Il Sospetto

di Thomas Vinterberg

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  1. michibaldi
     
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    Il sospetto

    ilsospetto450v

    Lukas è una brava persona, insegna in un asilo ed è amato e stimato da tutti.
    Lukas è un mostro, scacciato da tutti.

    Cos'è che non quadra in queste due definizioni entrambe "vere"?

    Incorniciate da due scene di caccia dal significato antitetico, il film queste definizioni le mette mirabilmente in scena:
    la prima è vera in quanto fotografa la persona e la percezione che di lui ha la gente che lo conosce (e gli spettatori);
    la seconda diventa vera quando una "verità" accettata per definizione non può che prevedere che diventino "vere" anche le conseguenze che dipendono da quella "verità"!!

    il-sospetto

    Lukas è un uomo che ha sofferto: la sua vita è andata in pezzi quando la scuola dove lavorava ha chiuso ed è stato licenziato e la moglie se n'è andata portandosi via il figlio. Lukas però non si è abbattuto, anzi si è adattato a lavorare in un asilo per aver la possibilità di ottenere la custodia del figlio e ha cercato di ricominciare a vivere, nutrendosi dell'affetto degli amici e di Fanny, l'inseparabile cagnetta.
    E così la sua vita sembra ricominciare davvero col nuovo lavoro per il quale è portato, tanto i bambini lo adorano, un figlio di cui sta per ottenere finalmente l'affidamento e un amore che sta per nascere con una giovane collega.

    La comunità in cui vive è una comunità apparentemente aperta e serena. Una sorta di famiglia allargata, a cui, tra riti di caccia, feste, cene conviviali, egli appartiene totalmente.

    Eppure quella fotografia sporca e livida, quei colori freddi e plumbei, quelle immagini simboliche di una natura idilliaca ma penetrata e permeata del senso di morte che la caccia rappresenta, pur nei suoi rituali di amicizia virile, quella purezza di sguardo mai enfatica ma nuda e cruda e quella camera a mano, più ferma dei tempi di Festen ma altrettanto acuta e penetrante, con la quale Vinterberg entra in quelle case perfette, segue da vicino i movimenti dei corpi, si attacca ai volti e li esplora in ogni minimo impercettibile gesto ed espressione, carica l'atmosfera di ambiguità e fa presagire qualcosa di sinistro e di malsano.

    Può un uomo amato e stimato da tutti, diventare improvvisamente un mostro? Può l'essere umano dotato di raziocinio smettere improvvisamente di ragionare, farsi abbagliare e condizionare a vicenda, trasformare un sospetto, per altro molto debole, in verità accertata e inoppugnabile senza porsi il dubbio, senza porsi nei panni dell'altro, senza cercare di capire, di sapere, di domandare, di trovare spiegazioni?

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    Questo accade!

    Klara la figlia di Theo, il suo migliore amico, che frequenta l'asilo dove Lukas lavora, che più di una volta ha riaccompagnato a casa e che è molto affezionata a lui e al suo cane, gli regala un cuore e gli da un bacio. Rimproverata perché queste sono "cose da grandi", sentendosi umiliata rivela, per capriccio o dispetto o non si sa, alla direttrice dell'asilo di aver subito abusi da Lukas, senza sapere nemmeno il significato di quello che dice.

    Laddove la parola di un bambino è verità per definizione, perché nell'infanzia non si mente, nessuna altra dimostrazione serve, nemmeno le successive ritrattazioni e ammissioni di aver detto una stupidaggine, perché quel concetto sulla verità dei bambini è inappellabilmente valido solo una prima volta poi non più. In un'escalation incredibile di superficialità, bigottismo, meschinità (da parte della direttrice, dello psicologo della scuola e dei colleghi, dei familiari), il sospetto si stringe attorno a Lukas, senza che questi inizialmente abbia la possibilità né di sapere né il perché né l'origine delle accuse infamanti, e deflagra con violenza nella comunità senza che egli abbia mai la possibilità di dire la sua, di cercare spiegazioni e di accertare la verità.

