiana dove di solito i personaggi hanno un cinismo che li caratterizza. Per tutto il film pensiamo ai tre come a tre imbecilli, ma rimane di fondo una certa ambiguità, ripercorrendo poi quello che è accaduto negli anni successivi secondo voi possiamo dire che questi erano tre sprovveduti? Oppure avevano visto giusto? Non è una commedia totalmente grottesca o surreale, i personaggi compiono un loro percorso, un percorso che ancora oggi per i tre non si è concluso.

    Quali sono state le maggiori difficoltà durante le riprese? Nel carcere coom'è andata?
    Roan Johnson: Mentre tutte le altre scene sono state girate in un'atmosfera di grande frenesia perchè dovevamo portare a casa tutto quello che potevamo avendo la consapevolezza non saremmo mai più tornati in quel posto, nel carcere invece eravamo tranquilli, è stato senza dubbio il momento migliore delle riprese, quello in cui ho goduto di più nel girare, anche perchè si svolge lì il punto fondamentale e nodale della storia. E' lì che si rompe l'illusione e che i personaggi acquistano spessore passando da tre ragazzotti in fuga a tre ragazzi adulti che capiscono di aver fatto una bravata.

    Claudio Santamaria ride sul set de I primi della lista Cosa ha convinto Claudio Santamaria ad accettare il ruolo?
    Claudio Santamaria: Roan Johnson mi ha mandato una e-mail con questa proposta, io in quel momento non ero molto nel mood da commedia, ma mi ha proposto di vederci vis-a-vis e io ho accettato. Abbiamo fatto questo mega incontro all'hollywoodiana con i nostri rispettivi agenti e siamo giunti ad un compromesso, mi ha detto "facciamo una giornata di prove, ci vediamo noi quattro e lavoriamo sul testo e su qualche scena, poi vediamo quel che esce fuori, se riusciamo a lavorare bene insieme e poi decidiamo". Quella fu una giornata molto bella per me, creativa e divertente, ci siamo intesi dall'inizio e quindi ho deciso di fare il film. C'era sempre il rischio di andare oltre, di cadere in un tipo di recitazione grottesca e sopra le righe, invece l'ottimo lavoro di Roan ci ha riportati sempre a un tipo di recitazione vera, diretta e semplice, senza ammiccare mai troppo alla commedia, e questo a mio avviso fa molto più ridere perchè i tre protagonisti credono davvero in quello che stanno facendo, non sono consapevoli dell'ironia che c'è in quella scena anche perchè in definitiva non c'è niente da ridere.

    Che ritratto emerge di quella generazione dal film? A confronto con le nuove generazioni cosa vedete di diverso?
    Claudio Santamaria: All'epoca c'era un nemico reale, adesso non si sa bene cosa c'è e chi c'è dietro quel che stiamo vivendo in Italia, assai rappresentativa di quella generazione è la canzone finale di De Andrè intitolata "Quello che non ho", pur essendo postuma rappresenta bene lo stato d'animo dei giovani degli anni '70.
    Francesco Turbanti: Essendo il più giovane dei tre mi sento tirato in causa da questo argomento. I tre protagonisti di questa storia fuggono ad un certo punto, ma almeno loro fanno qualcosa. La fuga spesso viene interpretata come una viltà, ma è un errore che non dobbiamo fare perchè quella é comunque un'azione. Al giorno d'oggi non c'è risposta a cosa fare, manca l'azione.

    Turbanti, Cioni e Santamaria insieme al regista Roan Johnson sul set de I primi della lista Nel film la fuga viene vista come forma di protesta, ma oggi, qual è il rapporto di Roan Johnson con la protesta?
    Roan Johnson: I ragazzi nel film vorrebbero continuare a lottare, ma anche salvarsi da eroi dagli avvenimenti che secondo loro stanno per accadere. La fuga è un'alternativa e il diritto alla fuga è sacrosanto. A quei tempi non era la peggiore delle ipotesi mentre in questo momento non penso che la fuga possa cambiare qualcosa. Ho alle spalle un lungo percorso nei centri sociali e nei movimenti studenteschi, quel 15 ottobre ero in piazza a Roma ed è stata per me una sconfitta, c'è stato un sabotaggio del corteo, una cosa che in una protesta anni '70 non sarebbe mai avvenuta, al massimo si sarebbero limitati ad andare verso i palazzi del potere per protestare, invece la protesta di piazza quel giorno si è trasformata in una rivolta contro la polizia, tutto quel che rimane di quella sommossa popolare è questo in definitiva.

