A Proposito Di Davis

di Ethan e Joel Coen

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  1. michibaldi
     
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    CITAZIONE (Spunk @ 10/2/2014, 13:59) 
    CITAZIONE (michibaldi @ 10/2/2014, 13:40) 
    E come si suol dire, la pezza è peggiore del buco!!! Già ci sarebbe da fermarsi e chiudere tutto all'affermazione "il mare di merda che è il cinema italiano" (che pure non se la passa benissimo, anzi se la passa proprio male, soprattutto a livello di cinema medio, mentre non manca affatto in quello d'autore altrimenti dovrei dire che ti sei perso qualcosa se non molto per strada). Un'affermazione che è il festival del qualunquismo della peggior specie.

    Poi quel "se fosse stato un critico con anni di studio sarebbe grave", dato che invece sei stato tu, normale appassionato, ma che probabilmente ed evidentemente non te ne intendi tanto (altrimenti sarebbe chiosa inutile e superflua), allora non è grave. Ma dai!

    Allora tanto per aprirti gli occhi ti dico che fior fior di critici, con anni di studio alle spalle, tipo Giona Nazzaro di Rumore ad ora hanno bocciato il film dei Coen ed altri, come Mauro Gervasini, ex Duel e Duellanti, sono stati molto tiepidi assegnando un 6.

    Io non l'ho ancora visto e non mi esprimo a riguardo, i Coen, li adoro molto, hanno sfornato capolavori, ma anche loro in passato non sempre sono stati all'altezza della loro fama, risultando comunque godibili, ma Virzì è un grande autore e non sarà mai troppo presto quando finalmente la si smetterà di considerarlo autore di secondo piano perché autore da commedia all'italiana e nulla più (che significa poi i difetti tipici della commedia all'italiana: io per commedia all'italiana intendo quella di Monicelli, Risi, Scola, Comencini ecc.. che ha prodotto opere immense, che ha fatto scuola nel mondo e che è uno dei fiori all'occhiello della nostra cinematografia. Non intendo di certo quella dei Genovese, Brizzi, Vanzina, Pieraccioni e compagnia che non è affatto commedia all'italiana.

    Questo suo Il capitale umano è tutt'altro che filmetto di genere (come se poi essere film di genere fosse una colpa o fosse da considerare un ridimensionamento: Psycho è un film di genere come lo è La cosa di Carpenter), ma un film potente, dalla costruzione narrativa complessa e impeccabile, dalla gestione dei tempi e della tensione perfetta e dalla raffinatezza formale mirabile. Condito di personaggi atrocemente veri nella loro povertà spirituale o di personaggi di sconfitti non senza colpe (come la Bruni Tedeschi) di intensa fattura, pur non esente di alcuni difetti nella caratterizzazione forzata di alcuni personaggi di contorno (tipo Lo Cascio). quella dei giovani. Insomma un acuto e profondo spaccato sociale, amaro e senza speranza...o forse sì, quella dei giovani.

    In definitiva non c'è alcuna lesa maestà nel preferire Il Capitale Umano, avessimo detto Zalone!!! Fine OT.

    Non vedo come il cinema italiano se la possa passar bene, visto che negli ultimi anni a parte Sorrentino, Garrone e se vogliamo anche Tornatore(sicuramente me ne dimentico qualcuno ma non è questo il punto), oltre al già citato Virzì, ha fatto vedere ben poco, se poi vogliamo dire di no ok.

    Mi sono poi dimenticato di specificare "i difetti della commedia italiana degli ultimi anni", e anche lì vabbè siete liberi di pensarla diversamente ma secondo me è proprio quello il problema del film: voler fare qualcosa (che sia thriller piuttosto che noir non importa) portandosi dietro i difetti che contraddistinguono la commedia italiana degli ultimi anni. Che poi ho anche apprezzato Il capitale umano, ripeto.

    Per quanto riguarda i critici, per il mio modo di vedere è grave che un critico mi dica che Il capitale umano vale 9 e Davis 7.5. Sarà che boh non mi piace metterla sui numeri (anche perchè 9/10 vuol dire capolavoro o poco ci manca, per questo i numeri non mi piacciono a prescindere) ma non mi sembrano voti assegnati con oggettività. Anche quì ripeto, c'è il gusto personale, e allora va benissimo dirlo, mi ha solo stranito la differenza numerica. Che poi ci siano critici che dicono stronzate quello lo sanno tutti, la mia affermazione era solo per dire che quei voti ci stanno in base al gusto personale, in base all'oggettivo valore artistico no. Che poi anche questa è una mia opinione, quindi il ciclo si potrebbe ripetere all'infinito, come giustamente hai fatto notare tu.

    Finisco l'OT concordando sul fatto che non c'è lesa maestà preferendo il film di Virzì. Mi ha solo sorpreso, perchè ho trovato nell'ultimo lavoro dei Coen un livello di cinema veramente alto.

