The Lobster

di Yorgos Lanthimos

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    The Lobster (2015)
    Regia di Yorgos Lanthimos


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    La locandina di The Lobster mostra due persone, un uomo e una donna, che, come facilmente intuibile, potrebbero completarsi a vicenda ma non possono per due motivi principali, la presenza di un vuoto e l'assenza di un corpo. E questi sono infatti due motivi interessanti di cui si potrebbe parlare.
    Il primo concetto è portato in scena in modo abbastanza convenzionale in quella che è una rivisitazione di una società in cui l'uniformazione dell'ideologia è imposta con una violenza, di qualsiasi tipo, e che da sempre permette di rappresentare ciò che di peggiore si vive nel presente, portandolo alle estreme conseguenze in un futuro ipotetico. Così la vita degli uomini è rappresentata attraverso la monotonia, con azioni quotidiane da portare a compimento in maniera automatica e rapporti umani riempiti da un linguaggio estremamente stilizzato, privo di qualsiasi personalità e usato più per necessità che effettivo desiderio. Non c'è da stupirsi quindi che la formazione della coppia sia un processo totalmente pianificato, a partire dalla determinazione del proprio orientamento sessuale che diviene una categoria inoppugnabile, una costrizione applicata come un comando da eseguire, senza alcuna possibilità per l'individuo di creare e scoprirne una propria e personale.
    Il secondo elemento è il corpo che, neutralizzato il pensiero, è l'unica forma di espressione che sopravvive e quindi quella su cui infierire per correggere i comportamenti anomali. Chi non riesce a soddisfare le necessità della vita di coppia è soggetto alla perdita del corpo, o meglio alla sua trasformazione in un'altra forma animale, senza però la reale certezza che in questa nuova vita le cose saranno poi diverse, visto che lo slancio verso il mantenimento delle propria genia è da sempre una delle prerogative dei sistemi biologici.
    Fuori dalla norma, nel bosco, topos tipico del ribelle, si rifugiano i solitari, vero simbolo di sconfitta contro l'ipotetico sistema che si vorrebbe combattere. In piena libertà dagli obblighi della vita sentimentale chi decide di isolarsi da ciò che rigetta non fa altro che compiere il gesto di omologazione più grande, mostrando la più totale incapacità. Chi è solitario infatti è costretto a rimanerlo, i rapporti interpersonali sono aboliti e chi viene meno a ciò è severamente punito, mentre per mantenere una facciata di rispettabilità fingono ai loro cari una vita che in verità ripudiano. In questo modo viene a crearsi un meccanismo speculare di sottomissione in cui non emerge nessuna figura positiva che riesca effettivamente ad avere la forza necessaria a creare qualcosa di nuovo.

    Oltre a questi piccoli pensieri che sono riuscito a formulare il film è abbastanza insipido, non riesce in maniera concreta a proporre qualcosa di veramente potente e anche esteticamente rimane abbastanza anonimo, seppure funzionalmente al racconto. Come ho già detto i personaggi non spiccano certo per la loro personalità e il doppiaggio li rende particolarmente estraniati anche se è evidente che anche nella recitazione la scelta sia stata quella di limitare al minimo qualsiasi forma di espressività, ho la sensazione che l'impostazione delle voci sia stata molto fedele all'originale. Un elemento molto fastidioso sono stati invece gli incisi musicali con gli archi che sono inseriti decine di volte, non comprendo per quale motivo, dopo un po' perdono qualsiasi interesse e appesantiscono inutilmente l'immagine.
    Non ho ancora avuto modo di recuperare i due lavori precedenti di Lanthimos, Fedor mi ha già invitato a farlo, e lo farò, anche se con The Lobster non sono rimasto particolarmente soddisfatto sono comunque curioso di approfondire questo regista.

    Edited by Revu - 7/11/2015, 14:30
     
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    Purtroppo non ho il tempo per organizzare il mio pensiero in maniera sistemata ma dico solo che il mio giudizio è tendenzialmente opposto al tuo. Sebbene non sia un lavoro esente da difetti, l'ho trovato pienamente riuscito nell'intento e per nulla scontato, insipido o privo di personalità.
    I personaggi sono volutamente piatti anche se vi sono le eccezioni (vedasi il personaggio della Seydoux o quello della Papoulia) e l'impostazione vocale è piatta anche in originale - e mi fa piacere che il doppiaggio abbia mantenuto questa scelta, con la speranza che sia stato mantenuto il fortissimo difetto di John C. Reilly - e la ripetitività degli archi è perfettamente funzionale sia alle scene in cui è inserito il commento sonoro, sia nell'insieme del film.
    Ho apprezzato anche la critica (non troppo velata) ai ribelli, i quali, possibilmente, sono più chiusi, estremisti e ottusi dei soggetti da cui (ri)fuggono.
    Insomma, a mio avviso, Lanthimos dipinge una società piatta, poco attiva intellettualmente e intellettivamente, che va avanti per inerzia e a cui si oppone una società/setta parallela ancora più estraniante.
     