    Che sentimenti hai provato quel giorno?
    Roan Johnson: E' stato un peccato perchè quel movimento avrebbe piazzato delle tende a piazza S. Giovanni per una sorta di occupazione pacifica che però ovviamente poi non c'è stata. Continuo a non comprendere il perchè gli studenti non si piazzino sotto Montecitorio come hanno fatto gli spagnoli per molto meno. Mi spiace di questa inerzia, c'è bisogno di un cambiamento radicale che ad oggi sembra impossibile.




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  3. Fred Dastereo
     
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    ho fatto volantinaggio pubblicitario per questo film,poi però l'ho mancato al cinema!Contento di leggere il tuo apprezzamento michi,sicuramente lo vedrò presto!
     
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    CITAZIONE (MrBlù @ 27/3/2012, 19:18) 
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    del-mio-corso-mi-raccontò-un-pò-di-lui, della-sua-storia!!!
    Bellissima-recensione, straripante-ed-ispirata, letta-veramente-con-passione-sia-perchè-mi-interessa-il-tema
    sia-perchè-adoro-questi-progetti-tra-amarcord-e-denuncia, tra-ironia-drammatica-e-veridicità-quasi-grottesca.
    Tra-l'altro-sembra-stia-collaborando-con-Gipi-per-questo-progetto : https://dvd.forumcommunity.net/?t=50364645

    Ti-posto-un'intervista-che-avevo-letto-su-movieplayer.it , è-un-pò-lunga-quindi-sò-che-la-eviteranno-tutti-ma-forse-a-te-solletica,
    ci-son-curiosità-ed-altro, il-film-dal-canto-mio-lo-vedrò-di-certo.

    Perchè un regista che è nato nel 1974 decide di occuparsi di una storia che si svolge negli anni '70?
    Roan Johnson: E' la storia che ha scelto me non io che ho scelto la storia. Quattro anni fa mi hanno mandato un racconto di venti pagine scritto da Renzo Lulli, oggi sessantenne, e mi è piaciuto subito moltissimo perchè già ne avevo sentito molto parlare, visto che la storia di questi tre ragazzi a Pisa è una sorta di leggenda metropolitana. E' una storia vera, una storia esemplare a mio avviso, perchè dentro di sé porta il DNA di quei tempi, gli anni '70 sono stati un punto nevralgico della storia italiana, anni cruciali per la creatività e la gioia che si respirava, ma proprio nell'anno in cui avviene questa vicenda il clima di avventura e di ribellione del '68 si mescola con la paura, con la tensione, come se ci si aspettasse che da un momento all'altro potesse succedere il peggio. Come poi effettivamente è avvenuto.

    Hai deciso subito di farne un film?
    Roan Johnson: Era una storia buffa, assurda e surreale che però racconta molto di quel tempo, di quel cambiamento che c'è stato. Ero francamente convinto che non sarei mai riuscito a farne un film, per tanti motivi, è una commedia strana, un po' on-the-road, ed è sugli anni '70, e poi non c'è neanche una donna in tutto il film. Scoraggiato da tutti questi elementi ho iniziato a progettarne un documentario, poi ho stilato una lista di produttori e il primo della lista (ride) era Carlo Degli Esposti. Dopo qualche giorno dal nostro incontro ci hanno richiamato dalla Palomar per dirci che ne volevano fare un film perchè la storia era troppo divertente, così abbiamo iniziato a scrivere la sceneggiatura. Non ho fatto neanche in tempo a portare il soggetto da altri produttori.

    Hai fatto questo film pensando a quegli anni o pensando anche a quel che accade oggi?
    Roan Johnson: Ho sempre studiato gli anni '70, sono sempre stati un punto di riferimento per noi giovani pisani, i movimenti studenteschi di oggi fanno ancora riferimento alla vecchia guardia degli studenti delle lotte di quegli anni difficili e importantissimi. Ho provato da subito un interesse naturale per questa vicenda ma ho voluto filtrare la storia attraverso i miei occhi, raccontarla un po' come fossi io con i miei amici ad aver fatto quella che io definisco una meravigliosa cavolata, per i costumi del film siamo andati nei mercatini vintage, però vedendo loro sul set volevo avere l'impressione di vedere tre ragazzi di oggi vestiti in quel modo un po' retro.