    Ecco bravo, così già meglio! Infatti il cinema italiano non se la passa bene, come avevo scritto anche nella parte evidenziata, soprattutto perché manca il cosiddetto cinema medio di qualità, che è quello che fa sistema, attorcigliato com'è in una serie di commediucole copia ed incolla insulse e all'acqua di rose e dall'estetica paratelevisiva (e intendo la nostra fiction televisiva, non di certo quella americana che ce ne fosse!!!).

    Finché il pubblico le premia però, purtroppo c'è poco modo di cambiare marcia....però, appunto, nonostante ciò (e questo è il miracolo) non è comunque un mare di merda, perché grazie al cielo anche negli ultimi anni, nel cinema d'autore e nel cinema indipendente, si continua a vedere della vitalità, perché ci sono ancora, e son venuti fuori, autori importanti, tra nuovi e vecchi maestri, che fanno e "osano fare" opere di qualità: oltre a Sorrentino, Garrone e Virzì, Crialese, Bechis, Benvenuti, Ferrario, Amelio, Moretti, Ciprì, Soldini, Mazzacurati, Giordana, Dritti, Marco Risi, Bellocchio, a sprazzi Luchetti e lo stesso Salvatores, nonché il gradito ritorno in grande stile di Bertolucci e dei fratelli Taviani.

    I difetti della commedia italiana degli ultimi anni sono evidenti, ma il problema è questo: da chi è purtroppo rappresentata la commedia italiana degli ultimi anni? Ecco il vero tasto dolente.

    E se guardi in questa discussione recente, proprio nel topic de Il capitale umano, non ho di certo fatto finta di non vedere: #entry391149691.

    Virzì è però un'altra cosa, Virzì, come i vecchi maestri, riesce a coniugare autorialità e semplicità di linguaggio, degno erede di quella gloriosa tradizione della commedia all'italiana che pure non ha lesinato di ricorrere anche a stereotipi e personaggi caricaturali, ma usandoli come iperboli grottesche o tragicomiche, perfettamente caratterizzate, adatte allo scopo prefissato e inserite magnificamente nel contesto narrativo, così da fungere da contrasto e da risultare credibili nel loro essere spesso più veri del vero.

    Lo stesso è quello che fa Virzì da sempre e che fa pure in questo Capitale umano, seppur uscendo dai binari canonici della commedia: perché è inevitabile che un autore si porti dietro le proprie caratteristiche, che importi in "generi altri" i propri stilemi (lo ha fatto Monicelli in quel film nero che è Un borghese piccolo piccolo, lo ha fatto Comencini nella sua incursione nel giallo di La donna della domenica eccetera).

    L'importante è il come lo fa e Virzì ne Il capitale umano non fa del macchiettismo spicciolo, ma costruisce personaggi veri, li connota, da loro spessore e carattere, alcuni li deforma in chiave grottesca, altri li prosciuga, ma tutti risultano perfettamente inseriti nel meccanismo narrativo, sono credibili e rappresentativi, sono funzionali e non stonano nella storia. Così il gigionismo di Bentivoglio, il suo personaggio così caricato quasi caricaturale, appare del tutto credibile, rappresenta perfettamente una tipologia di imprenditore mediocre e servile, sedotto dal denaro facile e disposto a tutto per ottenerlo, e funziona da perfetto contraltare tragicomico per i personaggi a cui gravita attorno, come l'affarista senza scrupoli e odioso di Gifuni, e quelli che gravitano attorno a lui e che ne pagano le conseguenze, la moglie e la figlia.

    Poi è vero che in taluni frangenti Virzì esagera e ad esempio il personaggio di Lo Cascio appare forzato, eccessivamente stereotipato e fine a se stesso, come la riunione del consiglio di amministrazione di una nuova gestione del teatro che non vedrà mai la luce, ma sono peccati veniali di un'opera che si muove a tenaglia sui personaggi, che ha una struttura affascinante, tensione narrativa e densità di scrittura, messa in scena avvolgente, atmosfera di latente inquietudine, nonché spessore critico sociale nel mostrare un realistico e crudo quadro di desolazione umana. In definitiva un bel film, anche se non arrivo a quei livelli di voto.

    Sulla seconda parte vedo che hai capito il senso del discorso, e, appurato che non necessariamente e non sempre se un critico ha un parere contrario al proprio ha detto una stronzata (vale anche per noi eh), bisogna sempre per dar forza ad un discorso e ad un giudizio argomentare e vedere le ragioni dell'argomentazione. E posto che ci debbano essere dei criteri di oggettività (seppur adulterati poi dal gusto personale), hai visto come il discorso possa finire in corto circuito, se questa oggettività poi è definita una propria opinione. In generale mi dan noia i giudizi tranchant e non motivati!

    FINE OT (sul serio) Al limite si continua sul topic di Virzì.

    P.S.: ora non mi resta che andare a vedere il film dei Coen!
     
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44 replies since 16/2/2013, 13:48   1023 views
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