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A 78 anni se ne va un protagonista della cinematografia italiana anni Settanta.
Tra «Il giardino dei Finzi Contini» e il lungo sodalizio con Pupi Avati
L’arte e il botteghino, i film d’autore e quelli di genere, lo sperimentalismo e il mestiere: il cinema italiano degli anni d’oro di Cinecittà oscillava tra questi due estremi che, per paradosso, finivano per combaciare. Vuoi perché, senza horror e poliziotteschi che riempivano le sale, non ci sarebbero stati gli Otto e mezzo e i Blow up. Vuoi perché, spesso e volentieri, i protagonisti di questi due mondi erano gli stessi. Come nel caso di Lino Capolicchio, morto a Roma nella serata di martedì 3 maggio a 78 anni: attore feticcio di Pupi Avati, protagonista de La casa dalle finestre che ridono, ma anche allievo di Giorgio Strehler e interprete del Giardino dei Finzi-Contini che valse a Vittorio De Sica un Oscar. Ironia della sorte, se ne va nella notte dei David di Donatello, premio da lui portato a casa nel 1971.
Il lungo sodalizio con Pupi Avati Thriller che perdi, thriller che trovi. A segnare la sua carriera c’è infatti soprattutto il sodalizio con Pupi Avati di cui diventa presto l’attore feticcio. Nel 1976 Capolicchio è interprete de La casa dalle finestre che ridono, horror ambientato nella bassa padana che inaugura il culto del regista bolognese. Di lì in poi tra Avati e Capolicchio sarà una lunga partnership, a cavallo tra cinema e Tv, con titoli dalle fortune alterne come Jazz Band (1978), Cinema!!! (1979), Ultimo minuto (1987), Le strelle nel fosso (1978) e poi Noi tre (1984), fino al recente Il signor Diavolo (2019).Attached Image
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