    Quanto vi siete discostati dalla storia reale e in cosa?
    Roan Johnson: Nonostante ci siano dei passaggi abbastanza assurdi, me ne rendo conto, quello che vedete sullo schermo è esattamente ciò che è successo con un cambiamento neanche troppo sostanziale. In realtà l'incontro con i militari avviene sull'autostrada, perchè loro andavano in su e i militari incolonnati andavano in giù. Noi per motivi di budget abbiamo trovato una soluzione drammaturgicamente migliore scegliendo di girare la scena del fatidico incontro in un bar dell'autogrill. Ovviamente i personaggi sono un pochino più romanzati, abbiamo cambiato qualcosa nelle dinamiche relazionali per rendere meglio il carattere dei protagonisti. In realtà l'unico che aveva la carta d'identità era Gismondi e non Lulli come facciamo vedere noi e poi abbiamo usato la A112 di Lulli e non la Fiat500 di Gismondi, e queste cose l'hanno fatto un po' arrabbiare (ride). E' stato un inferno girare con quell'automobilina piccola, il basso budget non ci ha permesso l'uso del camera car e il direttore della fotografia è stato tutto il tempo nel bagagliaio insieme al fonico, ne hanno passate davvero delle belle.

    I primi della lista: Francesco Turbanti nei panni di Renzo Lulli in una scena del film Quanto i tre veri protagonisti del film hanno interagito con voi per creare i personaggi?
    Francesco Turbanti: Il vero Lulli mi ha aiutato molto a ricostuire l'accaduto e il personaggio, ci ha aiutato anche a livello terminologico, a quei tempi per esempio si diceva fascista e non fascio.
    Paolo Cioni: Ad un certo punto il vero Gismondi mi ha chiesto "ma dimmi un po', ma tu lo picchi il Masi a un certo punto?", quando gli ho confessato che in realtà nel film è il Masi a picchiare me lui è andato su tutte le furie. In questi giorni vedrà il film in sala ed avrà questa triste conferma, poverino (ride).
    Claudio Santamaria: Io ho conosciuto Masi l'ultimo giorno di riprese, ho visto però su YouTube tante sue interviste e tante foto. Non dovendo restituire un ritratto fedele di Pino Masi né un biopic, ho cercato di costruirlo come più mi piaceva, c'era già così tanto del personaggio in sceneggiatura che non ho avuto bisogno di ulteriori racconti. Era la storia ad essere in primo piano non i singoli.

    I tre protagonisti, quelli veri, si sono rincontrati tutti insieme grazie al film?
    Roan Johnson: Abbiamo fatto delle letture della sceneggiatura ma non è stato possibile farle tutti insieme perchè Gismondi e Masi non si parlano e non si vogliono incontrare. Abbiamo dovuto organizzare delle letture separate a coppie per non farli incontrare (ride). Ognuno sostiene una sua versione dei fatti, punto cruciale il confine jugoslavo, non si è capito ancora perchè siano tornati indietro e i due danno una versione completamente opposta dei fatti.

    Col dialetto pisano com'è andata?
    Claudio Santamaria: Quando ho accettato il ruolo e ho deciso di fare il film, Roan, che in realtà è un malato di mente (ride), mi ha mandato delle registrazioni in cui con la sua voce mi faceva delle lezioni di pisano moderno. "La parola 'cosa' ha la 'c' come fosse una cappa" mi diceva, e la tiritera andava avanti anche venti minuti con intermezzi suoi che spiegava questa pronuncia piuttosto che quella. Mi correggevano tutti quando sbagliavo sul set ed è stato molto divertente per me lavorare su un accento diverso.