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    Si il difetto di Reilly è mantenuto, o almeno credo, ho provato a cercare qualche video ma non riesco a capire quale siano effettivamente i suoi problemi di pronuncia in originale.

    Comunque che il film sia riuscito o meno è un qualcosa su cui non discuto, come ho detto c'è una particolare struttura che viene seguita e va bene, è che a me questo disfattismo disilluso se non è accompagnato da qualcosa di veramente violento non mi convince in pieno. Insomma, lo bocche cucite, i cani massacrati, gli occhi cavati sono cose che non mi toccano, soprattutto se poi hai una messa in scena barocca, coi ralenti e la musica classica, stridono si, ma solo perché insoliti (nemmeno tanto però). Per me manca un po' di coraggio, io avrei permesso la trasformazione e inserito una trentina di minuti di pseudo-documentario sulla vita delle aragoste, in fondo l'idea degli altri animali originati dagli uomini è quella che più mi è piaciuta e avrei voluto vederla affrontata in maniera più decisa. Di sicuro una seconda visione la merita, prima però recupererò i lavori precedenti.
     
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    CITAZIONE (novocaines @ 10/11/2015, 23:52) 
    Insomma, lo bocche cucite, i cani massacrati, gli occhi cavati sono cose che non mi toccano

    Non toccano nemmeno me ma se ti dico quello che è successo nel cinema dove lavoro a certi spettatori non ci credi.

    Ad ogni modo, capisco la tua critica. Il coraggio c'è, è solo che, forse, come dici giustamente tu, si poteva osare ancora. Però io l'ho apprezzato molto anche con tutti i suoi difetti.
     
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    Sono curioso ma qui in zona è rimasto in programmazione la durata di un respiro. Lo recupererò in home video
     
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    CITAZIONE (donnie_darko @ 15/11/2015, 13:40) 
    CITAZIONE (novocaines @ 10/11/2015, 23:52) 
    Insomma, lo bocche cucite, i cani massacrati, gli occhi cavati sono cose che non mi toccano

    Non toccano nemmeno me ma se ti dico quello che è successo nel cinema dove lavoro a certi spettatori non ci credi.

    Ad ogni modo, capisco la tua critica. Il coraggio c'è, è solo che, forse, come dici giustamente tu, si poteva osare ancora. Però io l'ho apprezzato molto anche con tutti i suoi difetti.

    Ma al cinema prepari i popcorn tu? :wub:

    CITAZIONE (raystorm @ 15/11/2015, 19:02)
    Sono curioso ma qui in zona è rimasto in programmazione la durata di un respiro. Lo recupererò in home video

    Peccato, da me, Catania, è andato parecchio bene ed è ancora in programmazione dopo 3 settimane.
     
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    CITAZIONE (novocaines @ 15/11/2015, 23:07) 
    Ma al cinema prepari i popcorn tu? :wub:

    Ovviamente :wub:
     
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    The Lobster è l'archetipo di tutto ció che cerco in un film. è arguto, allegorico, caustico, divertente, surreale. ha perfino un finale perfettamente proiettivo; non sarà difficile, infatti, rappresentare in quello "schermo nero" ciò che ciascuno di noi pensa intimamente riguardo la Coppia. The Lobster non parla di Amore o di altre efferatezze simili, ma piuttosto dell'istituzione socio-politica dell'unione tra individui, cioè di quel "contratto sociale" che in qualche modo - banalizzandolo - si cerca sempre di ridurre ad una mera questioni di sentimenti/affinità. Lanthimos possiede una lucidità narrativa abbacinante. non ha bisogno di scimmiottare Cronenberg né di scomodare Kafka, le "mutazioni" tanto temute - e mai mostrate - sembrano in realtà meno pericolose dei mostruosi compromessi imposti alla propria reale natura pur di (soprav)vivere. la recitazione piatta, deflessa, livida quanto la fotografia, contribuisce a creare quella sensazione di straniante omologazione che rende così affascinante ed attuale il bel saggio di Lanthimos.

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