Lo Sciacallo - Nightcrawler

di Dan Gilroy

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  1. marsellus wallace
     
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    Jake Gyllenhaal credeva talmente tanto in questo progetto che oltre a produrlo l'ha anche interpretato, perdendo per la parte dieci kilogrammi di peso. Glaciale, ambizioso, totalmente sfrenato, il suo Lou Bloom de Lo sciacallo - Nightcrawler è un ritratto d'uomo per cui contano solo i soldi e non importa a quale costo e come, l'importante è che arrivano. Film rude, tremendo, con una scena finale che inchioda sulla poltrona del cinema, è un severo monito e un'amara denuncia sull'etica dispersa delle cronache nere televisive, sempre più vogliose di immagini cruente con cui far pasteggiare spettatori morbosi e tranquilli, tanto non sono loro ad aver subito ferite e morte. La trama l'avete letta sopra, Lou riprende omicidi, incidenti, incendi, in gara con se stesso e gli altri reporter, mercenario dell'immagine a ogni costo, rimpinguando il conto in banca con soldi sporchi di sangue; quando in una villa riprende quasi in diretta un triplice omicidio e conosce l'identità degli assassini, gli viene una pensata davvero pericolosa. Non è cosa di tantissimo tempo fa un test televisivo in cui gli spettatori decidevano l'intensità delle scosse da dare a un malcapitato che le avrebbe subite, ovviamente lui era un attore ed era tutto finto, ma il pubblico che non lo sapeva guarda caso chiamava e decideva per la scossa più intensa possibile, un gusto macabro e sadico della violenza televisiva fine a se stessa. Il film odierno tratta la cosa da questo punto di vista, non esiste un limite in cui si vuole vedere il dolore e la sofferenza, eticamente difesa da delle coperture dei volti elettroniche per difendersi giuridicamente dalle accuse di sadismo, il pubblico vuole e il network paga, per cui un Lou Bloom non è direttamente colpevole del volere di popolo, anzi, ne è sfruttatore acclamato. Cannibal Holocaust denunciava i tagli da montaggio delle cronache, Quinto potere sacrificava un conduttore in perdita di ascolti per riprenderli, Live era un game-tv che uccideva i concorrenti, il cinema più volte si è dedicato al tema della scabrosità al servizio dell'audience, e il debuttante Dan Gilroy (regia, soggetto, sceneggiatura) non ci delude, l'ascesa folle e lucida del protagonista, perfettamente interpretato, è un gioiello sincopato di ansia, ogni passo avviene come un orologio, alla fine della sequenza finale da urlo usciamo a disagio e con mille pensieri, ci avvicineremo in futuro davvero con un altro spirito al televisore e ai telegiornali, giocando con la lucida rassegnazione che dietro alla informazione che mostra sofferenza c'è un terribile business.
     
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11 replies since 2/11/2014, 14:37   268 views
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