    In questa storia c'è la burla, l'avventura, la crescita, ma il famoso sguardo disincantato che rende questi ragazzi diversi dai ragazzi di oggi dov'è?
    Roan Johnson: Tendenzialmente definirei I primi della lista come una commedia, anche se non appartiene del tutto alla commedia all'italiana dove di solito i personaggi hanno un cinismo che li caratterizza. Per tutto il film pensiamo ai tre come a tre imbecilli, ma rimane di fondo una certa ambiguità, ripercorrendo poi quello che è accaduto negli anni successivi secondo voi possiamo dire che questi erano tre sprovveduti? Oppure avevano visto giusto? Non è una commedia totalmente grottesca o surreale, i personaggi compiono un loro percorso, un percorso che ancora oggi per i tre non si è concluso.

    Quali sono state le maggiori difficoltà durante le riprese? Nel carcere coom'è andata?
    Roan Johnson: Mentre tutte le altre scene sono state girate in un'atmosfera di grande frenesia perchè dovevamo portare a casa tutto quello che potevamo avendo la consapevolezza non saremmo mai più tornati in quel posto, nel carcere invece eravamo tranquilli, è stato senza dubbio il momento migliore delle riprese, quello in cui ho goduto di più nel girare, anche perchè si svolge lì il punto fondamentale e nodale della storia. E' lì che si rompe l'illusione e che i personaggi acquistano spessore passando da tre ragazzotti in fuga a tre ragazzi adulti che capiscono di aver fatto una bravata.

    Claudio Santamaria ride sul set de I primi della lista Cosa ha convinto Claudio Santamaria ad accettare il ruolo?
    Claudio Santamaria: Roan Johnson mi ha mandato una e-mail con questa proposta, io in quel momento non ero molto nel mood da commedia, ma mi ha proposto di vederci vis-a-vis e io ho accettato. Abbiamo fatto questo mega incontro all'hollywoodiana con i nostri rispettivi agenti e siamo giunti ad un compromesso, mi ha detto "facciamo una giornata di prove, ci vediamo noi quattro e lavoriamo sul testo e su qualche scena, poi vediamo quel che esce fuori, se riusciamo a lavorare bene insieme e poi decidiamo". Quella fu una giornata molto bella per me, creativa e divertente, ci siamo intesi dall'inizio e quindi ho deciso di fare il film. C'era sempre il rischio di andare oltre, di cadere in un tipo di recitazione grottesca e sopra le righe, invece l'ottimo lavoro di Roan ci ha riportati sempre a un tipo di recitazione vera, diretta e semplice, senza ammiccare mai troppo alla commedia, e questo a mio avviso fa molto più ridere perchè i tre protagonisti credono davvero in quello che stanno facendo, non sono consapevoli dell'ironia che c'è in quella scena anche perchè in definitiva non c'è niente da ridere.

    Che ritratto emerge di quella generazione dal film? A confronto con le nuove generazioni cosa vedete di diverso?
    Claudio Santamaria: All'epoca c'era un nemico reale, adesso non si sa bene cosa c'è e chi c'è dietro quel che stiamo vivendo in Italia, assai rappresentativa di quella generazione è la canzone finale di De Andrè intitolata "Quello che non ho", pur essendo postuma rappresenta bene lo stato d'animo dei giovani degli anni '70.
    Francesco Turbanti: Essendo il più giovane dei tre mi sento tirato in causa da questo argomento. I tre protagonisti di questa storia fuggono ad un certo punto, ma almeno loro fanno qualcosa. La fuga spesso viene interpretata come una viltà, ma è un errore che non dobbiamo fare perchè quella é comunque un'azione. Al giorno d'oggi non c'è risposta a cosa fare, manca l'azione.

    Turbanti, Cioni e Santamaria insieme al regista Roan Johnson sul set de I primi della lista Nel film la fuga viene vista come forma di protesta, ma oggi, qual è il rapporto di Roan Johnson con la protesta?
    Roan Johnson: I ragazzi nel film vorrebbero continuare a lottare, ma anche salvarsi da eroi dagli avvenimenti che secondo loro stanno per accadere. La fuga è un'alternativa e il diritto alla fuga è sacrosanto. A quei tempi non era la peggiore delle ipotesi mentre in questo momento non penso che la fuga possa cambiare qualcosa. Ho alle spalle un lungo percorso nei centri sociali e nei movimenti studenteschi, quel 15 ottobre ero in piazza a Roma ed è stata per me una sconfitta, c'è stato un sabotaggio del corteo, una cosa che in una protesta anni '70 non sarebbe mai avvenuta, al massimo si sarebbero limitati ad andare verso i palazzi del potere per protestare, invece la protesta di piazza quel giorno si è trasformata in una rivolta contro la polizia, tutto quel che rimane di quella sommossa popolare è questo in definitiva.