    Il sospetto sempre più accerchiante e soverchiante lo trascina in un incubo senza fine: prima amato e rispettato, ora da quelle stesse persone viene respinto, isolato, insultato, minacciato e maltrattato.
    Lukas diviene il mostro senza che nessuno si prenda la briga di sapere la verità, senza che nessuno si ponga il dubbio della sua sincerità e onestà, lui che era sempre stato un punto di riferimento per la comunità, amato e ammirato, anche per le sue vicissitudini private che non lo hanno mai fatto perdere d'animo, ora è un reietto, scacciato con violenza dalle botteghe, licenziato dal lavoro ed emarginato.

    Dove il sospetto diviene realtà anche contro ogni forma di raziocinio, non si aspetta che la legge faccia le sue indagini, segua il suo corso e che lo assolva per insussistenza del fatto, il tribunale del popolo ha già deciso: siccome l'accusa è ritenuta vera allora lui è un mostro vero. E così la famiglia allargata della sua comunità, quella che lo aveva supportato dopo lo sfascio della sua famiglia vera e propria, diviene la sua prigione esistenziale e la sua pubblica gogna.

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    In Festen, indimenticato, scioccante e folgorante esordio del regista, manifesto del dogma capitanato da Von Trier, al centro erano le vittime innocenti di abusi, qui sono i presunti mostri, ma il sentimento che ci attanaglia e ci angoscia è lo stesso: una sfiducia completa nella natura umana.

    In questa deriva morale dell'umanità o si scappa o si è impallinati come i cervi dell'inizio e della fine, ma Lukas non ci sta, Lukas decide di affrontare con dignità la sua via crucis, sostenuto solo dal figlio e da un amico che ha fede in lui e che vede il mondo impazzito, non si nasconde e non se ne va, reclama i propri diritti, non cede alla violenza ma affronta la comunità a testa alta.

    Le stazioni del suo calvario sono dolorose ma anche significative: l'uccisione del cane, l'assalto alla sua casa, la brutale cacciata dal negozio di alimentari, il pestaggio del figlio, anch'egli ora indesiderato in quanto le colpe dei padri si riversano sui figli, la messa di Natale, la cena consumata di notte con chi, Theo,i forse negli occhi di Lukas, finalmente costretto a guardarci dentro senza più aver la possibilità di fuggirli, ha visto la verità dell'uomo, finendo sopraffatto dal rimorso.
    Una sequenza straordinaria che parte dalla messa di Natale e finisce in un pasto frugale di mesta riconciliazione in casa di Lukas: c'è tutto in quella scena, rabbia, disperazione, orgoglio, passione, dignità, verità!

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    Passa il tempo e nella comunità ritorna la serenità, apparente; nella festa per l'entrata nel mondo dei cacciatori, simbolo dell'entrata nella vita adulta, del figlio di Lukas, si celebrano i rituali come se nulla fosse accaduto e si arriva alla commozione quando lo stesso Lukas rivede Klara e vince l'empasse emotivo aiutandola ad attraversare un pavimento fitto fitto di quelle righe che proprio non si possono evitare. E' un momento di serenità apparente: la pessimista chiusura del cerchio della scena di caccia, dove un cervo che fugge e un colpo mancato (?) sono in antitesi con il cervo colpito dell'inizio, sancisce che il sospetto, codardamente nascosto nella folla, non finirà mai.

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    Straordinario Mads Mikkelsen (Pusher, Valhalla Rising, Dopo il matrimonio, Le mele di Adamo, Agente 007: Casinò Royale), che tiene il film sulle proprie spalle, che recita col corpo e con quel volto segnato dalla sofferenza ma che non perde mai la dignità e la speranza, con quegli occhi che reclamano verità e giustizia ma non si abbassano mai e con i quali riesce ad esprimere tutti gli stati emotivi. L'attore è stato premiato a Cannes. Bravissima anche la bambina che interpreta Klara!

    Atmosfera angosciante e nichilista per un film che prende allo stomaco e non molla mai la presa dall'inizio alla fine, che indigna, sconforta, commuove e lascia con un indefinito senso di malessere.

    Vedo che ha colpito anche Revu e Trinità che ne son rimasti sopraffatti e che lo han ben descritto. Per me uno dei film dell'anno! :wub:

    Edited by michibaldi - 14/12/2012, 20:06
     
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