    Che sentimenti hai provato quel giorno?
    Roan Johnson: E' stato un peccato perchè quel movimento avrebbe piazzato delle tende a piazza S. Giovanni per una sorta di occupazione pacifica che però ovviamente poi non c'è stata. Continuo a non comprendere il perchè gli studenti non si piazzino sotto Montecitorio come hanno fatto gli spagnoli per molto meno. Mi spiace di questa inerzia, c'è bisogno di un cambiamento radicale che ad oggi sembra impossibile.




    il-trailer
    (FILE:www.youtube.com/v/QUTrZhPHU54?versi...ayer_detailpage)

    Letta, gustosissima. Certe cose le sapevo già perché le avevo sentite dall'autore che era presente alla proiezione insieme ad uno degli attori, Paolo Cioni, dove ha raccontato la genesi del film, le tribolazioni e diversi aneddoti, corredati da immagini del backstage.

    Grazie, è pellicola che mi ha conquistato nella sua semplicità e nella sua leggerezza e che merita di essere promossa, come lo merita il cinema italiano giovane di qualità, sempre più ai margini e soffocato dalle troppe inutili commediole dei soliti noti infarcite di miracolati televisivi (Volo in primis) o da gente ormai bollita, e anche perché ha avuto una distribuzione pessima e per niente coraggiosa, dal momento che nei pochi cinema dove è stato proiettato ha fatto il pienone e nonostante abbia goduto, almeno dalle nostre parti, di un tam tam popolare che ne reclamava la visione.

    Questo film e quello di Gipi, due esordi (a dire il vero Johnson aveva diretto uno degli episodi di 4-4-2, ma questo è un suo progetto personale e sentito) sono stati una vera boccata d'aria fresca e una ventata di originalità nell'ultima annata cinematografica italiana. Singolare poi che queste liete novità siano venute entrambe da Pisa, città che per altro ha perso da poco il suo esponente culturale più illustre tra i contemporanei, Antonio Tabucchi!

    Aspetto con curiosità il nuovo progetto di Gipi e Johnson!
     
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  5. MrBlù
     
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    E-noi-la-promuoveremo-vedrai, su-Gipi-ti-ho-risposto-in-recensioni, ma-Roan-lo-voglio-recuperar-ad-ogni-costo,
    e-per-questo-speravo-fosse-ancora-disponibile-al-cinema, ma-con-l'estate-alle-porte-non-è-detta-l'ultima-parola,
    l'arena-estiva-durante-la-settimana-proietta-tutto-dell'inverno-passato, comprese-le-minori-che-per-un-motivo
    o-per-l'altro-non-han-avuto-risonanza..

    E-poi-mi-accodo-sul-cinema-inutile, ripetitivo, autocommemorativo, che-ne-abbiamo-piene-le-balle
    ci-voglion-progetti-come-questo, fresci, coraggiosi, ingegnosi, specie-nel-nostro-cinema!!!
     
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  6. Fedor Lynch
     
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    passo per sostenere questo gioiellino che il michi ci ha fatto conoscere..

    davvero molto bello, nella sua struttura da road movie, molto ironico ed allo stesso tempo capace di sollevare un paio di questioni un po' più importanti.. consiglio caldamente di recuperarlo
     
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    Trama:
    Profonda provincia di Pisa, anni della contestazione, pieno caldo '68-'70: due ragazzi, Renzo Lulli (Francesco Turbanti) e Fabio Gismondi (Paolo Cioni), invece di prepararsi per gli esami di maturità fanno parte di Lotta continua e sentono il soffio della rivoluzione. Il loro mentore spirituale è Pino Masi (Claudio Santamaria), cantautore che appartiene ai circuiti che contano; i due lo vanno a trovare per suonare insieme, ma lui li convince a intraprendere un viaggio di fuga dalla Toscana per via di un supposto golpe.

    Recensione:
    Forse ci voleva un italo-inglese a raccontare fatti tumultuosi e complessi del nostro passato tricolore?
    Il regista Roan Johnson arriva al primo appuntamento con il lungometraggio occupandosi dell'argomento spigoloso degli anni di piombo, della rivoluzione giovanile, della contestazione allo stato borghese e dell'ambivalenza fra rossi e neri. Lui, di padre albionico, si è diplomato al Centro sperimentale di cinematografia di Roma ed è già stato sceneggiatore di Ora o mai più di Lucio Pellegrini, poi di 4-4-2 – Il gioco più bello del mondo.
    Gli antefatti del progetto riguardano i veri protagonisti di questa vicenda paradossale; I primi della lista attiene infatti ad una storia vera, quella di tre pisani che partirono alla volta del confine rapiti dalla paranoia che qualcosa di pesantemente pericoloso si stesse verificando. Il Lulli, il Gismondi e il Pini sono esistiti davvero ed hanno avuto voce in capitolo precisa nella realizzazione della pellicola in fatto di consulenza; appaiono tra l'altro anche nella scena finale.
    Johnson si è anche servito per il trittico attoriale principale di due esordienti, Turbanti e Cioni, più Claudio Santamaria. Costoro si miscelano in modo più che adeguato creando una fervida intesa e riescono, supportati dal lavoro in fase di sceneggiatura, a far respirare il clima come da progetto iniziale. In tal senso l'obiettivo di Johnson è da considerarsi riuscito: quell'ansia, quell'adrenalina, quel fremito proprio dei giovani sessantottini (che spesso il cinema italiano ha tralasciato quasi fosse peccato mortale, pietra tombale da non dover scoperchiare in virtù di silenti e intoccabili diktat) sgorga con la giusta misura, la giusta delicatezza, senza intrusioni, senza particolari atteggiamenti schierati. I tre, capitanati dalla personalità istrionica e paranoica di un bravo Santamaria, si ritengono “i primi della lista”, coloro che i fascisti, i borghesi, i carabinieri, lo stato verranno a cercare. E non capiscono bene perchè, le motivazioni, sanno solo, ne sono anzi certi, che la loro vita è in pericolo solo per il fatto di aver sposato il rosso come abito mentale.
    Il plot non prevede molti avvenimenti e questo potrebbe essere reputato un limite; ma alla fine la scansione degli avvenimenti è virtuosa poiché lo spettatore si imbeve di una placida sensazione di naturalezza, di piacevolezza nel notare come la pellicola non sia caricata di significati, ideologie astruse e arzigogolate. Non è un film politico, non vuole essere; l'andamento tradisce una partecipata disposizione sentimentale per le vicende di questi tre giovani. Ma è come se essi non fossero considerati dei rifugiati politici nè dei barbosi fautori di teorie sovversive; bensì vengono colti nella loro giovinezza, nella freschezza dei loro spontanei e ingenui impeti di vita.
    E allora l'opera si fa nostalgica e ricorda a ciascuno di noi il saporito flavour della giovinezza, quando i profumi sono più profumati, i sensi più spiccati, quando una ragazzata anche priva di costrutto razionale si fa valore aggiunto esperienziale.
    Il film, nella sua semplicità che non si fa mai superficiale leggerezza e che non cade nella trappola del qualunquismo, si fa piccolo piccolo con il cuore grande. E c'è di più: tale leggerezza getta nel profondo interrogativi che, se da un lato lo stesso non ha la minima intenzione di dirimere, dall'altro davanti ad essi siamo tutti chiamati a riflettere. Il Masi di certo era paranoico, ansiogeno ed esagerato nell'ingigantire ciò che stava succedendo nel nostro paese. Ma chissà, in tutto quel putiferio di istanze alla luce del sole e celate, in quegli anni quali pericoli concreti ha davvero patito l'Italia. Spinte di diversa estrazione scalpitavano in ogni dove, diverse bandiere rivendicavano un posto nel mondo e chissà davvero che non siamo arrivati a un centimetro dal collasso e non ce ne siamo resi conto. Chissà che non avessero ragione questi tre scapestrati a tentare una via di fuga da questo paese. Ai posteri l'ardua sentenza.

    DVD .
    Il supporto ottico si poggia su un buon livello per gli aspetti audio e video.
    Gli extra constano nelle interviste, nei ciak scartati e nel trailer.
     
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6 replies since 27/3/2012, 17:46   232 views
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